lunedì 10 settembre 2012

Capitolo 57, ultimo interludio.

LVII

Ultimo interludio

Sono seduto a un tavolo su una delle terrazze più belle che si possano immaginare. Un bicchiere di vino bianco è alla mia destra e il New York Times è posato sul tavolo di fronte a me mentre scrivo per l’ultima volta su questo quaderno.
La prima pagina del quotidiano è formata solo da tre elementi, oltre alla testata. Una scritta a caratteri cubitali, grande come non l’ho mai vista su un giornale. È una sola parola, una parola italiana che tutti conoscono grazie a Dante Alighieri. INFERNO c’è scritto, e basta.
Al di sotto c’è una foto, che occupa più della metà della pagina. Sembra la luna, pietre e sabbia in un cratere i cui bordi si perdono all’orizzonte. Un sole malato splende sullo sfondo. Potrebbe sembrare una delle foto del robot atterrato su Marte, lo sembra per davvero, ma vicino all’obiettivo, assolutamente inaspettata, risalta una cosa che sulla luna o su Marte non c’è. Un cartello stradale, con su scritto Strada interstatale 95. E sotto, su due righe: Bangor 6 miglia e Derry 20 miglia. Il cartello è quasi sul bordo, viene da pensare che solo a guardarlo possa cadere giù.
Ecco cosa rimane della mia città, e delle città vicine nel raggio di venticinque o trenta miglia, un buco.
E in fondo alla pagina, sotto alla foto, oltre ai rimandi ai vari articoli, una riga che dice: Si stimano oltre duecentomila morti.
Duecentomila e uno, e quell’uno è It.
E io me ne sto qui, col mio bicchiere di vino bianco e col quaderno di mio padre, e io e il quaderno siamo tra i pochi rimasugli di Derry, insieme a Rachel e ai miei anziani amici.
Duecentomila morti. Per ora, perché secondo i climatologi la nube di detriti sorta da Derry, la nube di detriti che è Derry, oscurerà il cielo per un paio di anni, abbassando le temperature di uno o due gradi in tutto il mondo. Che adesso, sotto a questo sole può sembrare nulla, ma porterà a carestie e inondazioni qua e là per questo pianetino lanciato nel cielo.
Duecentomila morti. E It. Ho tentato di contare le persone uccise da It da quando abbiamo nozione della sua esistenza. Mi sono tenuto largo, approssimavo per eccesso appena potevo. E poi, quando ho finito il conto, ho moltiplicato per quattro pensando che gli indiani abitavano vicino a It da millenni, Micmac e altri. Cinquemila. Mi è venuto questo numero. Duecentomila a cinquemila. Come la squadra delle medie che gioca a basket contro il dreamteam di Johnson e Jordan.
Io e i miei amici siamo scesi laggiù per eliminare It, e evviva! ce la abbiamo fatta. It è morto, It non ucciderà mai più persone a Derry, nessun bambino verrà più ucciso a Derry. Non ci sono più bambini a Derry, le loro ceneri volano nel cielo sopra di noi e si poseranno solo a due anni da oggi.
Anche tu volerai, tutti volano! E bravo Pennywise, c’avevi preso, volano proprio tutti.
E mentre guardo e riguardo senza posa la foto di quel cartello stradale, un cartello che io ho passato centinaia di volte, penso che quello che abbiamo fatto deve avere un significato. Cioè, capite, sono cinquantaquattro anni che ci battiamo contro quell’essere, un essere che uccide e divora bambini, un essere che strappò il braccio al piccolo George Dembrough. Lo so che andava ucciso, e so anche che quando in una gamba hai un tumore osseo, la gamba va amputata.
Ma duecentomila morti sono duecentomila morti, e non ci puoi passare sopra.
L’altra sera Richie, davanti alla tivù che riportava le notizie del disastro, che a proposito, non si sa ancora se ascrivere a una caldera vulcanica, mai notata prima, a un asteroide, non segnalato dai radar, o a una singolarità quantistica mai registrata o anche solo immaginata da nessun fisico al mondo, mi ricordava che It ventisette anni fa si stava riproducendo. Sarebbero stati centinaia, non solo un mostro mangiatore di bambini, ma centinaia di It in tutto il mondo.
Gli ho detto che lo so. Lo so. Ma sono comunque duecentomila morti. La mia città non c’è più, ora è un buco.
E così adesso sto scrivendo per l’ultima volta sul quaderno di mio padre, come Frodo sul libro di Bilbo. Mordor è sconfitta, Sauron è morto. Ma Derry non era Mordor, cazzo no! Derry era anche buona, né più né meno di ogni altra città del mondo. Derry non era solo quella città dove un poveraccio viene linciato e buttato giù nel fiume solo perché finocchio. Derry non era solo quel buco dove un poliziotto viene quasi fatto a pezzi perché ha in custodia un assassino pedofilo. Derry non era solo la città in cui mio nonno fu quasi ridotto in cenere da dei razzisti vestiti di lenzuola bianche.
Derry è la città in cui sono cresciuto, la città in cui sono stato un bambino felice, Derry era anche tutti i miei amici che ora volano nel vento.
Derry aveva del buono in sé, molto più del male che aveva sotto di sé.
E quindi, perché abbiamo combattuto?
Abbiamo combattuto per il bene, oppure lo abbiamo fatto per il male?
Era il Male It, e la Tartaruga era il Bene, oppure abbiamo solo preso un’enorme cantonata?
Oppure non esistono il Bene e il Male, e noi non abbiamo affatto combattuto, ma siamo solo stati mossi come marionette senza avere alcuna possibilità di scelta?
Comunque, dovendo trovare una fine a questa storia, la sto scrivendo e in qualche modo dovrò pure finirla, no?, posso dirvi una cosa.
Qualche giorno fa, a Los Angeles, parlando con Bill Dembrough, gli ho chiesto cosa sia il romanzesco, perché scrivesse insomma.
Mi ha risposto che il romanzesco è la verità dietro alla bugia. Bello.
E allora gli ho chiesto quale sarebbe stata la verità nella nostra storia, se fosse stata un romanzo. E lui, vecchio matto, mi ha detto che sarebbe stata questa: - La magia esiste. – mi ha detto.
E bravo Bill, le cui ceneri ricadranno anche sulle vigne che producono questo ottimo vino. La magia esiste. No, caro Bill, esisteva. L’ultima magia di questo mondo c’è stata quando siamo arrivati qui guidati da Ben, e forse subito dopo, quando abbiamo assistito a quello che in un libro che raccontasse la nostra storia sarebbe stato un parziale lieto fine.
Se siamo stati marionette mossi da altri, Altri con la maiuscola che hanno fatto diventare amici i Perdenti tanti anni fa e che hanno fatto incontrare e innamorare me e Rachel adesso, be’, quegli Altri non ci sono più.
Siamo liberi adesso, le nostre vite continueranno dopo questo disastro, e forse riusciremo a superarlo senza impazzire e rinchiuderci in noi stessi come Audra Phillips, ma dipenderà da noi.
Quello che ci succederà da oggi in poi, sarà un’altra storia.
E se proprio volete un lieto fine, accontentatevi di quello che è successo al nostro arrivo qui. L’ultima magia di Derry.

Nessun commento:

Posta un commento