martedì 16 ottobre 2012

Voci. 3.

III

Dove i nostri eroi scoprono misteri sempre più oscuri

Mangiarono in silenzio, sovrastati dall’enormità della loro scoperta. Se infatti a Pompei milioni di turisti non credono ai loro occhi passando tra le strade di una città rasa al suolo da un cataclisma, loro cinque stavano invece passeggiando tra case che, in molti casi, avrebbero richiesto solo una bella ripulita per tornare ad essere abitate. Dopo aver studiato per anni dei mozziconi di muro tentando di capire come fosse la costruzione a cui appartenevano, potevano ora passare da porte magari un po’ cadenti, ma ancora in piedi, camminare su pavimenti con ancora un tetto sopra la testa e sentirsi degli intrusi entrando in una stanza e trovandovi letti sfatti e culle a cui mancava solo il bambino.
Decisero di entrare nel tempio tutti insieme e di dividersi poi per esplorare la città, per poi riunirsi per piantare le tende e passare la notte.
Camminando verso l’alto edificio fu Daniele il primo a vedere qualcosa di strano in mezzo all’ampio spiazzo del Foro. Nel raggio di una decina di metri c’erano almeno otto fucili napoleonici ad avancarica, fibbie di zaini, elmi da dragoni e sacchetti per polvere da sparo. Lì vicino, evidentemente un tempo legati a una colonna del tempio, le ossa di 4 cavalli, bianche come il gesso alla luce del sole. Si fermarono ad esaminare quei pochi oggetti arrugginiti e marci, cercando intorno quello che mancava; - C’è tutto – disse Anna –tutto tranne i soldati! –
- Come gli abitanti della città. – disse Nicola che si trovava tra le colonne del tempio e che armeggiava su una di esse con un coltellino. Gli si avvicinarono incuriositi, quando lui si girò tenendo qualcosa in mano. – Non so dove siano finiti i soldati … - disse, poi lanciò quel qualcosa a Daniele che lo prese al volo – ma so che non lo hanno fatto senza tentare di difendersi. –
Daniele aprì la mano e tutti videro cosa era uscito dal foro, uno dei tanti che notavano solo ora sulle facciate degli edifici là intorno; era un pallino di piombo, un proiettile sparato da uno di quei fucili.
Salirono la scalinata del tempio e, mentre tutti insieme tiravano il portone per farlo girare sui vecchi cardini, Daniele disse: - I soldati saranno stati uccisi dai contadini del luogo, come si chiamavano, i Sanfedisti. –
Nicola, che era riuscito ad infilare le dita tra i battenti di legno di quercia, usando tutta la sua forza e il suo peso riuscì a farne girare uno e, molto lentamente, lo spalancò davanti ai suoi compagni. Si appoggiò esausto alla porta e ridendo disse. – Che coglione che sei, i Sanfedisti erano nel Regno delle due Sicilie. E poi la gente qua intorno, se ha avuto troppa paura per venire a rubare tutte le cose preziose che abbiamo trovato, di certo non aveva il coraggio … - e si interruppe vedendo gli sguardi terrorizzati dei quattro amici che non lo ascoltavano e guardavano dentro al tempio.
Si voltò e vide una quindicina di corpi mummificati ai piedi delle statue in marmo degli dei e un’altra mummia vicino al portone, con una spada arrugginita che sporgeva dall’addome e dalla schiena.
Anna e Elena fecero alcuni passi indietro fino a tornare alla luce del sole, Daniele fuggì via e lo sentirono vomitare i due tramezzini dietro a un angolo. Mirko e Nicola entrarono nella cella e cominciarono ad esaminare quegli scheletri coperti da pelle secca scura come il tabacco.
- Questo ha fatto harakiri. – disse Mirko guardando il corpo che giaceva a pochi passi dalla porta – Penso che fosse un uomo. –
Nicola, sentendo in bocca un sapore acido e con lo stomaco in subbuglio, contò i cadaveri ammucchiati ai piedi di Giove – Sembrerebbero sei donne, due uomini e otto bambini, uno è un neonato. Tutti sgozzati. –
Mirko alzò la testa e lo guardò, indeciso su cosa pensare, quando Nicola alzò un braccio a indicare il portone alle sue spalle. – Ecco perché tanta fatica per aprirlo! – disse – Lì fuori c’era qualcosa che li spaventava più della morte. – e Mirko si voltò e vide i tripodi e i vasi di offerte ammucchiati contro il portone per sbarrarlo e sentì un brivido percorrergli il corpo da capo a piedi.
Usciti alla luce del sole si sentirono rinfrancati e Mirko si accese una sigaretta offrendone una a Nicola che accettò e tossì inspirando il fumo.
- Non sono molto abituato a fumare, - disse ridendo –ma oggi ce ne era proprio bisogno. –
Mirko annuì e soffiò tre anelli di fumo, poi disse: - Che schifo là dentro, era un vero incubo. –
- Io poi non avevo mai visto un morto, e ora 16 tutti insieme, morti a quella maniera e mummificati! –
- Io l’avevo già visto, - disse Mirko – ma era impressionante lo stesso. –
- Chi era? – chiese Nicola.
- Mio nonno. – disse,poi riprese a parlare dopo essersi fatto una bella tirata – Aveva l’Alzheimer, si faceva tutto addosso, sbavava, cadeva dal letto e non sapeva più chi era. Urlava tutte le notti che i mostri gli mordevano le gambe, per otto anni prima di tirare le cuoia. –
- Cazzo! – disse Nicola.
- Io non voglio finire così, voglio morire d’un colpo. – disse Mirko, poi indicando la sigaretta disse con un sorriso aggiunse: - E possibilmente prima di invecchiare. –
- Contento te! – disse Nicola e si diressero, ridacchiando e guardando ogni tanto indietro la mole del tempio, verso Anna e Elena che parlavano con Daniele, seduto in terra e bianco come la farina.

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