venerdì 22 aprile 2016

Di nuovo sulla situazione del Polcevera.

Terzo “reportage” sulla situazione del torrente Polcevera.
Oggi sono tornato sul lungo torrente e ho poi allungato il giro attraversando il ponte e facendo un tratto della strada sulla riva destra, quella di chi viaggia in auto verso sud, fino a risalire oltre al punto in cui il petrolio, dal rio Fegino, è sboccato nel Polcevera.
Allora, cominciamo dall’inizio: sotto al ponte all’altezza della separazione tra Certosa e Sampierdarena il torrente era di nuovo sporco, ricoperto diciamo per il 60% della sua superficie da una patina oleosa. I lavori, poco più a monte, continuavano con vari operai, ruspe e idrovore che aspiravano il petrolio dall’acqua ferma dietro alle barriere di ghiaia e sassi.
Quando ho attraversato il ponte e ho cominciato a risalire verso Bolzaneto, verso nord per i non Genovesi, ho visto che il lavori continuavano in vari punti, fino a che la strada è passata su quello che deve essere evidentemente il tratto terminale del rio Fegino, affluente occidentale del Polcevera. Se avete visto quei film americani in cui qualcuno con auto, moto o camion, passa su quelle orrende fiumare dal fondo di cemento, avete presente Terminator 2?, ecco, sapete quanto un fiume possa essere violentato dalla nostra cosiddetta civiltà, ma il rio Fegino, là dove si getta nel Polcevera, è in questo ambito un capolavoro inarrivabile. Praticamente questo rio corre in un corridoio, largo sì e no tre metri e stretto tra pareti di cemento alte, così a spanne, 4 o 5 metri. Emerge anche da sotto terra, essendo coperto da una strada, e quindi è praticamente una galleria. Di solito è totalmente in secca.
Oggi il fondo di pietre di questo obbrobrio di rio era totalmente impiastrato di petrolio e vi stavano appoggiati tubi di idrovore che risucchiavano il petrolio e l’acqua inquinata prima che potessero riversarsi nel Polcevera.
A monte di questo sventurato zombie di fiumiciattolo il Polcevera passa su uno di quei gradini che interrompono nel nostro mondo moderno i nostri fiumi rendendoli non navigabili e ghiaiosi come spiagge. Al di sopra di questo sbarramento, naturalmente, il torrente era pulito e abbondavano gli uccelli acquatici, come i germani reali e i gabbiani, con in mezzo anche quei piccoli uccelli dai movimenti aggraziati che io conosco col nome di “ballerine” e dei grossi uccellacci neri che, nella mia ignoranza ornitologica, posso identificare come corvi o cornacchie.
Uno dei germani reali sembrava sporco e si puliva le piume col becco mentre le sue ali, basse, tremavano. Gli altri erano tutti in ottima salute.
Anche in questa parte di torrente, che in questa stagione non è certo a secco di acqua, non ho visto alcun pesce.
Comunque i lavori continuavano ovunque e spero che non piova forte come è stato previsto da stanotte in poi, perché sul fondale del torrente sotto al ponte che ho percorso negli ultimi giorni la guazza oleosa sembra davvero abbondante.

p.s. L’altro giorno su Facebook una persona, evidentemente non genovese, commentava l’inquinamento del Polcevera da parte di questo petrolio con una frase tipo: “hanno un paradiso e lo rovinano così!”
Ecco, il Polcevera non è un paradiso, petrolio o non petrolio. Per chiunque non creda a questa mia affermazione, consiglio una visitina alla confluenza del Torbella, affluente orientale, col torrente in questione. Le acque del rachitico torrentello devono passare in una massa di macerie che io penso siano il resto di ponti abbattuti durante i bombardamenti della II guerra mondiale e formano una serie di pozze piene di spazzatura galleggiante e ricoperte da uno strato di alghe nere e marce. Ecco, lì il petrolio non c’è arrivato, ma il paradiso non lo ricorda proprio.

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