lunedì 26 gennaio 2015

I Cinghiali di Marit. VIII.

VIII

Indossarono i sai dei sacerdoti che Leka aveva ucciso e scoprirono che nessuno si era accorto della loro azione; le urla delle persone o presunte tali che avevano ucciso erano state prese per le urla dei ragazzi obbligati a bere quel liquido mutante e nessuno era andato a controllare.
Oltrepassarono altre porte e si trovarono oltre le cinta di mura interne, scoprendo che i Cinghiali di Marit erano molti più di quelli che avevano stimato dalla collina dove avevano sepolto Naril, erano divisi per squadre o tribù ed erano acquartierati in caravanserragli appoggiati alle mura. Qua e là c’erano feste in cui si cucinavano su spiedi i pezzi delle persone che avevano ucciso nei loro villaggi, ed ecco perché tutti i corpi erano smembrati tra le macerie e poi si procedeva a duelli ad eliminazione diretta tra i vari cinghiali che prevedevano il duello con la spada, a mani nude e sotto forma di cinghiale. Il vincitore passava al turno successivo, il perdente, se vivo, tornava mogio tra i ranghi.
Guardarono per un po’, tenendosi al riparo di muri o tettoie cariche di neve questi edificanti spettacoli fino a che non ne poterono più di tutto quel sangue. Seguirono il corteo dei vincitori che, acclamato dagli astanti lungo una specie di via trionfale che si avvitava verso l’interno e verso l’alto guidato da alcuni sacerdoti. Cominciarono a salire e un paio di volte si rincantucciarono in delle rientranze delle mura portanti della torre per non dare troppo nell’occhio non sapendo bene cosa avrebbero dovuto fare in quanto sacerdoti del culto del luogo. Leka ne approfittò per nutrirsi un altro paio di volte, la ferita infertale dentro il cortile là in basso l’aveva un po’ indebolita, e così quando arrivarono a una prima piattaforma la giovane fantasma era più forte che mai. Non che Okaka pensasse che avrebbero potuto uscire vivi, va beh, lui vivo, lei no, da quella situazione, ma più erano forti e più danno avrebbero potuto fare.
Sulla piattaforma che si trovava a circa trecento piedi da terra i vincitori dei duelli furono spinti di nuovo a combattere, solo mani nude e zanne questa volta, e i vincitori di nuovo tra loro, fino ad arrivare ad un unico sopravvissuto, un ragazzone che continuava a oscillare tra la forma umana e quella suina senza potere più controllare la trasformazione. A dire il vero non era mai completamente né una cosa né l’altra, era un ibrido delle due. I sacerdoti inneggiarono al loro dio, Shaggar-San se Okaka aveva capito bene le loro grida, inneggiarono al vincitore e poi lo accompagnarono fino alla piattaforma successiva, posta a circa centotrenta piedi più in alto, dove si alzava imponente e minaccioso un tempio contornato da colonne. Lì il vincitore, colmo dell’energia di tutte le persone che tutti i Cinghiali di Marit da lui sconfitti avevano ucciso, avrebbe incontrato il dio per diventare la sua incarnazione. Il ragazzo-cinghiale sembrò tremare sotto al peso di questa rivelazione, ma il gigante nubiano credette di leggere un qualcosa di nascosto tra le parole altisonanti pronunciate dai sacerdoti.
Seguirono il corteo che era ripartito e si infilarono tra la selva di colonne grandi come alberi millenari che contornavano la smisurata cella del tempio. Il nubiano prese per un braccio la ragazza e le sussurrò all’orecchio: - Stai attenta e non reagire a quanto vedrai, per quanto orrendo possa essere. –
- Non sono una bambina, sono uno spettro carico di furia vendicativa. – gli rispose facendo lampeggiare i suoi occhi di una orribile luce scarlatta.
- Credimi, Leka, quello che vedremo là dentro, se il mio presentimento è giusto, va oltre tutto quello che potresti immaginare. Là dentro c’è il Male. –
- E allora andiamo a vederlo. E a ucciderlo. – disse lei e raggiunse a passo veloce i sacerdoti che stavano entrando attraverso il portone di legno di sequoia che era stato aperto da venti di loro. Okaka la seguì e, appena i suoi occhi si abituarono alla penombra illuminata dai bracieri, si trovò costretto a trattenere un urlo di terrore mentre pensava di morire. Leka si raggomitolò contro il suo petto piangendo per l’orrore e, per fortuna, nessuno notò la loro reazione. Tutti erano occupati a guardare il rito dell’incarnazione, o il rito che al malcapitato vincitore era stato così presentato.

Nessun commento:

Posta un commento