lunedì 3 settembre 2012

Capitolo 52, Derry.

LII

Derry dormiva nel caldo soffocante e umido di una notte di metà luglio, non del tutto ignara di quello che stava succedendo sotto di lei.
Erano in pochi a non dormire, anche se in realtà tutti quelli che dormivano stavano sognando di mostri, rese dei conti, assalti al castello e catastrofi. Quasi tutti quelli che si ricordavano dell’85 sognarono il disastro che si portò via mezza città, rivoltandosi nel letto e gemendo di terrore come se le acque dell’inondazione fossero state alle loro spalle pronte a inghiottirli.
Non dormiva il capo Gardener. Dopo aver dato l’ordine di catturare Hanlon, il suo caro Stan, senza dubbio il miglior agente della città, quella cosa che gli era sembrata Carole Danner era scomparsa. Il pover’uomo aveva girato per casa senza meta, tentando di capire quanto di quello che era appena successo fosse un sogno, incapace di accettare la presenza di un fantasma, per nulla incorporeo però, in casa sua, così come gli riusciva ancora più difficile comprendere come avesse potuto dare quell’ordine.
Sapeva che Stan era innocente, cazzo, ne era sicuro, però aveva preso il telefono e aveva dato l’ordine di arrestarlo. Un ordine che era stato espresso in modo da essere compreso in tutt’altro modo. Sapeva che i suoi uomini lo avevano recepito come un ordine di sparare a vista e non aveva il minimo dubbio che questa idea fosse stata accolta molto facilmente da loro.
Chissà perché a Derry l’ordine di accoppare qualcuno, soprattutto se innocente, veniva sempre eseguito molto celermente.
E ora il capo Gardener era lì, solo in casa sua, ad aspettare che qualcuno gli telefonasse per avvertirlo della morte di Stan Hanlon, e la voce di quel poliziotto non sarebbe stata triste, no, sarebbe stata piena di gioia, e sottinteso per tutti loro sarebbe stato il messaggio vero. Derry è salva gli avrebbe voluto dire il poliziotto, perché era Derry a essere in pericolo.
Il capo Gardener era un uomo buono, però, troppo buono per accettare quello che aveva fatto per la sua città, e così, quando i Perdenti stavano superando la porticina della tana di It, quella su cui il disegno dalla forma cangiante era tornato a campeggiare dopo ventisette anni, il suo corpo aveva già cominciato a raffreddarsi appeso alla trave del soffitto nel sottotetto.
Non si era agitato troppo quando aveva scalciato via la sedia e il cappio gli si era stretto al collo, solo per un paio di minuti, non di più. Poi, sibilando un – Scusami Stan. – che nessuno avrebbe mai sentito aveva perso i sensi piombando in un’incoscienza priva di sogni e pensieri e da quella era passato silenziosamente alla morte.
Se qualcuno fosse entrato in quel momento in casa sua, l’unico rumore che avrebbe potuto sentire sarebbe stato quello della sua urina che gocciolava giù dalla gamba destra in una pozza sotto di lui. Ma nessuno entrò e nessuno lo sentì.
Neanche Ringo McLennon stava dormendo mentre i sei entravano nella tana di It, aveva sognato, come tutti le notti da quando era morto, suo fratello George che aleggiava davanti alla sua finestra guardandolo con una fissità idiota e crudele, da rettile. In quei sogni George era pallido come il gesso e i suoi capelli erano impiastricciati di sangue e cacca. Lo guardava e poi, alzando una manina bianca, muoveva avanti e indietro l’indice per invitarlo fuori.
E così Richard detto Ringo se ne stava immobile nel suo letto, fradicio di un sudore gelato, con un urlo bloccato in gola che sapeva di non potere fare. E fu allora, proprio mentre i sei Perdenti vedevano It e ricordavano tutto, ma proprio tutto del loro passato implorando Dio di farli schiattare sul momento per non dover convivere con quel terrore, che Ringo si accorse del totale silenzio che lo avviluppava da ogni parte. Derry era immobile, persino le cicale e i grilli tacevano, in attesa e in ascolto, aspettando di sapere che avrebbe vinto.
E non dormiva neanche la piccola Alice, nella sua veranda, perché aveva sognato quel suo amico del paese delle meraviglie, quel ragazzino biondo che l’aveva salvata, Eddie. Nel sogno Eddie le aveva detto di alzarsi e di andare via, verso nord, verso il Canada, amava quel nome, sembrava da paese di fiabe. Nel sogno Eddie era nei Barrens con la tartaruga dell’altra volta, solo che l’animale era molto più grande, come quelle che aveva visto in tivù, nelle isole Galapagos, aveva voluto imparare a memoria quel nome perché era troppo bello. E poi erano arrivati anche degli altri, un uomo, una donna e dei vecchi. Eddie era stato felice di vederli, poi l’aveva guardata e le aveva detto di alzarsi e di andarsene.
E Alice lo aveva fatto. Con la sua camicina da notte, ai piedi due ciabattine infradito di gomma, era uscita dalla veranda e aveva cominciato a camminare. Intorno a lei Derry taceva assorta nei suoi pensieri.
E non dormiva Andy Gaunt. Aveva lasciato il posto di blocco senza dire niente, era tornato a casa, aveva svegliato i suoi genitori e sua sorella Sarah e, senza accettare proteste e rimostranze, li aveva fatti vestire e salire in macchina. Si era messo alla guida della loro station wagon ed era partito verso nord passando per strade deserte in cui non si sentivano grilli e cicale, e nemmeno il rumore del vento.
C’era qualcosa di sbagliato in quella città, pensava Andy, qualcosa di così marcio che poteva farti marcire solo a toccarti. Una città in cui si linciano due uomini, dove un bravo agente deve essere salvato dai suoi compagni pronti a farlo secco a fucilate, dove una bambina può vedere il mostro di Alien ed essere creduta, quella è una città sbagliata di brutto. E fu poco dopo i confini della città che Andy vide una bimba piccola piccola che camminava tranquilla sulla strada in direzione nord.
- Ciao piccola! – le disse fermandosi vicino a lei e aprendo la portiera.
- Ciao! – disse lei.
- Dove vai, piccola? – le chiese stupendosi della sua calma.
- Lascio la città. Me lo ha detto Eddie. –
- E a me lo ha detto Stan. – disse Andy sorridendo.
- Sono amici, sai? Cioè, lo saranno quando si incontreranno tra poco. – disse lei con un grande sorriso.
Andy non rimase stupito dalla follia di quello che la piccola gli aveva detto. Quelle parole astruse gli sembravano incredibilmente più logiche di tutta la sua vita a Derry. – Vuoi un passaggio piccola, andiamo anche noi a nord. –
Alice sorrise, salì a bordo e si sedette accanto a Sarah che si era riaddormentata, così come i genitori di Andy.
L’auto ripartì e si allontanò verso nord uscendo per sempre da Derry. Eddie e Stan avrebbero senza dubbio approvato.

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