lunedì 25 aprile 2016

Ultimo (si spera) scritto sul Polcevera.

Tutto è bene quel che finisce bene?

Stamattina sono andato di nuovo, dopo due giorni di assenza, sul ponte sul Polcevera di cui vi ho già detto nei giorni scorsi. Come al solito mi accompagnava il buon Peste, il mio piccolo levriero italiano che sempre è venuto con me a vedere quale fosse la situazione.
Ed ecco cosa ho visto oggi. Il torrente era più pieno d’acqua degli altri giorni, è piovuto un po’ un paio di giorni fa, ed era totalmente pulito. L’acqua era completamente limpida e scorreva cristallina verso il mare (solo una volta ho visto una macchia iridescente grande sì e no come un pugno), e il fondo, che gli altri giorni appariva impiastricciato di materiale marrone e viscido che potevano essere alghe morte, ma che molto più probabilmente era petrolio, era invece totalmente pulito.
Alcune alghe verdi si muovevano nella corrente e, cosa che assolutamente non mi aspettavo di vedere, anche due gruppi di piccoli pesci nuotavano nelle vicinanze del ponte.
Più a monte ho visto operai che continuavano il loro lavoro di ripulitura e, sulla strada sul lato destro del torrente, quella che le auto seguono andando verso il centro, erano parcheggiati quattro camion che dovevano raccogliere evidentemente la sabbia e le pietre contaminate dal petrolio.
Ecco, questo è quello che ho visto stamattina e non penso proprio che ci sarà più il bisogno di raccontarvi la situazione del Polcevera, essendo essa tornata, a mio giudizio, alla normalità.

venerdì 22 aprile 2016

Di nuovo sulla situazione del Polcevera.

Terzo “reportage” sulla situazione del torrente Polcevera.
Oggi sono tornato sul lungo torrente e ho poi allungato il giro attraversando il ponte e facendo un tratto della strada sulla riva destra, quella di chi viaggia in auto verso sud, fino a risalire oltre al punto in cui il petrolio, dal rio Fegino, è sboccato nel Polcevera.
Allora, cominciamo dall’inizio: sotto al ponte all’altezza della separazione tra Certosa e Sampierdarena il torrente era di nuovo sporco, ricoperto diciamo per il 60% della sua superficie da una patina oleosa. I lavori, poco più a monte, continuavano con vari operai, ruspe e idrovore che aspiravano il petrolio dall’acqua ferma dietro alle barriere di ghiaia e sassi.
Quando ho attraversato il ponte e ho cominciato a risalire verso Bolzaneto, verso nord per i non Genovesi, ho visto che il lavori continuavano in vari punti, fino a che la strada è passata su quello che deve essere evidentemente il tratto terminale del rio Fegino, affluente occidentale del Polcevera. Se avete visto quei film americani in cui qualcuno con auto, moto o camion, passa su quelle orrende fiumare dal fondo di cemento, avete presente Terminator 2?, ecco, sapete quanto un fiume possa essere violentato dalla nostra cosiddetta civiltà, ma il rio Fegino, là dove si getta nel Polcevera, è in questo ambito un capolavoro inarrivabile. Praticamente questo rio corre in un corridoio, largo sì e no tre metri e stretto tra pareti di cemento alte, così a spanne, 4 o 5 metri. Emerge anche da sotto terra, essendo coperto da una strada, e quindi è praticamente una galleria. Di solito è totalmente in secca.
Oggi il fondo di pietre di questo obbrobrio di rio era totalmente impiastrato di petrolio e vi stavano appoggiati tubi di idrovore che risucchiavano il petrolio e l’acqua inquinata prima che potessero riversarsi nel Polcevera.
A monte di questo sventurato zombie di fiumiciattolo il Polcevera passa su uno di quei gradini che interrompono nel nostro mondo moderno i nostri fiumi rendendoli non navigabili e ghiaiosi come spiagge. Al di sopra di questo sbarramento, naturalmente, il torrente era pulito e abbondavano gli uccelli acquatici, come i germani reali e i gabbiani, con in mezzo anche quei piccoli uccelli dai movimenti aggraziati che io conosco col nome di “ballerine” e dei grossi uccellacci neri che, nella mia ignoranza ornitologica, posso identificare come corvi o cornacchie.
Uno dei germani reali sembrava sporco e si puliva le piume col becco mentre le sue ali, basse, tremavano. Gli altri erano tutti in ottima salute.
Anche in questa parte di torrente, che in questa stagione non è certo a secco di acqua, non ho visto alcun pesce.
Comunque i lavori continuavano ovunque e spero che non piova forte come è stato previsto da stanotte in poi, perché sul fondale del torrente sotto al ponte che ho percorso negli ultimi giorni la guazza oleosa sembra davvero abbondante.

p.s. L’altro giorno su Facebook una persona, evidentemente non genovese, commentava l’inquinamento del Polcevera da parte di questo petrolio con una frase tipo: “hanno un paradiso e lo rovinano così!”
Ecco, il Polcevera non è un paradiso, petrolio o non petrolio. Per chiunque non creda a questa mia affermazione, consiglio una visitina alla confluenza del Torbella, affluente orientale, col torrente in questione. Le acque del rachitico torrentello devono passare in una massa di macerie che io penso siano il resto di ponti abbattuti durante i bombardamenti della II guerra mondiale e formano una serie di pozze piene di spazzatura galleggiante e ricoperte da uno strato di alghe nere e marce. Ecco, lì il petrolio non c’è arrivato, ma il paradiso non lo ricorda proprio.

giovedì 21 aprile 2016

Seconda parte sul torrente.

Sono 4 giorni che vado sul ponte sul Polcevera che si trova all'altezza del confine tra Certosa e Sampierdarena e se il primo giorno il torrente sembrava normale, il secondo, quando ho scritto il post precedente, il suo aspetto era desolante, una pozza di olio maleodorante che invece che stagnare come tutte le pozze di olio, scorreva oleosa e viscida verso il mare.
Ieri la cosa era già cambiata, il torrente sembrava diviso in due parti come quei grandi fiumi, mi viene in mente il Nilo a Khartoum, che alla confluenza con un immissario scorrono per chilometri e chilometri uniti ma divisi con le acque di due colori diversi. Ecco, se la parte sinistra del torrente era ancora ricoperta di olio, più denso del giorno prima, la parte destra era limpida.
Ma oggi ... oggi la situazione del torrente mi ha davvero sorpreso. Io parlo per la parte che ho visto, che si trova a metà tra la zona dello sversamento di petrolio e la foce, e posso descrivere solo quei 200/250 metri che vedevo dal ponte. Ecco, a monte c'erano gli operai che lavoravano e avevano fatto una barriera di terra e sassi per bloccare l'acqua inquinata, e da lì l'acqua usciva fangosa, come sempre quando si smuove la terra, ma totalmente priva di chiazze oleose, che si formavano solo quando l'acqua, nelle vicinanze del ponte, andava a toccare una grossa chiazza nera di sabbia sporca di petrolio solido.
E quindi posso immaginare che i lavori di pulizia, cominciati bloccando l'acqua vicino alla foce per impedire per quanto possibile l'arrivo del petrolio in mare, siano cominciati contemporaneamente anche nel luogo dell'incidente per poi scendere a valle.
Non credevo ai miei occhi stamattina, un danno che mi sembrava enorme e irrimediabile era stato praticamente azzerato.
Spero che la reale condizione del torrente e del suo alveo corrispondano a quello che ho visto e che per tutto il suo corso i lavori siano andati così bene.
Se ci saranno altre novità ve le farò sapere, ciao!

martedì 19 aprile 2016

Il mio amico torrente.

Il mio amico Polcevera.

Prima di tutto … Polcèvera, non Polcevèra. Vi prego, non sfregiatene anche il nome.
Scorre da monte al mare, ha una grande vallata col suo nome, è entrato varie volte nella storia, ma non è un fiume, è un torrente.
Nel secondo secolo avanti Cristo i Romani lo citarono in una lunga iscrizione, come confine tra due tribù tra cui mediavano, anche se allora lo chiamavano “Porcobera”.
Poi ha debellato un’invasione francese, se non sbaglio, nel diciassettesimo secolo, perché chi comandava l’armata di Mangiarane fu così furbo da accamparsi sul greto asciutto per la siccità, piovve e Genova fu salva. Ricordiamo Giobatta Perasso per una sassata e non parliamo mai del nostro “fiume”; mah! I Giapponesi su una cosa simile, il Vento Divino, c’hanno inventato i kamikaze.
E poi … io l’ho visto in piena, il mio torrente, color caffelatte e gorgogliante come le rapide del Colorado, l’ho visto in secca con le piante assetate nel suo greto, c’ho portato a giocare il mio cane venti e passa anni fa, quando ancora la strada sul lungo torrente non lo aveva separato in maniera totale dalla strada.
E poi, ancora … ci ho visto germani reali, aironi, aironi cinerini, oche, cinghiali, capre, tutti insieme a mangiare erbe e alghe, l’ho passato sui ponti d’inverno quando il vento ti fa gelare e d’estate quando la brezza ti rinfresca in maniera divina.
Ho visto come lo hanno ridotto nei secoli, il torrente su cui i Bizantini riuscirono a portare, controcorrente, un’intera flotta per combattere contro i Goti, ho visto quegli sbarramenti che lo hanno reso un susseguirsi di laghetti o pozze le cui acque si riversano giù da piccole dighe quando non affogano tra la sabbia e i sassi, ho visto gli argini, i benedetti argini che hanno reso salubre e abitabile il fondovalle in cui sono nato e vivo, stringere il suo letto pazzerello, si spostò una volta da un lato all’altro di Bolzaneto, in una sorta di camicia di forza di pietre e cemento.
E oggi sono andato a vederlo dopo lo sversamento di petrolio.
Sembrava brodo di pollo, di quello fatto lasciando la pelle, che il grasso si fonde e viene a galla; sembrava la padella del fritto, quando dopo aver fritto e aver messo l’olio usato in una bottiglia per darlo alla differenziata, ci faccio bollire dell’acqua e sapone per pulirla, e l’acqua viene brutta e torbida e macchiata come se avesse la psoriasi. Sembrava una pozzanghera di quelle che c’è andato dell’olio di macchina, con quegli aloni multicolori e opalescenti. L’ho guardato a lungo, il mio torrente, il mio amico, mentre scorreva verso il mare ricoperto da quello strato schifoso di olio che mi ha fatto venire il mal di testa, tra la sabbia sporca di chiazze nere e il fondale da cui si staccavano le alghe marroni. E non li ho visti i pesci, quelli che un paio di mesi fa, quando era piovuto un bel po’ e c’era tanta acqua profonda, si muovevano nelle acque del torrente come i banchi di sardine nell’oceano, non li ho visti, perché non c’erano più.
E io lo so che il mio amico torrente, il mio amico Polcevera, si riprenderà come tutti i fiumi sanno fare, lo so che i pesci torneranno e le canne cresceranno rigogliose sulla sabbia di nuovo pulita, lo so che i germani reali nuoteranno di nuovo nell’acqua pulita seguiti da una fila pigolante di anatroccoli gialli, lo so e lo spero, ma oggi il mio torrente, il mio amico, sembrava morto. E anche il mio cuore si è fermato con lui.