giovedì 30 aprile 2015

Berserker. 5

Quinta puntata, mi sa che è un po' confusionaria coi tempi verbali, ma mi piaceva così. Buona lettura!

Da ragazzo aveva visto su un libro una serie di foto, primi piani di un attore, in un bianco e nero estremamente nitido, foto in cui l’attore faceva le varie espressioni modificando i suoi lineamenti in maniera straordinaria. Ecco, a quello aveva pensato vedendo Kastorp che prendeva in mano il portafoglio del caporale Hans Scheuble, la faccia magra e ossuta dell’internato era sembrata per un breve istante della plastilina calda, i suoi lineamenti si erano mossi come acqua di un ruscello e poi, improvvisamente, pur essendo rimasti esattamente uguali a se stessi, si erano trasformati in una qualche maniera in quelli di Scheuble. Anche la sua voce era cambiata, era passato dal suo accento austriaco a quella pesante cadenza bavarese che tanto bene lui aveva conosciuto in quegli anni di guerra.
Poi Kastorp finì di parlare e, dopo aver detto “… solido” rimase per un attimo fermo. Sembrava come spento, gli occhi spenti come uno che sta morendo di sonno. La sua mano destra, posato delicatamente in terra il portafoglio sembrò muoversi come animata da vita propria verso il secondo oggetto, un accendino di metallo che era appartenuto a Theodor Erickson, e una volta che lo ebbe afferrato si trasformò di nuovo. In un attimo aveva l’atteggiamento, l’espressione e la voce di quell’odioso soldato che gli aveva causato tanti problemi in ogni singolo posto dove erano stati. Disse:
“L’avevamo seguita per un bel po’, quella troietta, stavamo bevendo in una locanda dove servivano una specie di birra che sapeva di piscio e il mio amico Peter, lui sì che è forte, a un certo punto mi dà di gomito e mi indica, fuori dalla porta in quella stradina fangose e pidocchiosa, quella ragazzetta che avevamo già visto in giro nel pomeriggio. Era sola, girava per strada di notte, quella troietta, e sembrava ubriaca, o qualcosa di simile. Mi piace farmi le ragazze ubriache, è più difficile che poi il giorno dopo si ricordino la mia faccia e mi indichino a un padre armato di fucile.
E così usciamo da quella locanda lasciando sul tavolo qualche marco e cominciamo a seguirla in silenzio. Parlava da sola, la fighetta, si lamentava e agitava le braccia come per scacciare delle mosche, poi si grattava come se fosse stata piena di pulci. E chi se ne frega delle pulci, cazzo, di certo non mi avrebbero fermato. E così la seguiamo per quella rognosissime stradine deserte illuminate dalla luna e ridacchiamo in silenzio pregustando la cavalcata che stiamo per farci, no, ed ecco che quella povera puttana arriva alla fine del paese, si ferma un attimo come per un crampo e poi, ancora non ci credo, è andata camminando a passo veloce verso il bosco e, mentre camminava, si è tolta il vestito. Era nuda, nuda come mamma l’aveva fatta.
Le siamo corsi dietro senza più preoccuparci di essere sentiti, oramai eravamo fuori dal paese e anche se avesse urlato … con i nostri fucili potevamo tranquillamente gestire lei e un paio di quegli zotici. Ci siamo infilati tra gli alberi e per un attimo ci siamo fermati, il buio era come una parete dipinta di nero, continuammo a passo più lento e poi, qualche decina di metri davanti a noi, intravedemmo una specie di radura illuminata dalla luce della luna.
La ragazza era inginocchiata in terra, con le mani appoggiate tra le foglie secche. Mugolava, si lamentava, qualcosa così. Gettai a terra il fucile e mi avvicinai a lei slacciandomi la cintura, ero davvero eccitato, non so se mi capite, c’avevo una Grande Berta nei pantaloni …” disse ridendo e poi riprese con uno sguardo feroce sul volto “ … e quando le arrivo accanto questa tizia si gira e …” e qui la faccia di Kastorp divenne una maschera di terrore che fece accapponare la pelle all’ufficiale che lo stava ad ascoltare con molta attenzione “ … e quando si gira … i suoi occhi erano lampi gialli, con le pupille verticali come un gatto. E fa un urlo come da animale e si mette in piedi, solo che non era una donna … cioè, lo era ma non lo era più. Stava cambiando davanti a i miei occhi, sentivo stridere le sue ossa mentre cambiava forma e poi, nel tempo di un battito di ciglia, quella bestia orrenda mi si è scagliata addosso e ho sentito i suoi artigli che mi aprivano il petto e la faccia.”
E poi … fu con un sudore gelato sulla schiena che l’ufficiale vide la mano di Kastorp andare alla medaglietta che avevano trovato stretta tra le dita di Theodor la mattina dopo quella maledetta notte di luna piena in cui lui aveva perso quattro uomini in quella maniera indegna. La medaglietta doveva appartenere alla ragazza. L’uomo prese la medaglietta e parve come gonfiarsi, per un attimo sembrò essere un abito che qualcosa, qualcosa di non umano, stava indossando. I suoi lineamenti furono totalmente stravolti e scattò in piedi lanciandosi contro di loro con le mani simili ad artigli. Stava ringhiando, ruggendo anzi, come un leone, e fu allora che l’SS più alto lo colpì alla tempia col calcio del fucile.
L’uomo cadde a terra con la faccia coperta di sangue e la medaglietta gli sfuggì di mano. Era solo un uomo quasi morto di fame adesso, uno scheletro a malapena ricoperto di pelle.
- Direi che è l’uomo che cercavamo. – disse l’SS parlando al suo camerata ignorando platealmente l’ufficiale, poi si girò verso il comandante del Campo e disse: - Lui viene con noi. – e solo dopo, voltandosi verso di lui, disse: - E anche lei, capitano, ci servirà anche lei. -

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