venerdì 6 novembre 2009

Evoluzione II,5.

Ciao ragazzi! Vi voglio segnalare una cosa divertentissima da leggere. Si trova sul Venerdì di Repubblica uscito oggi, ed è un raccontino di due paginette di Niccolò Ammaniti, penso che sia la prefazione del suo nuovo romanzo che è ora in edicola.
Andatevelo a leggere, è stupendo, racconta le avventure sue e del suo gruppetto di amici sfigati quando da piccoli andavano a giocare a Villa Ada. Sembra di leggere il King degli anni ottanta, quello di the Body o di It.
E ora, ecco a voi il capitolo quindicesimo della mia grande opera. Boom! Chi ride lassù in galleria?

V

Nel grosso capannone tre fabbri stavano lavorando con delle lamiere per sagomarle esattamente secondo i progetti disegnati da Daoud. L’aria era gonfia di martellate e i tre sentirono appena la voce di Daoud che gli urlava nelle orecchie: - Precisione assoluta ragazzi, deve essere preciso al millesimo di millimetro. – ma tanto sapevano già cosa aveva detto, erano due giorni che non gli diceva altro.
- Ma come cazzo funzionerà questo cassone? – chiese Pablo.
- Vedi Pablo – rispose – in quel barile giallo con il simbolo della radioattività che abbiamo sepolto nella botola qua fuori, ci sono due belle palle di uranio arricchito, una grossa e una piccola. Dentro alla bomba costruiremo una specie di canna di fucile e un’esplosione sparerà la palla piccola contro quella grossa a tutta velocità. –
- E allora? –
- E allora l’uranio è così denso e pesante che la palla piccola penetrerà in quella grossa fondendosi con essa ad una pressione assurda. Gli atomi si avvicineranno tanto, si chiama massa critica, che le radiazioni prodotte da uno potranno spaccarne degli altri, e così via in una velocissima catena di scissioni che produrranno più energia di un milione di tonnellate di tritolo, facendo esplodere la bomba e tutto quello che si troverà nel raggio di tre chilometri. –
- Cioè Torino. – disse Pablo.
- Torino e tutti i suoi abitanti. E tutti quelli che abitano nel raggio di otto chilometri moriranno per lo spostamento d’aria e il calore, e nel raggio di venti per le radiazioni. Puff! Un secondo di luce e due bei milioni di morti. – disse ridendo.
- Madre di Dio! – borbottò Pablo.
- È una guerra Pablo, e non l’ho cominciata io. Forse così finirà. – gli batté una mano sulla spalla e disse: - Su Pablo, non li uccidi mica tu. Voi volevate una tonnellata di oppio grezzo e noi volevamo un posto sicuro dove lavorare. Do ut des. –
- Cosa? –
- È latino. Vuol dire una cosa in cambio di un’altra. La regola d’oro del capitalismo. –
Pablo non rispose e guardò i tre fabbri che continuavano a martellare le loro lamiere e i due tecnici che collegavano un sacco di robe elettroniche a un computer portatile. Daoud lo vide deglutire e un po’ lo invidiò. Lui non riusciva più a provare terrore per il suo piano e questo era terribile.
- Va be’, mi sembra che il lavoro vada avanti anche senza di me ora. Prendo la jeep e vado a trovare quella bella americana per sapere se è una spia e ce lo abbiamo nel culo. – e si diresse alla porta.
- Daoud! – lo richiamò Pablo – Se non è una spia, buona scopata! – e rise.
Daoud, ma uscendo dal campo calava sulla sua personalità la maschera di Suleiman, saltò sulla Jeep scassata dell’oasi per le scimmie e uscì dal recinto del campo. Subito all’esterno cominciava la foresta, intricata di alberi e cespugli che potevano nascondere qualunque tipo di animale feroce; solo la stretta e fangosa cicatrice rossa della strada interrompeva il verde soffocante, una strada che era pattugliata da almeno una decina di uomini armati pronti a uccidere chi sembrasse pericoloso. Solo un pazzo avrebbe potuto tentare di attaccare il campo.
Il rombo del motore riusciva solo parzialmente a coprire i versi delle scimmie che saltavano da un albero all’altro tutto intorno a lui, e l’aria sotto gli alberi, pur se più fresca che sotto il sole al centro del loro cortile,era di un’umidità soffocante.
Dopo poco più di mezz’ora di strada arrivò all’ospedale del vecchio dottore tedesco. Scese dall’auto con in braccio un piccolo cebo che aveva portato per i bambini, sapendo quanto si sarebbero divertiti a vederlo saltare sui loro letti.
Entrò nella baracca che fungeva da sala d’aspetto e vide come si aspettava Lu Ann che parlava col vecchio dottor Teubner; quello che davvero non si aspettava era di trovare lì dentro anche il giovane skinhead che aveva viaggiato al suo fianco sull’aereo. Quello che era sicuro di avere già incontrato un’altra volta nella sua vita.

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