giovedì 26 settembre 2024

Maul reborn. Episodio I.

 Ed ecco un'altra fanfiction starwarsiana.

Perché scrivo roba così inutile? Perché scrivere, quando tutto fila nel modo giusto, è un piacere incredibile. Per 10 giorni mi sono raccontato da solo questa storia di cloni, Sith, Jedi e ... Xenomorfi, e vederla crescere davanti ai miei occhi, aggiungendo idee che nascevano in me durante la giornata, è stato meglio che leggere un libro. 

E ora ve la offro, in quattro episodi, direi, sperando che leggerla sia per voi piacevole quanto è lo è stato per me scriverla.

Buona lettura!


Maul Reborn

 

Gli sembrò di essere come la brina che ricopre un pezzo di metallo gelato se esposto all’umidità. Fu come se stesse aderendo a qualcosa, come se vi si stesse infilando per capillarità. Si ricordava una cosa, l’ultima, ed era di essere stato tra le braccia del suo nemico, che gli diceva che sì, era lui che li avrebbe salvati, o vendicati. E ora era lì, ovunque fosse questo “lì”, ma era di certo in un altro posto.

Ed era di certo molto tempo dopo, non aveva ricordi intermedi, ma sapeva che era passato molto tempo.

Si ricordò di avere degli occhi mentre li apriva, e vide una donna che lo guardava. Una giovane donna bionda, dagli occhi marroni. Tra di loro c’era un vetro, e lui era dentro, immerso in un liquido. Una vasca di bacta.

La giovane donna sembrava terrorizzata, sentiva il suo terrore rimbombare in lui, ma non aveva paura di lui, non solo. Di solito era lui la cosa più spaventosa nei dintorni. Si accorse anche di essere in qualche modo diverso. Era più giovane, era sano, privo di ferite. Ed era integro, sentiva le sue dita dei piedi, sentiva il sangue fluire nelle cosce, la vista di quella giovane donna gli causò, o che sensazione da lungo dimenticata, un inizio di erezione. Era morto tra le braccia di Kenobi, con uno squarcio nel petto e privo del suo corpo dalla vita in giù, e si svegliava in una vasca, giovane, integro e sano.

Il suo Maestro giocherellava con la clonazione, sempre alla ricerca dell’immortalità, il sogno di tutti i vecchi. Lui era un esperimento, perfettamente riuscito.

Il suo Maestro non c’era, lì. Non lo sentiva nemmeno più distante. Sentiva una presenza estremamente maligna, ma non potente nella Forza, e, più vicino, una presenza forte, ma non un Sith… sì, la conosceva, Lady Tano, era lì, vicina, e non era cosciente, e la sentiva in sé… sì, aveva parte di Ahsoka Tano in sé.

Picchiò sulla parete e la giovane donna gli fece cenno di aspettare, digitò su una tastiera a lato della capsula e il liquido defluì velocemente. Poi il vetro si aprì e lui cadde a terra in ginocchio. Aveva le gambe, aveva i genitali, aveva un corpo dalla vita in giù. Si alzò barcollando e prese un asciugamano che la donna gli stava porgendo. Si asciugò e si espanse nella Forza mentre lo faceva; era su una nave, nello spazio. C’era qualcosa sulla nave, dei mostri assassini. Le persone fuggivano e si nascondevano, c’erano terrore, dolore e morte tutto intorno a lui.

Quando ebbe finito di asciugarsi la donna gli passò una tuta da tecnico presa da un armadietto.

Se la infilò notando che lei si sforzava di non guardarlo. Erano una quarantina di anni che era escluso da questo gioco.

Parlò e la sua voce, per qualche istante, gli suonò aliena. «Sono un clone?»

La giovane donna si stupì talmente tanto che lui pensò che quegli occhi nocciola le sarebbero potuti cadere in terra.

«Come hai fatto a capirlo?» gli chiese mentre si guardava, terrorizzata, alle spalle avendo sentito un acutissimo urlo provenire da una certa lontananza.

«Il mio ultimo ricordo è che stavo morendo, quasi sessantenne, su Tatooine, con uno squarcio nel petto e la parte inferiore del mio corpo sostituita da parti robotiche, ora mi sveglio in un laboratorio, giovane, sano, con tutto il corpo… a che conclusione sarei dovuto giungere?» si stiracchiò e fu soddisfatto, era un buon corpo, forte e agile.

«Io sono stupita che tu possa parlare, a dire il vero. Cioè, perché tu ... sei tu?»

Lui andò alla porta e sbirciò fuori attraverso il piccolo vetro. Un corridoio vuoto, urla in lontananza. E, appena udibili, i motori dell’ipeguida in funzione. «Il mio Maestro cercava l’immortalità e voleva utilizzare il Lato Oscuro per inserire la sua anima in un corpo clonato. Io, evidentemente, sono un esperimento, legato a quando mi imprigionò per qualche mese alla fine della guerra dei cloni.»

«Capisco. E quindi… se usi il Lato Oscuro, sei cattivo?»

Le sorrise, sapendo benissimo che la sua faccia rossa e nera, con tanto di corna sulla testa pelata, non era molto rassicurante. «Oh, sì. Ma non come quello che si aggira per i corridoi.» detto questo diede un’occhiata al resto della stanza e vide quella maledetta cassa in cui lo avevano rinchiuso i Mandaloriani. Era aperta e, dentro, priva di sensi e con le gambe spezzate, stava Ahsoka. Aveva circa una decina di anni in più di quando l’aveva vista su Malachor. Le doveva un salvataggio, e uno zabrak paga sempre i suoi debiti. Si accucciò e le poggiò le mani sulle gambe deformate dalle fratture. «Come mai Lady Tano è qui ed è in queste condizioni? E tu chi sei, biondina?»

«Io sono Omega, Io e il comandante Tano facciamo parte della Ribellione e siamo state catturate sulle nostre navi per … per portare a termine il tuo esperimento. Nella cattura, evidentemente, l’hanno colpita duramente.»

«E perché servivano un Jedi e un clone per portare a termine … me?»

Omega si avvicinò per guardare cosa stesse facendo quel Sith alle gambe di Ahsoka, e il rumore delle ossa che, spinte da un qualche potere della Forza si riassestavano le causò un po’ di nausea. «Non è da Sith curare, cioè…» si allontanò per non sentire quegli scricchiolii e la smorfia di dolore appena accennata sul volto addormentato di Ahsoka la colpì tantissimo. «Come fai a sapere che sono un clone?»

«Ho ucciso centinaia di cloni, ho letto la mente di altri di loro, pensi che una cosa semplice e banale come un cambio di genere causato in provetta non mi permetta di vedere che sei una di loro?»

«Capisco.» disse lei vedendo che le gambe di Ahsoka ora erano dritte. Anche gli scricchiolii erano terminati, ma l’uomo continuava a usare la Forza. Anche il gonfiore sembrò diminuire.

«Non posso fare altro. Almeno potrà arrancare se la teniamo.» disse e poi si rialzò e la guardò «Quanto al curare… una volta Lady Tano mi ha salvato, non per bontà d’animo, ma perché le servivo. Le ho appena reso il favore.»

Lei andò a controllare Ahsoka, era molto pesantemente sedata, le tolse i ferri e, con l’aiuto di Maul, la appoggiò su una barella.

«Quindi, a cosa servivate voi due?»

«I cloni non sono mai ricettivi alla Forza, i Midi-chlorian non si riproducono bene. Lei doveva essere la fonte di Midi-chlorian nuovi e … il mio sangue è una sorta di legante, permette al clone di ricevere la trasfusione.»

«Bene. E ora, dimmi, Lady Omega, cosa sta succedendo qui?»

«Quando mi sono svegliata ho un po’ pasticciato con il computer di bordo e ho aperto alcune gabbie. Evidentemente non eri l’unico esperimento pericoloso.»

Maul sorrise, mentre, inconsapevolmente, tamburellava sul pavimento con le dita dei piedi. Era bellissimo avere le dita dei piedi. «E chi mi ha svegliato?»

«Io. Quando ho capito che qualcosa di orribile girava sulla nave e che Ahsoka non era in grado di salvarmi, ho pensato che, forse, attivare il clone nella vasca avrebbe potuto essere una buona idea.»

Lui le si avvicinò, la guardò dall’alto in basso con i suoi occhi rossi e ghignando le chiese: «Scommessa rischiosa, Lady Omega. Molto rischiosa.» e le sfiorò una guancia con l’indice divertendosi a vederla tremare. «Per vostra fortuna i miei tempi da Sith sono lontani. La prima regola è non mostrare mai compassione, mai. Ma penso proprio che in tre potremmo avere più possibilità di scappare.»

«Certo che avremo più possibilità, Lord Maul.» gli disse deglutendo.

«Solo Maul, e ora… giocherella col computer e cerca una nave per fuggire, Lady Omega.»

«Solo Omega.» gli rispose e lui sorrise. Gli piaceva quel clone, era una vera dura.

«Al livello inferiore, tre corridoi e mezzo di distanza. Ci sono almeno tre navi pronte a partire.»

Maul prese il volto di Ahsoka tra le dita e la scosse. Emise un lievissimo gemito. «Trova uno stimolante, Omega, se non vuoi portarla in braccio.»

«Pensavo che avresti potuto farlo tu…»

«È meglio se io tengo queste.» le rispose prendendo la cintura di Ahsoka, poggiata vicino alla cassa mandaloriana, e allacciandosela in vita con le due spade laser.

Omega iniettò uno stimolante ad Ahsoka che cominciò a svegliarsi molto lentamente. Reggendola per le braccia uscirono nel corridoio e cominciarono il loro difficile tragitto, scavalcando dopo pochi passi il cadavere di una dottoressa con il petto e il camice lacerati da un qualcosa che sembrava essere uscito fuori da lei.

Il loro, breve, tragitto fino all’hangar fu qualcosa di simile a un giro nel tunnel degli orrori, cadaveri con il petto esploso, persone che strisciavano gemendo e sbavando schiuma rosata per poi vomitare osceni getti di sangue raggrumato, corpi scossi da convulsioni dal cui petto saltavano fuori in un raccapricciante concerto di ossa spezzate e tessuti lacerati degli orrendi mostriciattoli che sembravano dei peni di metallo brunito lucido dotati di denti e zampe artigliate. Corse in mezzo a questi orrori, per fortuna Ahsoka stava cominciando a reggersi quasi da sola, fino a che, davanti alla porta dell’hangar, uno di quei mostri, cresciuto però fino ad un’altezza di due metri e quaranta, si gettò loro addosso sbavando e mostrando, tra le fauci dotate di denti affilati e metallici, una lingua retrattile dotata di mandibole e zanne. Maul, con un movimento veloce ed elegante, mozzò la testa di quel mostro che sembrava formato dall’incrocio tra un uomo, un rettile e dei tubi metallici, ma dalla ferita del mostro rantolante un geto di sangue verde fluorescente cadde sul pavimento e schizzò due gocce sul braccio dello zabrak. Il dolore fu così improvviso che quell’uomo, un Sith, urlò come un bambino.  Il sangue era acido, stava corrodendo il pavimento e, sul suo braccio, aveva aperto due piaghe fumanti.

«Ma è acido?» urlò Omega.»

Maul stava guardando lo squarcio e il ponte sottostante. Si stava aprendo uno squarcio delle medesime dimensioni. «Arriverà allo scafo.» disse guardando le due donne, poi aprì con la Forza le porte dell’hangar e aiutò Omega a reggere Ahsoka mentre correvano nel grande spazio pieno di astronavi, tra le quali almeno sei di quei mostri saltavano addosso agli assaltatori e ai tecnici facendoli a pezzi o trascinandoli via ancora vivi. Molte navi erano evidentemente già “infestate”, ma in fondo videro un vecchio trasporto Jedi che doveva essere stato sequestrato dall’Impero chissà quando. Salirono a bordo e Omega si mise alla guida mentre Maul aiutava Ahsoka a stendersi su una delle brandine nelle nicchie del muro.

«Lo diceva Obi Wan.» disse con voce impastata la togruta guardando lo zabrak in piedi vicino a lei.

«Cosa?» chiese Maul accorgendosi che quel nome, Obi Wan, non gli aveva fatto ribollire il sangue. Strana sensazione.

«Che non riesci mai a rimanere morto.» e sorrise perdendo di nuovo i sensi. Lui le aggiustò una coperta pensando che questo era molto simile a mostrare compassione. Le passò una mano sulle gambe e usò la Forza per sentire come stavano le sue ossa. Male, camminare nei corridoi aveva riaperto le ferite.

«Mi devi un favore, Lady Tano.» disse sottovoce mentre usava il suo potere per ripararle i tessuti fratturati e contusi.

«Maul!» urlò dalla cabina di pilotaggio Omega con voce spaventata. Lui corse da lei e vide uno di quegli esseri, una specie di ragno a quattro zampe grande come uno wookie, che stava aggrappato al vetro e tentava di sfondarlo con la sua lingua. Si concentrò e, con la Forza, lo lanciò via, facendolo uscire oltre al campo di forza che chiudeva l’hangar.

«Vai Omega.» le disse vedendo altri di quegli esseri che correvano all’attacco, e l’astronave uscì nello spazio trascinandosi dietro due alieni che, nel vuoto, si staccarono volteggiando mentre i loro fluidi esplodevano attraverso la pelle corazzata formando nuvolette di acido congelato.

«Dobbiamo distruggere la nave!» disse Omega allontanandosi velocemente, ma Maul le mise una mano sulla spalla. «Non serve, Omega,» le disse indicando l’enorme incrociatore ormai lontano almeno un paio di chilometri da loro, «Guarda.» e la nave, a causa delle varie falle causate dal sangue acido dei mostri che erano stati feriti negli scontri, cominciò a collassare in molti punti per poi, improvvisamente, esplodere in una sfera di fuoco che li sbalzò lontano.

Omega espirò profondamente, guardò il Sith con un mezzo sorriso e lui scosse la testa. «Non è finita.» le disse indicando un paio di puntini luminosi che si allontanavano dal relitto infuocato.

«Gusci di salvataggio^»

«Sì.» le rispose lui, e poi, stupendosi del suo stesso pensiero, aggiunse: «Se arrivassero su quel pianeta potrebbe essere un disastro mai visto.»

Omega lo guardò con una smorfia sorridente, poi, dirigendosi verso i due gusci che stavano entrando nell’atmosfera, gli disse: «Sicuro di non essere un Jedi?»

Maul non le rispose, continuò a guardare i due gusci che cominciavano a formare scie di fuoco nel loro rientro. All’improvviso uno dei due gusci perse l’assetto e cominciò a roteare senza controllo, esplodendo in un fuoco d’artificio di scie che scomparvero negli strati alti dell’atmosfera. L’altro, invece, scese regolarmente scomparendo oltre uno strato di nubi.

«Seguilo!» disse maul con una voce strana, fredda. «Sento uno di quegli esseri a bordo, lo sento perfettamente.»

Omega mosse la cloche e poi fece un buffo verso, tipo “Uh-Oh!” e si voltò verso Maul con un sorriso forzato. «Due motori su tre non funzionano. Stiamo per morire.»

Lo zabrak rimase calmo, si sorprese del suo rimanere calmo. Forse lui e Ahsoka … «Tieni la nave in assetto e non farci bruciare, all’atterraggio ci pensiamo noi.»

Andò da Ahsoka che si era assopita. «Lady Tano… Lady Tano! Ahsoka, sveglia!» le gridò alla fine e lei si scosse e parve, per qualche istante, chiedersi cosa ci facesse davanti a un morto. Poi si ricordò che la stessa domanda se l’era fatta già un paio di volte quel giorno.

«Maul … Maul che…» disse con voce impastata.

«Ahsoka, stiamo precipitando. Dobbiamo rallentare la nave per non schiantarci. Da solo non ce la faccio.»

Lei lo guardò sbalordita, poi usò la sua percezione e sentì che in effetti stavano per schiantarsi, erano una specie di proiettile lanciato verso una pianura. Annuì e prese le mani dello zabrak concentrandosi più che poteva. «Omega! Al mio comando accendi il motore!» gridò l’uomo stringendo le mani della togruta e fondendosi nella Forza con lei. «Ora!» urlò e Omega accese l’unico motore funzionante vedendo il terreno che diventava sempre più dettagliato e vicino, poi si sentì schiacciare sul pavimento mentre la nave rallentava e tenendosi ai sedili guardò fuori. Alla fine, infilò la mano nella tasca dove teneva gli occhiali di Tech e chiuse gli occhi, mentre la nave atterrava rovinosamente tra gli alberi schiantandosi sul terreno. Picchiò tra i sedili e fu investita dai vetri, e, mentre perdeva i sensi per la botta, pensò che almeno non si erano trasformati in marmellata.

Maul si svegliò nella nave fortemente lesionata, fili elettrici pendevano ovunque, scariche elettriche, getti di vapore e perdite di refrigerante erano ovunque. Lui era abbracciato ad Ahsoka, l’aveva stretta tra le braccia per difenderla. La depose sulla branda con delicatezza tentando di far combaciare con sé stesso il gesto di difendere una persona, un Jedi, tra l’altro. Andò nella cabina di pilotaggio e trovò Omega. Aveva del sangue che le colava da una ferita sulla fronte, ma stava bene. La prese in braccio e la andò a mettere sulla branda accanto a quella di Ahsoka. Uscì dalla nave e si sedette su una roccia scaldandosi ai raggi del sole arancione che brillava enorme nel cielo.

“Mai mostrare compassione. Mai essere gentili. Mai aiutare gli altri.” I Jedi pensavano che fosse facile cadere nel Lato Oscuro, ma non sapevano quanto fosse facile esserne sbalzati fuori. Dolore, paura, rabbia, disperazione, senso di colpa. Tutto questo nutriva il Lato Oscuro e lo rendeva potente. Lui si era svegliato senza dolore, per la prima volta da quando da bambino Dart Sidious aveva cominciato il suo addestramento con maltrattamenti e torture indicibili. Appena uscito dalla vasca aveva dovuto aiutare le due donne, aveva dovuto salvarle. E così aveva continuato a fare per ore, collaborando con loro, facendo loro coraggio, dando loro forza.

Era scivolato velocemente fuori dal Lato Oscuro. Ricordava le sensazioni del Sith e le sentiva aliene, lontane, come quando, anni prima, aveva salvato senza alcun motivo egoistico Ezra Bridger. Aveva teso la mano e lo aveva tirato su da un baratro senza fine.

Forse avrebbe dovuto tornare dentro e uccidere le due donne nel sonno, farle soffrire, farle a pezzi, senza ragione, solo per nutrire il suo odio e il suo dolore. Uccidere due donne indifese, quello avrebbe macchiato la sua anima indelebilmente, quel dolore sarebbe stato eterno, un pungolo che avrebbe svegliato il Sith, e così, tornato potente avrebbe potuto prendere il suo posto nella Galassia, ora che Sidious era morto. Avrebbe comandato, avrebbe conquistato, avrebbe ucciso e tutti lo avrebbero temuto.

Sì, avrebbe ucciso la Jedi velocemente, ma la biondina… il clone avrebbe sofferto, e lui con lei, ogni taglio lo avrebbe segnato dandogli una Forza illimitata, e poi avrebbe cercato un villaggio e avrebbe ucciso tutti, uomini, donne, bambini …

Guardò le sue mani e immaginò di stringerle intorno al collo della biondina, le sue lacrime avrebbero lavato quella purezza dalle sue nuove mani, le sue grida e le sue implorazioni inutili lo avrebbero torturato rendendolo potente come mai prima… degli animali volanti, simili a rettili, volavano in ampi cerchi cantando in quella loro luminosa primavera. Su Dathomir c’erano animali simili, li guardava volare da piccolo, prima di Sidious … doveva sfruttare quel dolore, doveva farlo montare in sé, doveva… stava piangendo, le lacrime scendevano sulle sue guance e singhiozzava, e il dolore, così dolce, defluiva via da lui, il dolore che aveva subito, la cattiveria a cui lo avevano costretto… e ora c’erano altri che soffrivano, dove era caduto il guscio, sicuramente dei bambini piangevano.

Il potere poteva aspettare, i bambini soffrivano… tornò dentro e controllò le due donne. Ahsoka sembrava dormire più tranquilla, e si occupò della ferita del clone. La pulì, la disinfettò. Sarebbe rimasta una piccola cicatrice, non avrebbe rovinato il suo bel viso. Lei aprì gli occhi e gli sorrise per un attimo, tranquilla. Si riaddormentò vedendolo lì che vegliava su di lei. Andò a nascondersi nella cabina di pilotaggio, piangendo per sua madre, suo fratello, per Obi Wan che lo aveva fatto morire in pace, per Satine che aveva ucciso senza ragione, per quel bambino di Dathomir che lui era stato una volta e del quale, ormai, non ricordava nemmeno il nome, e, mentre piangeva, si addormentò per la prima volta nella sua nuova vita dormendo un sonno senza incubi come non gli era più accaduto da quando era stato portato via alla madre.


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