giovedì 15 aprile 2021

Recensione di The Strain.

 

Avviso: Contiene spoiler.


Oggi provo a scrivere una recensione. E sarà una recensione doppia, della trilogia di romanzi “Nocturna” di Guillermo Del Toro e Chuck Hogan e della serie, da loro stessi creata e prodotta, con Carlton Cuse, “The strain”, che dai romanzi stessi è tratta.


Un po' di storia, prima di tutto. Del Toro, regista sommo, ha un'idea per una serie horror, un antico vampiro, uno strigoi in realtà, conquista il mondo sfruttando la malvagità, l'avidità e la stupidità umane, e un manipolo di eroi,alquanto squinternati, lo combatte. Porta il suo canovaccio di poche pagine a vari produttori e questi, forse riconoscendo una similitudine con la splendida serie Fringe sia nell'inizio della storia, (un aereo proveniente dalla Germania atterra negli Usa con a bordo solo cadaveri) che nei personaggi, tra cui un vecchietto bisbetico e decisamente strambo che ne sa più di tutti di robe strane, gli propongono di farla diventare una serie comica. Del Toro, giustamente scandalizzato, decide di non girare la serie e cerca uno scrittore, Chuck Hogan, a cui propone di sviluppare insieme l'idea per dei romanzi. Hogan è d'accordo e nascono così “La Stirpe”, “La Caduta” e “Notte eterna”, che raccontano una appassionante avventura alquanto improbabile, tra ebrei-armeni che a novantanni maneggiano spade, sterminatori di ratti che si trovano davanti vampiri mostruosi e, senza nemmeno stupirsi li accoppano al primo colpo, nobili invalidi albanesi che nell'Ottocento vanno a caccia in Polonia e altre amenità che fanno molto americanata per noi raffinati (!?!) europei.


I romanzi sono molto divertenti, scritti bene e pieni di tensione, anche se la trasformazione dei protagonisti da tranquilli medici e virologi in combattenti con le spade tipo Blade puzza un po' di cretinata e l'inizio tutto basato sulla scienza, con virus, vettore virale, mutazioni et similia non è che si accordi benissimo con la spiegazione finale a base di angeli sterminatori smembrati e sangue angelico corrotto che invade le persone.


Comunque, detti i difetti, i romanzi sono belli, divertenti e alcuni personaggi lasciano il segno, primo tra tutti il Nato, Quintus, Quinlan, il mezzosangue nato da una donna incinta vampirizzata che per duemila anni combatte il suo “oscuro” padre sapendo che la fine dell'uno sarà anche la fine dell'altro.


Visto il successo dei romanzi, che io ho divorato con la voracità di uno strigoi, una casa produttrice finalmente chiama Del Toro e gli fa produrre la serie come voleva lui, e qui succede la stranezza. Avete presente i puristi di A Song of Ice and Fire che ammazzerebbero con le loro mani i produttori di game of Thrones David Benioff e D. B. Weiss perché hanno fatto cambiamenti di anno in anno sempre più pesanti alla trama, finendo poi per finire la serie senza nemmeno avere più i romanzi a guidarli? Molti li vorrebbero sul rogo, perché non c'è Lady Stoneheart, e perché il giovane Bolton non sposa Sansa, ma la sua amica, e perché Jon non viene tradito da un bambino, ma da un giovane ragazzo omosessuale eccetera eccetera. Bene, Del Toro e Hogan, con Carlton Cuse, fanno di peggio, ma se lo fanno con le loro mani.

L'inizio è lo stesso, uguale tra romanzo e serie, e uno comincia a vedere il tutto con la tranquillizzante idea di sapere già cosa succederà, e invece … Nora Martinez sopravvive, no? Sposerà Vasiliy Fet e avranno un bimbo di nome Eph, no? Ed ecco che, alla fine della seconda serie, un vampiro, la fastidiosissima mamma dell'antipaticissimo Zac, la morde e lei, per non mutare, si uccide. E lì capisci che è partito l'ottovolante, a ogni svolta della storia potrà accadere qualcosa di nuovo.

E accade, uh se accade. Le storie divergono, i personaggi non fanno quello che sapevi avrebbero fatto, la trama cambia e tu, lettore, rimani spiazzato.


E qui accade la stranezza, perché quella parte che mi aveva fatto storcere il naso, l'origine angelica degli strigoi, salta totalmente e … manca. La storia è monca così, e si vede pure perché tutta l'importanza dell'Occido Lumen, un libro maledetto che nemmeno il Necronomicon, si perde riducendosi a un tentativo fallito di imprigionare il Padrone e a una scoperta di Setrakian, il vecchio reduce dei Lager, che però non è molto chiaro come venga applicata. Cioè, capitemi, non potete farmi vedere che nel libro c'è pieno di raffigurazioni di angeli con sei paia di ali e poi non mi dite MAI che i vampiri discendono dal sangue angelico.

Anche il Nato, passa tutta la storia a dire che se uccide il Padrone muore anche lui, perché in effetti il Padrone era l'unico legame tra i vampiri e l'immortale resto sepolto dell'Angelo, e poi, dopo che lo hanno ammazzato, i vampiri non muoiono. Eh no! Errore da matita blu!

Comunque la serie è godibilissima, ben fatta, con attori di livello molto alto, tra cui il simpatico Corey Stoll (ma il parrucchino no!), il simpaticissimo Kevin Durand che interpreta il gigantesco Fet e, ultimo, ma non per importanza, Rupert Penry Jones che interpreta Quinlan. Ecco, Quinlan, la forza della serie sta tutta in lui, per usare una frase che ho letto una volta in un libro, è lui che dà l'acqua della vita alla serie, serio, impettito, brutto come la fame, nascostamente romantico, triste e ironico, un sopravvissuto che vuole solo uccidere chi lo ha creato, un uomo che non può, e non vuole, essere vampiro e un vampiro che non può, ma vorrebbe, essere uomo.

E poi Heichorst, Thomas Heichorst, il nazista che diventa il braccio destro, vampiro, del Padrone, l'unico vampiro dotato di mente propria e libero arbitrio. É l'attore Richard Sammell, il meraviglioso sergente che viene ucciso dall'Orso Ebreo in Bastardi senza gloria, che trasforma quello che sarebbe un cattivo a tutti gli effetti in un personaggio degno di nota, soprattutto nei flashback che ce lo mostrano umano, quando fa intuire, dietro alla sua crudeltà inumana, tutta l'umanità di un debole in cerca di un capo che muore dalla paura per le decisioni che ha preso. La smorfia di dolore e tristezza che accenna quando manda alla fucilazione il giovane Setrakian, falegname sopraffino a cui il Padrone, per puro sadismo, ha scempiato le mani, varrebbe in un mondo più giusto, una manciata di Oscar. Peccato che nelle ultime due stagioni il personaggio subisca una deriva alla Wyle E. Coyote finendo ogni sua azione con qualcuno che lo massacra in modi sempre nuovi e più bizzarri, senza che però muoia.

E poi c'è la fine, bella, con il noioso Zac che capisce finalmente la realtà e non crede più al Padrone e si sacrifica abbracciando il corpo del padre ormai abitato dall'orrido immortale. Una bella fine, che cambia rispetto al romanzo l'azionatore della bomba ma non i sentimenti tra padre e figlio. Ridicola, e fuori luogo, la citazione di Dart Vader che fa il Padrone con la sua ultima battuta.


Una bella trilogia di romanzi e una bella serie televisiva, che rimarranno sempre nel mio cuore, e un grazie sincero a Del Toro che crea mondi orribili che è bello abitare.


p.s. Essendo un po' scemo solo oggi mi sono accorto della citazione dickiana nel nome del cattivo Eldrich Palmer. Geniale.