venerdì 11 ottobre 2024

Vivere e morire a Coruscant. (episodio IV).

 Finisce l'avventura di Riyo/Morgan e di Rex/Raider.

Essendo un noir non è previsto il lieto fine, ma il vecchio romanticone che sta nascosto in me ha voluto metterci una piccola gocciolina di miele. 

Buona lettura!


«Sveglia, Riyo, svegliati. Dobbiamo andare!» le stava dicendo lui scuotendole la spalla.

«Cosa? Come…» ci mise alcuni istanti per capire dove era e chi era. E, purtroppo, ricordò anche la notte appena passata, quel momento a lungo sognato e diventato un incubo. Perché, perché doveva perdere tutto? «Hai trovato la donna misteriosa?» gli chiese alzandosi e andando in bagno con indosso solo mutandine e canottiera.

«No. È un’altra cosa, ma ti farà piacere.» le disse indossando dei vestiti assolutamente comuni e una felpa con cappuccio.

Lei si lavò in fretta e dopo una decina di minuti erano per strada. Presero la navetta di Rex e andarono a uno dei livelli inferiori, in un vicolo. Lì c’era un clone che li aspettava e che fece un cenno con la testa verso una porta.

Rex rispose con un cenno della mano e poi le disse: «Quando stavamo portando via il tuo “corpo” dal carcere un inserviente … diciamo che ha mancato pesantemente di rispetto a te, ai morti e… a noi cloni. Diciamo che sta per avere un incidente.»

«Cosa mi ha fatto?»

«Non è meglio se questo non te lo dico?»

«Sto per vederti massacrare di botte uno sconosciuto, preferirei sapere perché.» gli disse con voce fredda.

Rex alzò lo sguardo e inspirò, poi sbuffò. Parlò velocemente, senza guardarla. «Ha fatto degli apprezzamenti sul tuo corpo guardandolo a lungo, ti ha strizzato un seno e, dicendo che eri una senatrice molto soda, ha detto che ti avrebbe dato molto volentieri una bottarella. Contenta?»

«No.» gli rispose ancora più fredda. «Per niente, ma preferisco saperlo.»

Dopo pochi minuti, l’uomo uscì e l’altro clone lo seguì in silenzio, poi, vicino alla navetta di Rex, lo prese alle spalle e gli bloccò le braccia. Rex. Con il cappuccio calato in testa, scese dal mezzo e lo aggredì con una decina di pugni all’addome e al mento. Poi l’altro mollò il poveretto che crollò a terra come uno straccio bagnato. Riyo, scesa anche lei, si avvicinò e guardò quell’uomo. «Che mano ha usato?»

«Cosa?»

«Con che mano mi ha strizzato la tetta?» e la sua voce era quasi una lama tagliente.

«La sinistra.»

Lei girò intorno all’uomo che si lamentava penosamente e gli calò il tacco sulle dita con tutta la sua forza. Il rumore di ossa sbriciolate fu sia soddisfacente che agghiacciante. Poi camminò ancora intorno all’uomo che, raggomitolato, si stringeva, piangendo, la mano martoriata e gli diede un calcio fortissimo nei genitali. Il rantolio dell’uomo fu quasi musica, un accordo del diavolo, ma sempre musica. Guardò Rex e disse, sottovoce: «Una bottarella.»

Rex strinse la mano all’altro clone e risalirono sulla navetta per tornare all’appartamento in attesa dei filmati. Riyo era fredda, lontana.

«Ti piace quello che stai diventando?» chiese all’improvviso, guardando la distesa infinita di palazzi davanti a sé.

«In che senso?» le chiese lui che aveva notato che era diversa.

«Eri un soldato, eri un capitano. Ora cosa sei? Un giustiziere? Mi sei sembrato quasi un mafioso, con il tuo picciotto che ti ha aiutato a punire l’infame che ti aveva mancato di rispetto.»

«Siamo in guerra.» le rispose lui.

Lei non disse nulla, continuò a guardare davanti a sé, poi fece un sorriso che era quasi una smorfia. «La guerra c’è già stata, e l’abbiamo persa. Il Lato Oscuro non ha vinto perché un Sith è l’Imperatore e i Jedi sono estinti, il Lato Oscuro ha vinto perché anche noi ne siamo ormai impregnati. La paura, la disperazione, la rabbia… la vendetta, la vendetta è la via del Lato Oscuro, dicevano i Jedi, e noi ci sguazziamo dentro.»

Rex la guardò e annuì.

Lei continuò «Non pensi mai che combattere una guerra già persa sia inutile? Vuoi davvero sconfiggere l’Impero salvando un clone alla volta? Nel momento in cui te diventi quello che ha appena massacrato un poveraccio e io voglio sputare sul cadavere di chi mi ha tolto tutto, l’Impero non ha già stravinto?»

«È un modo di vedere le cose, sì.» le disse lui.

«Non pensi mai di andare via da tutta questa morte, da tutto questo orrore, abbandonare questo pianeta che sembra una distesa infinita di mastodontiche lapidi a andare a strappare quel po’ di vita e di luce che ti è rimasta?»

Lui ci pensò un attimo. Poi disse: «Due miei fratelli sono andati via. Sono su un pianeta che avevano visitato durante la guerra, è una specie di deserto. Cacciano degli enormi animali simili a vermi, che sono straordinariamente buoni da mangiare. Vivono così, da soli, cacciando. Senza nessuno che gli dica cosa fare e senza nessuno per cui preoccuparsi. Era da un po’ che accarezzavo l’idea di raggiungerli.»

«E ora non ci pensi più?»

Lui la guardò e le rispose: «Ora ho trovato te.»

Lei lo guardò con un sorriso triste, gli accarezzò la guancia e disse: «Morgan è solo una maschera, Rex. E non so più cosa ci sia nascosto dietro.»

Erano arrivati, in silenzio salirono al minuscolo appartamentino e furono troppo occupati a guardare ore di filmati per parlare ancora.

 

«Eccola!» disse all’improvviso Riyo indicando una donna che passava in strada e che si infilava in un vicolo. Da quel vicolo era passato, circa nello stesso momento, anche il professore che si era fatto esplodere. Rex andò a vedere l’ologramma, dopo ore gli sembravano tutti uguali, e la guardò con attenzione. Umana, o forse una Mirialana, aveva dei tatuaggi sugli zigomi e, per quanto si poteva capire dall’ologramma traslucido e azzurrino, la sua pelle poteva essere sicuramente di una qualche tonalità di verde. Sembrava avere un occhio artificiale e una ferita sulla fronte.

«Dici che è lei?»

«Guarda qua.» gli disse e selezionò sul visore un altro filmato. Era l’immagine di una decina di minuti prima che lei si infilasse nel negozio di scarpe, il vicolo dove si apriva la porta del magazzino, una Mirialana con un occhio finto che si infilava nel vicolo.

«Quindi era entrata prima di te.»

«Evidentemente mi aveva già incantata, o ipnotizzata, prima. Lei è entrata e ha aspettato che arrivassi.»

«Sì. Può essere, ma potrebbe essere un caso.»

«Come ti ho già detto, non sei un granché come investigatore, Rex. Guardala bene quando cammina. Fai attenzione… ecco. Visto? Hai visto?»

«Zoppica. Zoppica dalla gamba destra.»

«Esatto! E ora guarda questo, è un filmato del parco dove l’ufficiale era andato a correre la mattina che ha ammazzato i cloni alla partita. Guarda la donna che mangia un gelato… Ora!»

Rex guardò la figura in secondo piano, una donna alta e magra, impossibile essere più precisi, lontana com’era, ma … zoppicava, zoppicava dalla gamba destra. E la silhouette… sì, senza dubbio. Sorrise a Riyo e le diede una spinta alla spalla, poi riportò il proiettore alla prima immagine. Ingrandì il volto, lo ingrandì ancora, poi lo rimpicciolì perché l’immagine cominciava a sgranarsi.  «Ersz’Beth … qualcosa, Ersz’Beth Shalwin, sì, Ersz’Beth Shalwin, una Jedi.»

«Cosa?»

«L’ho vista una volta mentre parlava con generale Skywalker, ne sono sicuro. Era una Maestra Jedi ed aveva un padawan, anche lui Mirialano, un ragazzino di dodici anni.»

Riyo guardò la donna stringendo la mano così forte da sbiancare le nocche. «Era sfregiata, quando l’avevi vista?»

«Non era sfregiata e non zoppicava.»

«E ora sappiamo cosa ha contro i cloni.» disse Riyo, poi, a voce bassa e con un tono gelido da far male, aggiunse «La stronza.»

Prima che potessero decidere come utilizzare questa loro scoperta, arrivò un messaggio urgente a Rex. Veniva dalla sua rete clandestina di cloni, diffusa in tutti i gangli dell’Impero. Ascoltò il messaggio e poi si voltò verso Riyo, era terrorizzato.

«Cosa c’è?» gli chiese sentendo un gelo correrle lungo la schiena. Spaventare quell’uomo era davvero difficile.

«Stamattina è scomparsa Halle Burtoni, la senatrice kaminoana.»

«Una delle poche rimaste del popolo che vi ha creato, quella che faceva di tutto perché il Senato foraggiasse la vostra produzione di massa.»

«Esatto. Ma, prima di eclissarsi e sparire, è entrata in un laboratorio e ha rubato delle provette di un’arma sperimentale.»

«Che tipo di arma?»

«Una tossina manipolabile, chi ha dato l’allarme ha detto che può essere regolata per colpire chi ha caratteristiche comuni, parti di DNA, origini geografiche… Se venisse calibrata sulla Burtoni, che è nata e cresciuta su Kamino, quella tossina, liberata in aria, potrebbe uccidere migliaia di persone nate e cresciute nello stesso luogo.»

«Cioè i cloni.» disse Riyo. Poi, guardando fuori dalla finestra, disse: «Domani è festa, stasera il 79 sarà pienissimo. Potrebbero esserci anche un paio di migliaia di cloni là intorno.»

Rex guardò il locale, chiuso a quell’ora e simile ad un magazzino, poi picchiò il pugno contro il muro. «Ti va di andare a ballare, Morgan? Conosco un bel localino qua vicino.»

«Certo, Raider, ne ho una gran voglia. Voglio proprio veder ballare una certa persona.»

 

Dopo sei ore, erano davanti al 79, che avrebbe aperto di lì a cinque minuti. Erano eleganti, una bella coppia, e si sbaciucchiavano su una panchina. Tutti e due facevano finta, ma Rex notava che lei si stava sforzando moltissimo. Cosa diamine era successo tra loro? Dove era finita la Morgan che stonava canzoni d’amore bevendo buon vino, la Morgan che flirtava con lui con la gioia negli occhi, la Morgan che gli aveva strappato i boxer di dosso ridendo gioiosa? Ma non era quello il momento per quel tipo di domande, ora erano in missione.

«Guarda là.» gli disse indicando l’angolo destro della costruzione con un cenno del capo.

Lui guardò con la coda dell’occhio e vide il grugno inconfondibile della senatrice Burtoni, famosa per aver portato a livelli inauditi la bruttezza tipica dei Kaminoani. Era dietro al muro e sbirciava. Controllava quanti cloni stavano arrivando. Il pienone sarebbe stato di lì a un’ora.

«Passiamo dietro.» le disse e si infilarono nel vicolo pieno di casse e scatole vuote dove gli inservienti del locale scaricavano i rifornimenti e i rifiuti. Camminarono in silenzio ed entrambi presero in mano i loro blaster. Svoltarono l’angolo e videro la senatrice Burtoni, in piedi, ferma, con un atteggiamento da zombie. Evidentemente era in attesa di ordini dalla Jedi. Si guardarono e cominciarono ad avvicinarsi all’altissima aliena quando i blaster furono strappati dalle loro mani e volarono in terra ai piedi di una figura incappucciata, poi una Forza inarrestabile li lanciò contro al muro, dove rimasero appesi a un paio di metri d’altezza, incapacitati a muoversi. La figura incappucciata avanzò, si abbassò il cappuccio e li guardò ridendo. «CT-7567, Capitano Rex, per essere morto nell’incidente all’incrociatore Jedi tre anni fa è davvero in ottima forma. E anche lei, Senatrice Chuchi, per essere cadavere da cinque giorni, è davvero meravigliosa. Un po’ … sbiadita, forse.» e di nuovo rise. Si avvicinò loro e li guardò, passando da una all’altro, un sorriso malefico sulle labbra mentre si gustava i loro sforzi, vani, per liberarsi dalla presa dei suoi poteri.

Con un cenno della mano spostò una grossa cassa fin dietro di lei e vi si sedette sopra, poi li guardò e disse: «Volete sapere qualcosa? Volete spiegazioni? Volete far parlare il cattivo per prendere tempo?»

Fu Riyo a parlare, e la sua voce era gelida e affilata come una lama. «I cloni ti hanno sparato addosso, ti hanno azzoppata e sfregiata, e ti vuoi vendicare. Sei sbalordita?»

La Jedi batté le mani lentamente atteggiando il viso in un’espressione sbalordita. «Senatrice Chuchi! No.» con un lieve cenno strinse le spire della Forza intorno al collo di Rex, poco, ma comunque abbastanza per rendergli faticoso respirare. «No. Cioè, sì, mi hanno ferito, ma su certe cose potrei sorvolare, ma il mio padawan … Mohand aveva 12 anni, idolatrava i suoi amici cloni, e gli hanno sparato alla schiena. Alla schiena, a tradimento, e io sono scappata con lui.»

«Mi dispiace.» disse con voce strozzata Rex.

«CT-7567, Capitano Rex, Raider … ti dispiace? Davvero?» e strinse ancora un pochino la presa. Con un sorriso che le allargava gli angoli della bocca, ma che non sfiorava minimamente gli occhi, gli disse: «A me dispiace di più che le sue ferite si siano infettate, che dal secondo giorno abbia cominciato a piangere, che dalla notte del terzo giorno, mentre ci nascondevamo nel bosco, abbia cominciato ad urlare mentre le mosche brulicavano sulla sua schiena, mi dispiace di più che abbia cominciato a delirare e che fosse impossibile calmarlo. Mi dispiace soprattutto di averlo dovuto sopprimere come un animale quando la sofferenza è diventata così forte da farlo impazzire. Sì, clone, mi dispiace davvero.»

«Lo sai che è stato il chip nella loro testa? Lo sai che non potevano ribellarsi, lo sai che lo hanno vissuto come una violenza?»

«Senatrice Chuchi, Riyo … Morgan, lo sai che non me ne frega un cazzo di come lo hanno vissuto? Gli animali pericolosi vanno sterminati, gli esseri nocivi vanno uccisi dal primo all’ultimo, tutti quei cloni e quegli idioti, come te, che li difendono, devono morire.»

«E io? Io ho forse partecipato all’uccisione del tuo padawan?»

«No, Riyo, no. Tu hai solo difeso queste cose uscite da una provetta, tu volevi dare loro dei diritti, tu volevi dare loro una pensione, tu, addirittura, tramavi nell’ombra per salvarli. Ho solo pensato che, se davvero li amavi tanto, avrei potuto fare in modo che anche loro amassero te. Almeno una ventina di loro, in una stessa sera, in ogni singolo stramaledetto orifizio che la natura ti ha dato!» e si mise a sghignazzare battendo le mani come un ragazzino che ha detto una battuta cattiva, ma divertente. Rex si mosse nella morsa del potere della Jedi decaduta e questa strinse la mano schiacciandolo ancora di più contro il muro, «No, no, caro il mio playboy, stai fermo, che ora arrivo anche a te.»

Si voltò verso di lui e, con un cenno, chiuse la bocca a Riyo che non poteva più aprire le labbra o muovere la mascella.

«Devi sapere, CT-7567, o Rex, o Raider, come preferisci chiamare quel lembo di tessuto ingiustamente sviluppato che sei, che i miei piani verso la tua bella erano semplici, farla sbattere per diritto e per traverso dai suoi amati cloni, fargliene uccidere uno e, poi, lasciarla a marcire in una cella.

Poi ho saputo che si era uccisa e, credimi, ho brindato a me stessa, immaginarmela appesa ad un cappio era stupendo. Ma … grazie, devo ringraziarvi, mi avete fatto un regalo. Vi ho visti, vi ho scoperti mentre indagavate. Il redivivo Rex e la rediviva Riyo Chuchi, sotto le mentite spoglie dei fidanzatini Raider e Morgan.

Devi sapere, Rex, che la nostra bella senatrice, nel suo piccolo petto blu, aveva un cuoricino che già da due anni batteva per il bel clone tenebroso che l’aveva salvata. Pensava a te, nelle notti tristi e sole, e poi … l’hai salvata, non aveva più niente, nemmeno la sua faccia, ma tu eri lì.» guardò Riyo e rise sguaiatamente. «Guardala! Guardala che occhi che ha, non vuole che te lo dica, non vuole…

E ti sognava, lì nell’appartamentino che dividevate, sognava il suo Raider, addirittura si era immaginata con in braccio un bimbo dalla pelle celeste e dagli occhi nocciola. Che tenera!

E poi, mentre io ero lì, dietro ad un muro spesso appena dieci centimetri, finalmente, vi siete decisi, ecco la vostra notte d’amore. Non avete idea che fatica ho fatto per non mettermi a sghignazzare così forte da farmi sentire da voi. Finalmente la piccola Chuchi faceva l’amore con il suo Raider…» e la guardò con una faccina fintamente triste, canzonandola e deridendola.

«La sua mente sta gridando, Rex, mi sta implorando di non dirti che regalo le ho fatto, mentre eravate nel pieno del vostro schifoso rapporto. Non vuole che tu lo sappia, che le ho fatto ricordare tutti insieme i rapporti con i tuoi fratelli, come li chiami tu, le ho fatto ricordare quando l’ho stuprata tramite di loro, e così ho reso uno stupro anche quello che facevi tu!» e di nuovo si batté le mani da sola, soddisfatta della sua abilità.

«Sì, Rex. Esatto, quando ti ha detto che aveva avuto un crampo, stava ricordando i 20 stupri che le avevo fatto subire, stava vivendo anche il rapporto con te come uno stupro, ma tu le hai creduto. Piccina, non voleva farti soffrire, voleva che, almeno per te, rimanesse un bel momento.»

Rex, schiacciato contro il muro, con la gola stretta e il respiro affannoso, guardò Riyo con gli occhi sbarrati.

«Lo sai cosa sta pensando? Lo sai Riyo, cosa sta pensando il tuo bello? “Perché non me lo hai detto, perché non mi hai fermato?”» e qui, guardando lei, scoppiò a ridere battendo i pugni sulle sue ginocchia.

«Ma voi siete manna dal cielo, vi adoro!» e guardò Rex. «Lo sai cosa ha pensato? Lo sai qual è la risposta alla tua domanda? Lo sai cosa ha pensato la tua Morgan? “Ma perché tu non lo hai capito? Perché hai continuato?”

Ecco, ecco cosa ha pensato. E l’odio, il risentimento, la delusione, non hai idea, Rex, non hai idea di quanto tu l’abbia delusa credendo a quell’idiozia del crampo.»

Li guardò sorridendo, poi guardò la Kaminoana, che, col suo fare da zombie, l’aveva chiamata.

«Pare che ci sia il pienone. Almeno un paio di migliaia di cloni, e tutti, compreso lui» e indicò Rex a Riyo, «Moriranno tra poco soffocando nel loro stesso sangue.»

Si fermò e guardò Riyo che si stava sforzando. Mosse una mano in aria e le disse «Parla! Dì le ultime parole, prova a convincermi a non fare una strage, fai appello alla filosofia Jedi, fai appello alla mia umanità, implorami per l’uomo che ami!»

Riyo la guardò con disprezzo e le disse: «Tu non sai nemmeno vendicarti, idiota! Se io potessi ucciderti, se potessi farti a pezzi, sapresti che sono stata io a farlo, oh se lo sapresti! L’ultima immagine a registrarsi nei tuoi occhi morenti sarebbe questa, io che ti sputo in faccia. Vuoi ucciderli così, a tradimento, senza nemmeno dirgli che sei stata tu? Sei una codarda, una schifosa e patetica assassina codarda.»

La Jedi la guardò e annuì. «Lo sai che è vero? Ottima idea, grazie, Senatrice.» e fece sollevare in aria tutte le scatole e le casse che erano nel vicolo, facendole poi schiantare al suolo. Dopo pochi istanti le porte di sicurezza si aprirono e qualcosa come duecento o trecento cloni spuntarono nel vicolo con le facce spaventate e incuriosite. La Jedi si voltò verso di loro, facendo intanto alzare alla Senatrice Burtoni una fialetta, pronta a romperla gettandola in terra.

La Jedi guardò i cloni che la fissavano e urlò: «Cloni! Ascoltatemi, sono la Jedi Ersz’Beth Shalwin e sono qui per vendicare il mio piccolo padawan che avete ucciso! Io sto per ammazzarvi tutti!»

I cloni si guardavano interdetti e continuavano a dire uno all’altro «Una Jedi? È una Jedi? Cosa vuole fare?», quando Riyo gonfiò il petto e sconfiggendo il potere dell’assassina, si preparò ad urlare.

Rex, che aveva capito, la guardò implorandola di non farlo, tutto, ma non quello, ma lei urlò con tutta la voce che aveva in corpo: «Eseguite l’ordine 66!»

La Jedi capì, improvvisamente capì, si voltò verso di lei per … non sapeva nemmeno lei per fare cosa, forse stritolarla, forse ucciderle Rex davanti agli occhi, ma i trecento cloni nel vicolo erano già partiti. Alcuni di loro avevano dei blaster, alcuni avevano dei coltelli, tutti avevano braccia forti e pugni poderosi. Le furono addosso in troppi perché il suo potere potesse salvarla, alcuni furono spinti via, alcuni morirono, ma il linciaggio fu inevitabile.

Quando si allontanarono dal corpo, ridotto a una ben misera cosa, mentre la senatrice Burtoni si risvegliava chiedendosi dove fosse e perché avesse una provetta in mano, mentre Rex piangeva con il volto appoggiato al muro, Riyo si avvicinò al corpo. La Jedi rantolava, l’occhio sano ancora aperto. Riyo si fermò su di lei, sorrise, e le sputò addosso.

Sì, il Lato Oscuro aveva proprio vinto su tutto e tutti.

 

Scapparono nel loro appartamento, e poi nel garage delle sorelle Martez. Fecero i bagagli, chiamarono Echo, Echo arrivò per portare Riyo alla sua destinazione definitiva, un piccolo e dimenticato pianeta dell’Orlo Esterno dove nessuno avrebbe notato una Pantoriana che assomigliava ad una senatrice defunta.

Fecero tutto velocemente, con cura. Senza parlarsi più di quanto fosse assolutamente necessario. Troppe cose li dividevano, troppi atti irreparabili, troppe scelte imperdonabili. Lei prese la valigetta che conteneva l’antidoto al siero che le aveva cambiato i lineamenti, e prese i due codici a catena, quello di Morgan con cui avrebbe viaggiato e quello della Pantoriana che sarebbe tornata ad essere.

Salutò Rafa e Trace, con affetto, Andò verso la navetta di Echo, poi, di colpo, si voltò e tornò da Rex. Gli prese le mani e lo guardò, vedendo le lacrime che stavano per sgorgare dai suoi occhi.

«Giurami che non sognerai più Ahsoka che urla terrorizzata mentre le spari. Giurami che la notte, stanco per aver cacciato quell’enorme mostro coi tuoi fratelli, sognerai Morgan che canta, stonatissima, una sdolcinata canzone d’amore e bacia la tua bocca che sa di gamberi e buon vino.

Giurami che ci incontreremo in sogno, amore mio!» e lo baciò sulla bocca. Si strinsero, per un attimo, poi si separarono e lei partì per non vederlo mai più.

 

EPILOGO

 

Il ragazzo correva a perdifiato per le vie della cittadina, doveva assolutamente dirlo a sua madre. La notizia che l’Impero aveva distrutto totalmente Alderaan l’aveva colpita in maniera fortissima, gli aveva parlato del suo amico Bail, gli aveva mostrato l’ologramma in cui lei, giovane, bellissima, elegante, era insieme a Bail, Mon, Padme e al rodiano Onaconda. Aveva pianto per i suoi amici, disperata.

Ora correva per darle la notizia, fin nell’emporio che lei gestiva da sedici anni in mezzo al paese. Entrò e la vide, dietro al banco, una bella Pantoriana di mezza età, che guardò il figlio adolescente che entrava di corsa.

«Hanno sconfitto l’Impero, mamma, hanno distrutto la Morte Nera!» e si abbracciarono, Riyo Chuchi e il suo splendido figlio dalla pelle celeste e gli occhi nocciola, il suo amatissimo Rex.

 

                                                                                                                                                            FINE