Ecco il secondo episodio di questa fanfiction starwarsiana che ho davvero amato scrivere.
Quanto mi hanno fatto compagnia Riyo/Magda e Rex/Raider mentre scrivevo!
Buona lettura!
L’ometto, che
era il tenente dell’ISB Milo, guardava il corpo blu della pantoriana steso
sulla branda. Aveva provato un azzardo e aveva perso.
Il Cielo gli
aveva mandato quella fortuna, una senatrice dell’opposizione in una situazione
perfetta, colpevole in tutta evidenza di reati gravissimi, e lui avrebbe solo
dovuto raccogliere il frutto che gli veniva porto dalla buona sorte. Era una
donna ricca e viziata, abituata ad agi, comodità e rispetto, con un po’ di
fortuna avrebbe parlato dopo una notte lì, senza nemmeno maturare un po’
rosolando sulla graticola di Narkina, e lui avrebbe avuto tutto, nomi, cognomi,
luoghi, parole d’ordine. Aveva pensato che quell’accenno al suicidio l’avrebbe
fatta crollare, e che, magari, un tentativo di suicidio l’avrebbe spezzata del
tutto, ma non aveva proprio pensato che una donna così giovane potesse
crepargli tra le mani perdendo tutta l’importanza che aveva. Droga, shock,
botte, maledetti soldati, ma chi gli aveva detto di picchiarla così forte… e
ora era lì, morta, fredda, rigida, inutile da morta quanto doveva esserlo stata
come senatrice, e tutto per il suo azzardo.
«Portatela
all’inceneritore.» disse gettandole addosso la coperta con cui si era uccisa,
la coperta che lui, idiota, le aveva dato.
Gli inservienti
sollevarono sbadatamente il corpo e lo gettarono sulla barella che spinsero per
i corridoi parlando del più e del meno, presero un ascensore, fecero altri due
corridoi, aprirono una porta ed entrarono in una sala dove un inserviente addetto
agli scarichi per i detenuti morti stava chiacchierando con un uomo delle
pulizie calvo.
Quando furono
vicino alla capsula l’addetto la aprì e loro vi gettarono dentro il corpo.
«L’avevi mai
vista una senatrice nuda?» chiese uno all’addetto, che era un clone come il
tizio delle pulizie.
L’uomo guardò
la donna morta e disse: «No, mai.»
«Davvero non
male, la troietta.» disse l’altro portantino, che allungò una mano e strizzò un
seno della donna. «Bella soda, la senatrice! Io le darei quasi una bottarella.»
e rise.
L’addetto
all’inceneritore rispose, bruscamente: «Certe schifezze le fai in un altro
obitorio.»
«Che palle, voi
cloni, ma non ridete mai? Era una cazzo di battuta, una cazzo di battuta
idiota!» e uscì con il suo collega lasciando i due cloni da soli col corpo.
«Dai, facciamo
in fretta, Capitano!» disse l’addetto a Rex, che tolse delle lenzuola dal
carrello e scoprì il corpo di un barbone che giaceva non reclamato da un anno
in obitorio. Andò a prendere in braccio Riyo e la poggiò con delicatezza nel
carrello coprendola con la sua coperta e le lenzuola, mentre il suo amico
metteva nella capsula il corpo e lo scaricava nell’inceneritore.
«Grazie,
Roadmap.» disse spingendo il carrello verso la porta, poi si fermò e chiese:
«Come si chiama quello stronzo con un enorme senso dell’umorismo?»
«Mee-Lon,
signore.»
«Chissà che non
gli capiti un incidente nei prossimi giorni.» disse Rex e uscì sentendo suo
fratello che rideva. Spinse il carrello per i corridoi e arrivò all’hangar,
salì sulla navetta, partì, volò tranquillo nelle corsie riservate ai mezzi di
servizio e deviò in un vicolo. Lì lo aspettavano la sua navetta personale e il
vero addetto alle pulizie, un clone suo amico anche lui. Scese dalla navetta
dell’impresa di pulizie portando in braccio Riyo avvolta con cura nella coperta
e salutò l’amico che gli rispose con un saluto militare e chiamandolo Capitano.
Poggiò con delicatezza Riyo sul sedile del passeggero e si diresse al pozzo di
Coruscant, immettendosi nella corsia di discesa. Le sorelle Martez lo
attendevano sulla piattaforma della loro officina, al livello 1313, pronte a
prendersi cura della sua amica.
Ce l’aveva
fatta. Si sedette a terra stanco e soddisfatto, mentre Trace e Rafa portavano
dentro Riyo per lavarla e rivestirla. Mee-Lon, sì, sarebbe stato aggredito in
un vicolo e il rapinatore lo avrebbe colpito con una violenza davvero eccessiva
al basso ventre, povero Mee-Lon. Un piccolo problema alla volta, Riyo era fuori
pericolo e lo stronzo sarebbe stato punito. Ora gli restava solo il piccolo
impiccio di scoprire chi stesse ammazzando i cloni e i loro alleati su
Coruscant.
Rex e le
sorelle Martez stavano facendo colazione nella cucina del piccolo appartamento
delle due strambe ragazze, quando Riyo entrò con i capelli violetti bagnati e
dei semplici vestiti addosso, molto diversi dal suo solito stile senatoriale.
Trace si alzò per aiutarla a sedersi, era evidentemente molto dolorante e lei
guardò la ragazza dai capelli ricci e neri che la sovrastava di almeno dieci
centimetri. «Da dove vengono questi pantaloni che calzano a una piccoletta come
me?»
Trace le
rispose dopo essersi seduta, mentre mordeva con evidentissima soddisfazione un
dolce di forma triangolare ripieno di una appetitosa crema gialla «Diciamo che,
quando ritira i vestiti in lavanderia, Rafa non sempre si limita alla sua
asciugatrice.» e le due ragazze e Rex risero rumorosamente.
Riyo li guardò
con l’espressione di chi si chiede in quale dello zoo sia caduta per sbaglio,
poi rise anche lei. «Mi servirebbero anche delle scarpe, e vi pregherei di non
rubacchiarle nello spogliatoio di una piscina.»
Rafa, che stava
mangiando una fetta di torta ricoperta di una marmellata quasi nera, le disse
con fare molto serio: «Ma per favore! Io vado in palestra, non in piscina!» e
giù altre risate, a cui si unì anche Riyo, mettendo nel suo piatto un dolce
uguale a quello di Trace. «Buono!» disse dopo averlo assaggiato, lo mangiò
rendendosi conto di avere una gran fame e bevve del latte dal colore
sospettosamente troppo blu a quello che le servivano di solito a casa o al
Senato, poi, raccogliendo le briciole come faceva da bambina, disse: «Grazie.
Grazie, ragazze, grazie, Rex, io … io …» e scoppiò a piangere.
I tre si
guardarono un po’ indecisi, poi Trace le chiese: «Come è morire, Senatrice?»
Lei si asciugò
gli occhi e guardò le sue mani. Il loro blu era perfettamente pulito, ma a lei
sembrava di vedervi ancora il sangue di quell’uomo. Si sentiva ancora sporca,
dentro e fuori. Abbozzò un sorriso e disse: «Malgrado la bontà dei dolci, devo
ammettere che il paradiso è molto deludente.» disse e fu contenta di vederli
ridere. Rex la guardava con affetto, e vedeva che rideva solo con una parte
della faccia, e della mente. «A parte gli scherzi … fa davvero male quella
pillola, Capitano, fa davvero malissimo!»
«Però
funziona.» disse lui, poi prese un frutto arancione e, spellandolo con le sue
dita grosse e robuste, le disse: «Non sono più capitano di niente, Senatrice,
mi chiami Rex.»
«E io non sono
più senatrice, pare. Riyo va benissimo, Rex.»
«Certo,
senatrice.» le rispose ammiccando.
Mentre
mangiavano e scherzavano l’oloproiettore trasmetteva uno spettacolo musicale
con una banda di alieni male assortiti che suonavano una specie di jazz molto
orecchiabile, ma, all’improvviso, lo spettacolo fu interrotto da un’edizione
straordinaria del notiziario.
“Edizione
Straordinaria! La Senatrice Chuchi, nota oppositrice antipatriottica che tante
volte ha tentato di danneggiare in Senato le leggi dell’Impero, è morta ieri
sera.
Arrestata in
flagrante per abuso di droga, prostituzione e omicidio, la nota sovversiva si è
suicidata in cella quando è stata posta di fronte all’inevitabilità della sua
condanna.
Siamo certi che
il nostro glorioso Senato lavorerà meglio, senza questa squallida debosciata.”
Disse la voce dello speaker mentre scorrevano immagini della senatrice Chuchi
in Senato, e poi di lei in manette con addosso la coperta e, alla fine, in una
fuggevole inquadratura del suo corpo nudo gettato su una branda, con due
ridicole pecette a coprirle sesso e seni.
Riyo si morse
la mano stretta a pugno mentre Rex correva a spegnere l’oloproiettore, e quando
lui tornò al tavolo vide che le lacrime si stavano affacciando dalle sue
palpebre, mentre lei tremava e respirava rumorosamente e rabbiosamente. Strizzò
gli occhi e inspirò, poi, con voce stridula, chiese: «Chi mi ha fatto questo?
Chi diavolo ha il potere di prendere una persona e farle fare quelle cose
orribili come una marionetta?»
Rex scosse la
testa, le posò una mano sulla mano sinistra stretta a pugno intorno al
tovagliolo e le rispose: «Non lo so, Riyo. Non lo so.»
Lei guardò
l’oloproiettore spento e si alzò andando verso la finestra che dava sul pozzo,
tipico panorama dei poveri di Coruscant, e non il peggiore tra quelli
possibili, poi disse, senza intonazione: «Lo avranno visto anche i miei
genitori. Immagino che non li abbiano nemmeno avvertiti, che si siano trovati
quella notizia davanti così, all’improvviso.»
Rex provò a
parlarle «Riyo, non …» ma lei continuò con voce sempre più alterata «I miei
assistenti, i miei domestici, Bail, Mon … tutti hanno visto quelle immagini.» e
crollò in terra piangendo.
Rex guardò le
sue due amiche facendo cenno di lasciarli soli e loro due uscirono con i piatti
sporchi. Lui si alzò e andò a sedersi in terra a gambe incrociate vicino a lei,
in silenzio, aspettando che la rabbia e il dolore sbollissero abbastanza da
permetterle di parlare.
«Chi mi ha
fatto questo?» disse singhiozzando e tirando su col naso.
«Sono venuto
qua proprio per scoprirlo, Riyo.» disse lui pensando di prenderle la mano, ma
poi si fermò. Forse lei non avrebbe gradito.
«Qualcuno mi ha
fatto drogare, capisci? Mi ha fatto ubriacare, mi ha fatto prostituire! Mi
hanno mostrato le immagini, c’ero io in ginocchio con quei soldati e … e io gli
facevo, no! No!» e cominciò a strapparsi i capelli urlando.
Lui le fermò le
mani e la abbracciò tenendola stretta, fino a che smise di muoversi. «Lo so.»
le disse a voce bassa, calmo.
Lei lo guardò
con rabbia e delusione. «Cosa sai? Dimmi, cosa sai, tu? Non sei tu che stavi in
ginocchio a succhiare cazzi! Non sei tu che ti sei svegliato con la passera
sporca di, no, lurida di sperma di uno sconosciuto, non sei tu che hai ucciso
un poveraccio con le tue mani! Non sai nulla, non puoi sapere nulla!»
Lui continuò a
stringerla, accarezzandole la schiena con delicatezza, mentre lei ansimava e
singhiozzava, poi, sempre stretto a lei, le disse: «Io ho sparato ad Ahsoka.
Capisci? Io, come se nulla fosse, ho sparato ad Ahsoka, per ucciderla.
È bastato che
l’Imperatore mi dicesse via radio “Eseguire l’ordine 66” e io ho preso i
blaster e ho sparato ad Ahsoka.
La conosco da
quando era bambina, abbiamo vissuto insieme tre anni, l’ho vista crescere, l’ho
vista diventare donna, le ho salvato la vita e lei l’ha salvata a me, la amo
più di quanto amerei una sorella, e una cosa che mi hanno infilato in testa
quando ero un embrione mi ha comandato come un cazzo di droide, costringendomi
a spararle.
Pensi che io
non possa capire? Io me lo ricordo, quel momento, mi ricordo le mie dita sui
blaster e il suo sguardo terrorizzato. Io, il suo Rex, suo fratello, che le
sparava in faccia.
Certo che so
cosa provi, Riyo, lo so benissimo. Ahsoka può avermi perdonato, ma quel ricordo
nessuno me lo potrà mai togliere.»
Riyo si staccò
da lui con il viso stravolto dal pianto, tremante, e disse: «Scusami, Rex.
Scusa.» e lo abbracciò. Quell’abbraccio non risolveva i problemi, non sarebbe
servito a trovare chi l’aveva voluta colpire così crudelmente, non avrebbe
raccontato la verità ai suoi genitori su Pantora, ma era un abbraccio e tutti e
due furono rasserenati piangendo insieme.
Riyo andò a
dormire sulla cuccetta che le avevano preparato in una stanza adoperata come
sgabuzzino e al suo risveglio trovò delle scarpe della sua misura. Quelle due
ragazze erano meravigliose, allegre e divertenti, oltre che pazze, ma dovevano
averla presa per una diciassettenne, a giudicare dai vestiti e dalle calzature
che le avevano procurato. Erano comunque vestiti puliti, forse avrebbe dovuto
cominciare ad abituarsi alla sua nuova vita. Uscì dallo stanzino rendendosi
conto che, finalmente, il mal di testa da sbornia le era passato. Il male alla
schiena per la botta data col blaster e il dolore allo sterno per il più che
probabile massaggio cardiaco invece c’erano ancora, ma sarebbero passati,
quelli erano dolori che sarebbero passati. Agli altri, forse, per ora era
meglio tentare di non pensarci.
Le due ragazze
non c’erano, da quel che aveva capito avevano una quantità di traffichi, più o
meno legali, in giro per tutto quel livello. Rex era insieme a suo fratello
Echo, che aveva collaborato con lei alla catena di rifugi e protezione per i
cloni. Era sempre mortalmente pallido, oltre ad avere dei bulloni in testa dove
lo avevano attaccato a un computer i Separatisti durante la Guerra dei Cloni.
Ecco, quelle erano ferite e dolori che non sarebbero certo passati.
«Echo! Che
piacere vederti!»
«Senatrice
Chuchi!» le disse abbozzando un saluto militare, poi si mosse verso di lei e le
diede la mano. Lei lo guardò e lo abbracciò, era un brav’uomo, e un caro amico.
«Pare che non
lo sia più, Echo, non lo hai saputo?»
«Rex mi ha
riferito tutto, Senatrice.» le rispose, facendo evidentemente finta di non aver
visto il servizio trasmesso in tutta la Galassia, in segno di rispetto nei suoi
confronti. Quando i cloni erano brave persone, erano tra le migliori.
«Visita di
cortesia?» gli chiese sedendosi al tavolo e versandosi una tazza di thè di
Naboo.
«Tra le altre
cose, Senatrice.» le rispose sorridendo e i due cloni si sedettero al tavolo
con lei. Mentre Rex versava il thè per sé e per il fratello questi tirò fuori
dallo zaino una serie di aggeggi assortiti. Due li riconobbe, erano codici a
catena, con accanto una macchinetta per hackerarli e falsificarli, e poi c’era
una siringa dall’aspetto inquietante.
«Devo morire di
nuovo?» chiese prendendola.
«No.» le
rispose Rex, poi fece una smorfia e aggiunse: «Ma da quello che mi aveva
raccontato il generale Kenobi, fa abbastanza male anche questa.»
Fissando la
siringa li guardò e chiese: «Cosa fa ‘sta roba?»
«Riscrive
totalmente i lineamenti di una persona.»
«Cioè?»
«Basta
programmarla e trasforma le caratteristiche della persona a cui viene
iniettata. Dovrebbero essere nano droidi o qualcosa di simile.» disse Rex.
«Sì, sono nano
droidi.» disse Echo.
«Quindi mi
iniettate questa e divento una twi’lek?» chiese ai due cloni.
Echo alzò
entrambe le mani e disse: «Non è magica, fa solo un po’ di cambiamenti, sposta
un pochino i lineamenti, cambia il colore della pelle. Di certo non può farle
crescere i lekku.»
«Stavo
scherzando.» e continuava a guardare la siringa. Sapeva di non poter uscire con
quella sua faccia, anche se risultava morta era comunque nella memoria di tutti
i sistemi di sicurezza, però … la sua faccia, cos’altro le rimaneva? «E in cosa
vorreste trasformarmi? Riyo The Hutt?»
Rex rise alla
battuta e disse: «Pensavo a qualcosa di minimale, appena sufficiente a
confondere i cervelloni della Sicurezza, per esempio toglierle totalmente
l’aspetto da Pantoriana.»
«Cioè, farmi
diventare rosa? È reversibile?»
«Sì. E dovrebbe
tingersi i capelli.» disse Echo. poggiando sul tavolo una confezione di tintura
castana.
Riyo si guardò
intorno e inspirò rumorosamente. Pensava di avere perso tutto, ma la sua faccia
e la sua razza non le aveva messe in conto. Bene! Prese siringa e tintura e si
diresse al bagno.
«Senatrice! Le
sopracciglia, deve tingersi anche le sopracciglia.»
Lei guardò la
confezione di tintura e disse: «Torno tra una mezz’oretta.»
Entrata in
bagno si spogliò e si guardò nello specchio. Una bella pantoriana, giovane e in
forma. Aveva qualche livido e dei tagli sulla mano destra, per il resto era
davvero in ottime condizioni. Improvvisamente in procinto di piangere, entrò
nella doccia e cominciò a bagnarsi i capelli, li lavò e poi li cosparse con la
tintura. Ne passò un po’ sulle sopracciglia specchiandosi nel vetro ricoperto
di gocce. «Tanti saluti, Riyo!» disse. Nei venti minuti successivi si lavò
accuratamente il corpo da uno sporco che, probabilmente, era nella mente più
che sulla pelle, poi risciacquò i suoi lunghi capelli che le arrivavano fino al
sedere.
Uscita dalla
doccia si fissò nello specchio appannato, dopo averlo ripulito con
l’asciugamano. I capelli castani erano ridicoli, sul suo corpo blu e con i suoi
occhi dorati. Prese le forbici e si tagliò i capelli corti e irregolari. Una
strana figura estranea la guardava dalla superficie riflettente, poi prese la
siringa e se la infilò nella coscia premendo lo stantuffo. Sentì un calore
risalire dalla gamba, poi come un formicolio in tutta la pelle, e poi il
formicolio divenne un bruciore quasi insopportabile, anche gli occhi sembravano
bruciare nelle orbite, si inginocchiò e pianse mentre il suo corpo bruciava.
Poi, gradatamente, finì e riuscì ad aprire gli occhi, col dorso della mano si
tolse le lacrime che le impedivano di vedere chiaramente e guardò lo specchio.
A diciotto
anni, col suo ragazzo dell’epoca, era uscita dalla tenda in campeggio subito
prima dell’alba e avevano visto, passeggiando mano nella mano, la rugiada che
ricopriva tutte le piante e le rocce scomparire gradualmente quando il sole la
colpiva. Era stato magico, uno strato di realtà che spariva davanti ai loro
occhi. Ecco, il blu della sua pelle stava evaporando allo stesso modo, tutto il
suo corpo stava passando dal bellissimo blu che aveva ereditato da mamma a un
rosa molto più chiaro di quello della pelle delle sorelle Martez o di Rex, e
che le ricordò il viso della sua amica Padme. Le sue labbra passarono dal lillà
a un rosa carico, mentre i suoi bellissimi, grandi occhi dalle iridi dorate
diventavano un po’ più piccoli e verdi come un campo di erba in primavera.
Ora una donna
sconosciuta, una bellissima umana, la fissava dal vetro. Anche i suoi tatuaggi
dorati, simbolo della sua famiglia, che le attraversavano le guance sotto agli
occhi, sparirono, lasciando solo degli zigomi regolari.
Sì, ricordava
un po’ Padme, la sua amica morta tre anni prima, subito dopo la nascita
dell’Impero.
Quanto altro
avrebbe perso, prima che quella storia fosse finita? Cosa sarebbe rimasto di sé
stessa, alla fine?
Si rivestì e
sentì quegli abiti semplici, giovanili, adatti a questa giovane donna che la
guardava dallo specchio, faticando a riconoscere in quella figura in maglietta
e pantaloni la senatrice dalle elaborate acconciature.
Uscì e fu
divertita dallo sguardo sbalordito dei due cloni.
«Come si chiama
questa bella umana?» chiese ad Echo.
Lui infilò il
codice a catena nel lettore e lesse: «Magda Ross, Senatrice.»
«Non c’è
nessuna Senatrice, Echo. C’è solo Magda.» e si avvicinò a Rex che la guardava
incredulo. «Cosa pensi di Magda Ross, Rex?»
Lui sorrise e
disse: «Che non avrà alcun problema a superare i controlli e a lasciare
Coruscant.»
«Ma Magda non
lascerà Coruscant, Rex.» gli disse ergendosi impettita almeno 20 centimetri
sotto di lui, «Magda Ross e il suo socio Rex sono qui per indagare e scoprire
chi sta facendo del male ai cloni e ai loro alleati. Magda
non lascerà Coruscant fino a che non vedrà il cadavere di quello stronzo ai
suoi piedi.»
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