mercoledì 24 giugno 2015

Berserker. 17

Nuovo capitolo, buona lettura!

Il colonnello Warner lo aveva fatto entrare dopo tre quarti d’ora di anticamera, due giorni dopo la richiesta di un incontro, e ora, dopo averlo fatto sedere davanti a lui, invece che parlargli si beveva un tè. Sorbiva piccolissimi sorsi di tè da quella grande tazza decorata da una svastica, non aveva idea che esistessero oggetti simili, si chiedeva se esistesse anche la carta igienica così decorata, e dopo aver bevuto il sorsetto borbottava dei versi di soddisfazione intramezzati a dei “Sì-sì-sì” davvero ridicoli.
Comunque rimase lì, seduto a guardarlo bere il suo buonissimo tè, deciso a non fargli il piacere di mostrare quanto era incazzato. Sarebbe stato divertente per quel porco di SS che lui si mettesse a urlare, no? E invece lui avrebbe aspettato lì, calmo e tranquillo, fin a che il bastardo si fosse degnato di ascoltare quello che gli doveva dire.
Il colonnello Warner si asciugò la boccuccia col tovagliolo, raccolse con cura le briciole dei biscotti e le versò nella tazza, si stiracchiò in maniera educata, sbadigliò coprendosi la bocca con la mano e poi, con molta calma, gli chiese: - Capitano, aveva chiesto di parlare con me? –
- Sì, colonnello. Le vorrei parlare di quello che è accaduto due giorni fa … - e qui fu interrotto dal colonnello che gli disse: - Scusi capitano, ma le devo dire subito che potrò concederle solo pochi minuti, perché stanotte ci dovrebbe essere una svolta nel nostro progetto Berserkir. –
E se aveva poco tempo doveva perderlo bevendo il tè? Ma che fosse maledetto, lui e i suoi guerrieri mitologici del cazzo! – Colonnello, quell’italiano che ci hanno affiancato … è un assassino. Ha ucciso un povero vecchio con le sue mani, lo ha torturato! E ora il corpo di quel vecchio è lì a marcire al vento e al sole senza che nessuno possa seppellirlo, pena la morte. – quasi sputò fuori queste parole che lo stavano soffocando.
Il colonnello lo guardò intrecciando le dita sul ventre, sorrise appena e disse: - Lo so, capitano. Naturalmente lo sapevo già. – si alzò e si spostò davanti alla finestra, era buio, ma da dietro al monte il cielo già si schiariva per la luna piena, di nuovo la maledetta luna piena. – Da quel che mi risulta quel vecchio, come lo chiama lei, aveva offeso il nostro Fuhrer e se ne vantava in giro per il paese.
- Era un povero vecchio innocuo che non faceva male a nessuno. – disse lui.
- Aveva chiamato Adolf il suo mulo perché così era più divertente prenderlo a legnate. Sono state all’incirca queste le sue parole, no? –
- Quello che quell’italiano e alcuni suoi uomini hanno commesso è stato un omicidio! Hanno ammazzato un uomo inerme! –
- Capitano, lei in questa guerra non ha ucciso nessuno? –
- Ho ucciso dei nemici, dei soldati con le armi in pugno, dei banditi – doveva chiamarli banditi davanti a lui – che volevano uccidere i miei soldati. –
- E quel vecchio non era forse un bandito che stava offendendo quanto di più sacro e importante ci sia nella nostra amata Patria? –
Certamente no, sacro quel nanerottolo austriaco? – Era un vecchio in un paese occupato da stranieri, colonnello. Era solo un vecchio che parlava troppo. –
- Era un vecchio che meritava la morte. – disse il colonnello in tono lapidario. Poi disse: - Ha altro da chiedermi, capitano? Dovrei andare ora. –
Lo doveva dire o no? Sì, doveva. – Quell’omicidio avrà delle conseguenze. Quei banditi che si sono nascosti sul monte reagiranno e ci attaccheranno, e qualcuno dei nostri sarà ferito o morirà. Se ne rende conto, colonnello? –
- Siamo in guerra, capitano, non a un pranzo di gala! – rise a questa sua battuta, odiava chi rideva delle proprie battute. – E poi lo spero bene, i suoi soldati si stanno inflaccidendo con questa vita borghese, e non so cosa stia aspettando per andare a stanare quei maledetti banditi. Aspetta forse il disgelo? Lo sa che siamo ancora in autunno, capitano? –
Sorrise mentre immaginava di freddarlo sul posto con una pistolettata in fronte, sarebbe caduto sul suo bel tappeto sotto alla sua fiammante svastica appesa al muro. – Lo so benissimo, colonnello. Solo che non mi sembrava il caso di mettere in pericolo i miei soldati per cercare un branco di ragazzini armati di fucili da caccia che probabilmente non sanno nemmeno usare. Non sono abituato ad ammazzare ragazzini, quando non è strettamente necessario. –
- E allora in guerra cosa fa, di solito? Ricama all’uncinetto? –
- Colonnello, io sono un capitano della Wermacht! Io pretendo rispetto! – disse scattando in piedi ed alzando un po’ la voce, non tanto da gridare, ma abbastanza da far sentire da chi fosse stato nell’anticamera ad origliare.
Il colonnello lo guardò con disprezzo e disse con voce sibilante: - Veda di pretendere cose che merita, vigliacco. – e forse lì ci sarebbe scappato il morto, ma sentirono uno sparo dall’esterno, un fucile da caccia al cinghiale, dal suono. Lui corse fuori dimenticandosi, per il momento, dell’epiteto offensivo che gli era stato affibbiato, ma il colonnello non lo seguì fuori. Chiamò al telefono qualcuno e disse: - Sono arrivati, dottore, ne approfitti per l’esperimento con l’esemplare 1. –

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