lunedì 30 maggio 2016

Di riforme e di (pseudo) riformisti.

Prima di tutto, permettetemi di buttarvi qui un po’ di citazioni dai programmi delle varie coalizioni di centrosinistra che abbiamo votato negli ultimi 22 anni (Io personalmente non votai per la prima perché ancora minorenne).
Sono scritti in programmese, lingua strettamente imparentata col politichese e quindi illeggibile. Fate un piccolo sforzo e leggeteli, per favore.

Programma dell’alleanza dei democratici alle elezioni politiche del 1994. (Candidato premier Achille Ochetto)
“Proponiamo:
- una nuova legge elettorale, che preveda il doppio turno e la scelta esplicita della maggioranza parlamentare e del Presidente del Consiglio, per realizzare gli stessi obiettivi conseguiti con la recente legge sull'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio comunale;
- il rafforzamento tanto dell'Esecutivo quanto del Parlamento - nella distinzione dei ruoli, rispettivamente di governo e direzione dell’amministrazione, e di indirizzo, controllo e grande legislazione - con:
- il governo di legislatura;
- la riduzione del numero tanto dei ministri quanto dei parlamentari; .
- l'incompatibilità tra gli incarichi di ministro e di parlamentare;
- il potere di nomina e di revoca dei ministri da parte del Presidente del Consiglio;
- il superamento del bicameralismo paritario attribuendo ad una Camera le funzioni proprie di un Assemblea nazionale e all'altra quella di una Camera delle Regioni;
- un'estesa delegificazione e il contenimento dell’uso dei decreti legge;
- la riforma dell'art. 81 della Costituzione in modo da limitare nei soli programmi di investimento il finanziamento in disavanzo;
- rigorosi meccanismi di valutazione e verifica per rendere effettivo il principio della copertura finanziaria delle decisioni di spesa;
- uno statuto dell'opposizione parlamentare, che la doti di poteri e di garanzie per l’esercizio delle funzioni di controllo (ad es. costituzione di commissioni di inchiesta), per la nomina di componenti di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, per deliberazioni sulle quali è giusto prevedere un consenso parlamenta- re più ampio, rispetto alle maggioranze.” (Dal sito www.magdanegri.it)

Da “le tesi nel Programma dell’Ulivo del 1996” (Candidato premier romano Prodi):
Tesi n.°1
“La nuova forma di governo che è necessaria, modellata sull'esperienza delle grandi democrazie parlamentari del Continente, si fonda non sulla distruzione dei partiti, sostituendoli con aggregazioni e limitate al momento elettorale. Dai partiti del passato che interferivano con la vita delle istituzioni si deve passare, anche attraverso nuove regole, a partiti programmatici che si impegnano a perseguire obiettivi di legislatura e che ne rispondono con un preciso mandato politico davanti ai cittadini-arbitri.

Il Governo del Primo Ministro

Per ottenere questi risultati appare opportuna nel nostro Paese l'adozione di una forma di governo centrata sulla figura del Primo Ministro investito in seguito al voto di fiducia parlamentare in coerenza con gli orientamenti dell'elettorato. A tal fine è da prevedere, sulla scheda elettorale, l'indicazione - a fianco del candidato del collegio uninominale - del partito o della coalizione alla quale questi aderisce e del candidato premier da essi designato.

Secondo i modelli vigenti negli altri Paesi in cui la forma di governo si orienta intorno al Primo Ministro, appare opportuno dare vita ad una convenzione costituzionale secondo la quale un cambiamento di maggioranza di Governo richieda di norma e comunque in tempi brevi lo scioglimento della Camera politica e il ricorso a nuove elezioni. Viceversa resta possibile la sostituzione del Premier all'interno della medesima maggioranza col metodo della sfiducia costruttiva.

Ai fini di una maggiore legittimazione democratica per ciò che concerne il sistema elettorale, appare preferibile l'adozione del collegio uninominale maggioritario a doppio turno di tipo francese.”
Tesi n.°4
“Una Camera delle Regioni

La realizzazione di un sistema di ispirazione federale richiede un cambiamento della struttura del Parlamento.

Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza.

Il numero dei Senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle Regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole.

Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle Regioni rappresentate.

I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell'attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al Governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la deliberazione delle sole leggi che interessano le Regioni, oltre alle leggi costituzionali.”

Dal programma dell’Ulivo del 2001 (candidato premier Francesco Rutelli):
Sulla legge elettorale: “Una democrazia autorevole deve poter contare su un governo che operi in tranquillità per tutta una legislatura, e che gli elettori devono poter giudicare a partire dai fatti. Stabilità, maggiore forza e autonomia del presidente del Consiglio, se legati al consenso e a un preciso mandato popolare, significano maggiore responsabilità. In questo senso devono andare le riforme, a cominciare dalla legge elettorale, ma anche per una nuova forma di Stato. Un grande successo va certamente considerata l’approvazione del disegno di legge costituzionale sul federalismo, incomprensibilmente non votato dall’opposizione. Bisogna ora procedere, con il concorso di tutti, a una modifica della seconda parte della Costituzione che porti, anche, superando l’attuale bicameralismo, a una Camera federale.”
E sul Senato Federale e sulla legge elettorale: “Occorre dare stabilità ai governi, legando i destini dell’esecutivo a quelli della legislatura. Con una legge elettorale che affidi al voto la scelta della maggioranza governativa e del presidente del Consiglio. L’ordinamento italiano va allineato a quello dei paesi europei di democrazia consolidata, studiando forme di partecipazione di parlamento e Regioni alle decisioni comunitarie, e definendo modalità di raccordo tra Stato e Regioni per l’attuazione di normative e decisioni dell’Unione europea. Il nostro nuovo ruolo internazionale ci impone inoltre decisioni rapide e tempestive laddove l’Italia sia chiamata ad assumere particolari responsabilità per la difesa e il consolidamento della pace e della convivenza civile.
La prossima legislatura deve quindi portare a termine, col concorso di maggioranza e opposizione, la modernizzazione istituzionale del paese, in armonia con la costruzione dell’Europa politica.
Intendiamo pertanto garantire la trasformazione del Senato in una Camera federale coerente con la legge sul federalismo e corrispondente alle tradizioni del nostro paese. A un parlamento riformato, autorevole nel suo ruolo di indirizzo e di controllo, numericamente ridotto nel numero (la Camera federale non deve superare i 100 componenti), deve corrispondere un governo con maggiore responsabilità e autonomia con al centro il Primo ministro, capace di svolgere un ruolo di coordinamento e di raccordo fra Stato centrale, Unione europea e sistema delle Regioni e delle autonomie. Il presidente del Consiglio deve poter proporre al Capo dello Stato la nomina e la revoca dei ministri e il decreto per lo scioglimento
anticipato del parlamento, qualora non abbia più la fiducia della sua maggioranza – a meno che sia stata avanzata una mozione di sfiducia costruttiva, coerente col mandato elettorale, e sottoscritta da almeno un terzo dei componenti l’assemblea.”

Dal programma dell’unione del 2006 (candidato premier Romano Prodi):
“Un nuovo Senato per Regioni e autonomie
La riforma del Titolo V realizzata nel 2001 dal governo di centrosinistra ha ristrutturato profondamente lo Stato in senso autonomistico e pluralistico. La riforma federale, però, non si è compiuta: il centrodestra non le ha fatto infatti seguire la predisposizione degli strumenti necessari. Bisogna coinvolgere le autonomie territoriali nella definizione dell’indirizzo politico
nazionale.
Per fare questo è necessario completare la riforma superando l’attuale bicameralismo paritario, ovvero istituendo un Senato che sia camera di effettiva rappresentanza delle regioni e delle autonomie.
Su questo punto la riforma costituzionale del centrodestra imbroglia e complica le cose, appesantendo il procedimento legislativo sul piano procedurale e creando un Senato “doppione” della Camera dei Deputati, che consente l’eleggibilità di candidati sradicati dal territorio di riferimento e non realizza alcuna concreta rappresentanza degli enti locali Noi intendiamo invece realizzare un efficace bicameralismo differenziato, attraverso un Senato che sia luogo di effettiva rappresentanza delle autonomie territoriali, titolare di competenze legislative differenziate rispetto alla Camera dei Deputati.
Crediamo che i senatori debbano essere effettivi rappresentanti degli interessi del proprio territorio. Il numero dei senatori sarà ridotto a 150.”

Dal programma del PD alle elezioni politiche del 2008 (candidato premier Walter Veltroni):
33. 11 DEMOCRAZIA GOVERNANTE Una democrazia che decida e riduca i costi della politica. Le riforme si fanno insieme. Il Pd propone una sola Camera legislativa, con 470 deputati, eletti in collegi uninominali, col doppio turno. Scelti con le Primarie e col vincolo di genere (art. 51 Costituzione). Un Senato delle Autonomie, con 100 membri. Governo con 12 Ministeri e non più di 60 membri: fiducia dell’unica Camera al solo Presidente del Consiglio, che può chiedere al Capo dello Stato la revoca dei Ministri. Statuto dell’opposizione. Adesso una Italia nuova. 12 AZIONI DI GOVERNO Si può fare. www.partitodemocratico.it

E infine, dal programma del PD nel 2013 (candidato premier Pierluigi Bersani):
“Sulla riforma dell’assetto istituzionale, siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del governo e la tutela della funzione di equilibrio assegnata al Presidente della Repubblica. Riformuleremo un federalismo responsabile e bene ordinato che faccia delle autonomie un punto di forza dell’assetto democratico e unitario del Paese. Sono poi essenziali norme stringenti in materia di conflitto d’interessi, legislazione antitrust e libertà dell’informazione. Daremo vita a un percorso riformatore che assicuri concretezza e certezza di tempi alla funzione costituente della prossima legislatura.”

E ora, dopo questo tour de force di programmi elettorali, le mie considerazioni:
Più o meno, dal 1994 in poi, il centrosinistra, con vari nomi, varie coalizioni, vari leader, ci ha proposto la stessa cosa:
1) Legge elettorale maggioritaria a doppio turno, che privilegia la governabilità rispetto alla rappresentanza.
2) Maggior potere del Capo del Governo.
3) Fine del Bicameralismo paritario, affidando alla sola Camera dei Deputati, eletta col maggioritario, il potere di votare la fiducia al Governo.
4) Trasformazione del Senato della Repubblica in Camera delle Autonomie o delle Regioni, con pochi (100 o 150) componenti rappresentanti degli Enti locali.

Ora, cari miei, sono le cose che ci sono in questa riforma di marca renziana che voteremo in un referendum ad ottobre. Ed è proprio perché fin dalla prima volta che ho votato ho in effetti votato per chi mi proponeva tali riforme, che io ad ottobre voterò SI'.
Quanto agli altri, liberissimi tutti di essere a favore o contrari, come dicevano nei vecchi film americani agli esuli scappati dalla Russia: “Questo è un Paese libero”.
Ma perché, e vorrei davvero sapere PERCHE’, i signori D’Alema, Bersani, Cuperlo e Speranza, sono contrari a una riforma che è quella che loro stessi ci propongono da quando io andavo ancora al liceo?
Vorrei che me lo spiegassero, ci terrei molto.

p.s. Come al solito, risponderò con piacere a chiunque volesse commentare, anche se in disaccordo con la mia tesi. Solo, si prega di essere educati.

mercoledì 18 maggio 2016

Di sindaci e prestanome.

Di sindaci e prestanome.

La volta scorsa (link: http://raccontidiggia.blogspot.it/2016/05/di-massimi-e-minimi-sistemi.html ) abbiamo affrontato l’argomento della democraticità interna del MoVimento 5 stelle (da qui in avanti M5s) e di chi in effetti comandi al suo interno. Oggi parleremo della sua democraticità e rispondenza ai valori costituzionali all’esterno del partito M5s, riferendoci in particolare ai comuni e ai sindaci.
Partiremo da una notizia uscita pochi giorni fa: Il candidato sindaco m5s a Bologna Massimo Bugani ha detto (vedi http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/05/15/candidati-grillini-pronto-il-contratto-con-la-casaleggioBologna02.html?ref=search ) che lui e gli altri candidati M5s, come quelli di Roma ( vedi http://www.repubblica.it/politica/2016/05/18/news/grillo_o_vinciamo_in_un_anno_o_a_casa-140054957/?ref=HREC1-3 ) hanno firmato un contratto con la Casaleggio & associati (da qui in avanti C&A) in cui si impegnano a far passare per la C&A tutti i documenti e le delibere e le nomine del Comune e in cui si impegnano anche a pagare, in caso la C&A li ritenga inadempienti rispetto al programma e al codice etico del M5s, una penale da 150 mila euro.
Lo stipendio del sindaco di una grande città è, all’incirca, sui 4000 euro al mese e quindi questi signori si sono impegnati a pagare alla C&A una multa che corrisponde a 3 anni di stipendio.
E quindi, questi candidati sindaci del M5s, comanderanno le loro città coi poteri di un sindaco e rappresenteranno i cittadini della loro città facendolo?
Se tutti i loro atti e le loro delibere dovranno obbligatoriamente passare per la C&A e se, disobbedendo al parere della C&A loro saranno passibili di una multa pari a 3 anni di stipendio, possiamo pensare che questi signori saranno liberi di governare nel modo che riterranno migliore? Evidentemente no, direi.
E quindi, chi governerà davvero queste città, nel malaugurato caso di una vittoria di questi candidati? A governare sarà il fantomatico staff della C&A e non il sindaco regolarmente eletto o il consiglio comunale rappresentante della totalità dei cittadini.
La legge italiana permette che il governo di una città sia demandato a una ditta privata? No.
È quindi regolare o legale quello che queste persone candidamente ammettono o rivendicano? No, evidentemente.
La C&A è una ditta privata, e come tutte le ditte appartenenti a privati, ha un solo fine. Questo fine è il profitto dei suoi soci. Ora, perché la città di Bologna o la città di Roma o qualunque altra città italiana dovrebbero essere governate da persone non elette e non responsabili dei loro atti, la firma sarebbe naturalmente sempre quella dei sindaci, che non rispondono delle loro decisioni ai cittadini, ma ai soci di una ditta che cerca il profitto?
Ma è un sindaco chi ammette di non voler governare la città, ma solo di voler prendere ordini da qualcun altro di non eletto? Conosciamo noi in Italia qualcuno che abbia fatto qualcosa di simile?
Sì, certo. Quando la Mafia, o la Camorra o qualunque altra entità del crimine organizzato vuole fare affari con un’azienda o cerca di governare un comune, lo fa in proprio? No, non può. E allora cosa fa? Mette al posto di comando un prestanome. Il prestanome è un incensurato, una persona che ha tutti i requisiti per accedere al titolo di sindaco o per dirigere un’azienda che possa partecipare alle gare di appalto, il prestanome è la maschera che la Mafia indossa per lavorare nel mondo civile, il prestanome è il burattino che nasconde dentro di sé la mano della Mafia che lo muove.
Bugani, Raggi, Brambilla e Corrado, quello che è candidato a Milano e che sembra, lombrosianamente parlando, un dirigente Fininvest degli anni ’80, non sono quindi candidati sindaci, ma meri prestanome di una ditta che aspira, illecitamente, a governare degli enti pubblici come i Comuni e poi, chissà, anche tutto lo Stato.
È possibile accettare questo? Lo Stato Italiano può permetterlo?


Naturalmente, anche oggi, sarei molto contento di rispondere a chiunque volesse commentare questo post, anche per dissentire, solo con moderazione ed educazione.

giovedì 5 maggio 2016

Di massimi e minimi sistemi.

Questo dovrebbe essere un blog di narrativa, ma già gli ultimi post sono stati se così si può dire degli articoli che ho scritto sulla situazione del torrente Polcevera dopo lo sversamento di petrolio.
Oggi questo post è qualcosa di diverso; duellando ogni giorno sul sito di Repubblica con i grillini mi è venuto in mente di puntualizzare per iscritto chi sono loro e cosa sia il loro partito e ho pensato che potrebbe interessare a qualcuno leggere le mie conclusioni. Buona lettura!

DI MASSIMI E DI MINIMI SISTEMI

“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”

L’articolo uno della Costituzione della Repubblica Italiana, lo abbiamo studiato tutti, pochi lo ricordano e quasi mai nella sua interezza.
Ci dice che nella Repubblica Italiana, quindi non c’è nessun Re, è il popolo ad essere il sovrano e che questo esercita il suo potere nelle FORME e nei LIMITI della Costituzione, espressi nei 138 articoli successivi.
Cosa ci dicono in breve gli articoli successivi? Il popolo è sovrano e fonte delle leggi, si esprime ogni 5 anni con elezioni a suffragio universale di tutti i cittadini maggiori di 18 anni eleggendo i suoi rappresentanti, i 630 deputati e i 315 senatori.
Questi parlamentari, per 5 anni, rappresentano la volontà popolare.
I parlamentari votano in seduta comune il Presidente della Repubblica che quindi, tramite loro, viene eletto dal popolo. Il Presidente nomina poi un Presidente del Consiglio che, formato un governo, deve ricevere dalle due Camere il voto di fiducia, ricevendo quindi una doppia investitura da parte di rappresentanti del popolo.
Vi è poi la Magistratura, altro potere dello Stato, che è composta da magistrati vincitori di un concorso e si autogoverna tramite il Consiglio Superiore della Magistratura, che è presieduto dal Presidente della Repubblica e composto da rappresentanti scelti dal Presidente stesso, dal Parlamento e dai magistrati.
Il Parlamento rappresenta il potere legislativo, quello che scrive le leggi che normano il funzionamento dello Stato, il Governo rappresenta il potere esecutivo, che governa il Paese in base a quelle leggi e la Magistratura rappresenta il potere legislativo che, in nome del Popolo Italiano e in base alle leggi, amministra la giustizia.
La Costituzione, all’art. 49, dice che i cittadini “hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
È naturale e addirittura banale che i partiti che si candidano a governare il Paese accettino e dimostrino in ogni loro aspetto la loro adesione alla democrazia e allo stato di diritto, perché un partito che propugnasse una dittatura, pur eletto alle elezioni da una maggioranza, si troverebbe ad agire in contrasto con i principi enunciati nella Costituzione.

E passiamo ora dai massimi sistemi ai minimi. Parliamo di un partito che non si definisce partito, un partito i cui esponenti, dei politici, dicono che tutti i politici fanno politica solo per rubare. Parliamo del MoVimento 5 stelle (da qui in avanti M5s).
Per essere democratico, n.b. non per essere il Partito Democratico, un partito deve funzionare secondo i principi della Costituzione, perché come potrebbe agire democraticamente una volta al potere un partito che sia dittatoriale? Ci domanderemo quindi: il M5s è democratico?
Chi è il “sovrano” nel M5s? Chi è fonte delle leggi, cioè dello statuto, nel M5s? Chi amministra la legge, cioè applica lo statuto, nel M5s? Chi governa, cioè comanda il partito dettandone la linea e decidendo come votare, nel M5s?
A parole a comandare è la Rete. Ma chi è la Rete, forse il World Wide Web nel suo complesso? No, la cosiddetta Rete è in realtà un piccolo numero di iscritti al Blog di Beppe Grillo, orbitanti intorno al numero di 40.000.
Chi sono questi iscritti? Boh! A decidere se ci si possa o no iscrivere al Blog è il gestore del Blog stesso, e cioè la Casaleggio & associati. Chi decide quando e come si vota sul Blog? La Casaleggio & associati. Chi certifica quanti siano stati i votanti ad ogni votazione e quale ne sia stato il risultato? La Casaleggio & associati.
Quindi, per quanto il sovrano nel M5s sia a parole la Rete, il sovrano è a tutti gli effetti una ditta privata appartenente a Gianroberto Casaleggio e ora, dopo la sua morte, a suo figlio Davide.
Come funziona il partito M5s, quale è la sua legge fondamentale? È il cosiddetto “non-statuto”, che noi, essendo persone serie, chiameremo da qui in avanti statuto.
Lo statuto in questione dice che i parlamentari eletti nel partito M5s non rappresentano i cittadini italiani (art. 67 della C. I.) ma sono solo “portavoce” della Rete e quindi, come abbiamo spiegato, della Casaleggio & associati. Addirittura da poco tempo sono tenuti a firmare un contratto, evidentemente illegale, in cui si impegnano a votare in conformità al programma scritto dalla Casaleggio & associati pena il pagamento di una penale da 150.000 euro.
Chi ha scritto lo statuto? Beppe Grillo e Casaleggio. Chi lo ha modificato di volta in volta? Grillo e Casaleggio. Chi esercita il potere nel M5s in base a questo statuto? Grillo e Casaleggio.
Chi decide quando applicarlo e quando non farlo? Grillo e Casaleggio, e lo fanno molte volte, essendo stati espulsi alcuni parlamentari del M5s perché erano andati in tivù mentre ora ci vanno continuamente senza nessun problema, ed essendo stati espulsi altri per mancata rendicontazione delle spese mentre un membro del cosiddetto “Direttorio”, Luigi Di Maio, è lì in una posizione dirigente pur non avendo rendicontato le spese come loro.
Chi comanda nel partito M5s? Grillo e Casaleggio, le due guide del M5s, e il Direttorio. E chi sono i componenti del Direttorio?
Sono 5, di questi 3 sono stati scelti direttamente da Grillo e Casaleggio e gli altri 2 sono stati scelti tramite voto del Blog, che abbiamo già spiegato prima che valore abbia, tra 5 candidati prescelti da Grillo e Casaleggio. Quindi questo Direttorio, pur avendo una parvenza di legittimazione “popolare”, si configura in realtà come un Consiglio del Re.
Il duo Grillo-Casaleggio è quindi il sovrano e la fonte delle leggi, ma è ad esse sottoposto o è sciolto dalle leggi come un sovrano del Seicento? Lo statuto dice chiaramente che chi sia pregiudicato, sotto processo o indagato non può candidarsi nel M5s, ma Beppe Grillo, guida del partito, è pregiudicato per vari reati tra cui l’omicidio colposo e la diffamazione. Ciò che vale per un candidato qualunque non vale quindi per lui che questi candidati li comanda. Altra regola inderogabile è che non si possano fare più di due mandati, perché la politica non deve essere un lavoro, ma tale regola non vale per Grillo e Casaleggio che sono lì al loro posto a vita.
Chi li ha eletti i due capi? Nessuno, sono i fondatori del partito M5s e nessuna regola dello statuto dice in quale modo potrebbero essere sostituiti, e anzi, se non bastasse, morto G. Casaleggio il suo posto è stato preso, per via ereditaria, da suo figlio Davide, senza che il Blog sia stato in alcun modo chiamato a confermargli l’incarico.
Abbiamo quindi due persone, una Diarchia, che è fonte delle leggi, amministra le leggi, giudica in base a queste leggi ma non può essere giudicata in base a queste leggi, e l’incarico di queste due persone è a vita e non elettivo, ma ereditario.
Questa non è e da nessuno può essere definita una democrazia, ma è a tutti gli effetti una monarchia (diarchia) assoluta di stampo seicentesco, come lo Stato francese sotto Luigi XIV.
Come un partito simile possa candidarsi alle elezioni in Italia e come le leggi glielo possano permettere, è uno di quei grandi misteri di cui potrebbe occuparsi, forse, Voyager.