mercoledì 29 aprile 2015

Berserker. 4

Nuova puntata, scritta ieri. Oggi non ho tempo per scrivere il prossimo, ma ho già un po' di ideuzze che domani dovrei riuscire a sviluppare.
Buona lettura!

Fu … era di nuovo di turno a fare la guardia per tutta la notte. Di guardia, di notte, in un pidocchioso paesucolo della Transilvania che era da considerare Patria Tedesca perché abitato da Sassoni. E se erano Tedeschi, ‘sti Sassoni, perché parlavano a quella maniera? Su trecento che erano ce ne erano due che riuscivano a parlare in tedesco, il prete e il borgomastro, o come cavolo si chiamava il sindaco lì tra i monti.
Transilvania! A dire il vero lui pensava che se lo fosse inventato Stoker per Dracula quel nome, non aveva mica capito che si svolgeva in un posto davvero esistente quel romanzo.
Che poi … ecco, da solo, di notte, con la luna piena alta nel cielo, in Transilvania e circondato da casette che sembravano la scenografia di un film dell’orrore come li facevano in America prima della Guerra, quelli con Frankenstein che alla fine bruciava nel mulino inseguito dai villici, casette di legno sbilenche alle sue spalle e una foresta di abeti lugubri e striminziti davanti, pensare a Dracula non era una grande idea.
Si appoggiò al muro della sua garitta e si accese una sigaretta. Se non si sbagliava le facevano con sempre meno tabacco, sembrava di fumarsi la carta da sola.
La luna splendeva per davvero, alla faccia che luce che faceva. Si vedeva tutto come se fosse stato disegnato a china, i pipistrelli che volavano afferrando al volo le zanzare, i topi che sgattaiolavano lungo i bordi dei muri, un cinghiale che, solo per un attimo, aveva fatto capolino tra due alberi a un centinaio di metri da lui. Non era poi così male starsene lì da solo, poteva pensare e far finta di essere ancora giù in Baviera e di stare per andare a bersi una birra coi suoi amici. Altro che la guerra e gli ufficiali, altro che il Reich millenario e lo spazio vitale. Lui voleva starsene a casa, con i suoi amici, con Helga, in negozio con papà a vendere zappe e rastrelli e piantine di cavolo.
Un rumore lo strappò a queste piacevoli fantasie e lo fece ripiombare nella sua scomoda divisa troppo pesante per la temperatura ancora estiva di quell’inizio di autunno. Qualcuno stava camminando tra le case a pochi metri da lui. Voleva vedere chi era e se stava andando a incontrare qualcuno, non lo avrebbe fermato.
Si nascose dentro alla garitta in totale silenzio e la vide. Era una ragazza, aveva un nome tipo Alana, Elena, qualcosa così … stava camminando silenziosamente, ma … barcollava? Stava male? E perché usciva dal paese se stava male? Il dottore viveva a una cinquantina di metri da lì, era in paese quella sera. Forse avrebbe dovuto aiutarla. O no? non barcollava più, camminava spedita, anche se ogni tanto si fermava e si massaggiava le gambe come se avesse avuto continui crampi. Che stranezza. Gli passò praticamente davanti ma non lo vide. Era distratta, si guardava intorno e sembrava annusare l’aria.
Poi la vide accelerare, arrivò a una trentina di metri da lui e, all’improvviso, emise una specie di gemito. Aveva sentito sua madre gemere così, quando aveva partorito Hanna. Poi la ragazza prese il suo vestito e se lo sfilò dalla testa. Era nuda. Nella luce della luna fu uno spettacolo inaspettato e conturbante, anche se per i suoi gusti era un filino troppo robusta. Poi, lanciato il vestito in un cespuglio, corse verso gli alberi.
Rimase colpito, quasi tramortito, l’ultima donna nuda che aveva visto era stata quella prostituta polacca al bordello tre mesi prima. Chiuse gli occhi e tentò di ricordare quel corpo pallido nella luce nitida della luna, i glutei e la schiena muscolosi, i seni leggeri che si muovevano al ritmo del suo passo, i capelli sciolti sulla schiena che alla luce della luna sembravano d’argento.
E di nuovo, come pochi minuti prima, fu un rumore di passi a strapparlo alle sue fantasie. Conosceva il rumore di quei passi, scarponi dell’esercito. Tre soldati, gli sembrava. Passarono davanti a lui sghignazzando, così infoiati per quello che volevano fare da non pensare che se c’era una garitta doveva esserci anche un guardiano. Cosa volessero fare a quella povera pazzoide era chiaro, erano l’esercito occupante, erano tre e pure armati e lei era una bella ragazza nuda nel bosco.
Doveva avere l’età di Hanna quella ragazza, non avrebbe permesso che la toccassero, quei porci, camerati o non camerati che fossero. Lasciò il suo posto e li seguì col fucile in mano, quando dal bosco dove erano scomparsi seguendola arrivò un urlo pieno di orrore e dolore, sembrava la voce della ragazza, ma stravolta così tanto da non essere quasi riconoscibile. Accelerò il passo ed era già alle porte del bosco quando arrivarono le altre grida. Grida di uomini, grida in tedesco. Si fermò un attimo e poi, sudato di un sudore gelido e puzzolente di paura, entrò tra gli alberi dove il buio era quasi solido.

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