martedì 20 ottobre 2009

Evoluzione I,5.

E siamo così arrivati al quinto capitolo. Voi, miei cari, inesistenti, lettori, come trovate il sudato parto della mia mente? Orrido? Patetico? Squallido? O qualcuno di voi lo triva leggibile? Boh! Mi sa tanto che sto parlando da solo.
Comunque, eccovi il capitolo di oggi:

V

Gli attentati aerei avvenuti negli ultimi undici anni avevano reso le operazioni di imbarco di una lentezza e di una difficoltà kafkiane, ma quando i controllori si trovavano di fronte ad un mediorientale come lui, nelle sue condizioni, si precipitava allora nella commedia dell’assurdo.
- Allora signor Al Karoun, ci spieghi di nuovo il motivo del suo viaggio. – disse con fare sgarbato il poliziotto italiano che lo aveva fermato e portato in un piccolo ufficio sporco e buio.
“ E dire per piacere no?” pensò Suleiman, poi disse: - Sono un ricercatore specializzato in primati del nuovo mondo e sto andando in Brasile per un periodo di studio nell’oasi di ricerca del fiume Japurà, dove mi tratterrò per almeno un anno per studiare i cebi cappuccini.-
- Che sarebbero? –
- Sono delle scimmie platirrine tipiche della foresta pluviale del Sudamerica, ormai in via d’estinzione. L’oasi sul fiume Japurà è uno degli ultimi luoghi al mondo dove si possono osservare allo stato libero.
- Come mai un arabo si interessa al Sudamerica? – chiese un altro poliziotto che aveva un unico sopracciglio che andava da un lato all’altro della fronte. – Non ne avete scimmie in Africa? –
- E come mai uno con la faccia da contadino del Medioevo fa il poliziotto? – scappò di bocca a Suleiman. – È quello che ho studiato, è il mio campo. E poi io sono palestinese e non ne abbiamo di scimmie lì. –
- E la gamba come l’ha persa? –chiese allora il primo poliziotto.
- È stata una bomba israeliana, hanno colpito il mio palazzo e la mia gamba è rimasta lì sotto con tutta la mia famiglia. –
- Ci parli di suo fratello. – disse allora l’altro.
- Chi? –
- Suo fratello Daoud. Non lo ricorda più? –
- Daoud era il mio gemello ed è morto due anni fa nel bombardamento del mio palazzo. Certo che lo ricordo.- li guardò con odio – Perché mi chiedete di lui? –
- Lui non era un biologo, no? –
- No. –
- Non era un fisico? – chiese il primo poliziotto.
- Un fisico nucleare? – aggiunse l’altro.
- Sì, e allora? –
- Be’, stiamo parlando di un fisico nucleare, uno che ha a che fare con le bombe. –
Scattò in piedi battendo i pugni sul tavolo. – L’unica volta che mio fratello ha avuto a che fare con le bombe è stato quando gli Ebrei lo hanno ammazzato! Lui era un fisico teorico e studiava la teoria delle stringhe! –
- Si calmi signor al Karoun. – disse il monosopracciglio, - Si tratta di domande che dobbiamo fare. Cosa ha detto che studiava suo fratello Daoud? –
- La teoria delle stringhe. È una teoria che dovrebbe spiegare l’origine dell’universo coniugando la teoria della relatività e la fisica quantistica. – e vide i volti dei due poliziotti trasformarsi in dei punti interrogativi viventi. –
- Va bene, va bene, signor al Karoun. – gli rese il passaporto e poi aggiunse: - Daoud era suo fratello gemello? –
- Sì. –
- Lei odia chi lo ha ucciso? –
Suleiman sorrise e disse: - Perché non posso? –
- Purtroppo in questo mondo di merda siamo costretti a sospettare di chi è nella sua situazione. – e gli porse la mano.
Suleimani gliela strinse sorridendo, ma l’altro disse: - Dovremmo perquisire la sua gamba.-
- Cosa? – urlò quasi.
- Dovremmo controllare l’interno della sua protesi. – disse guardandolo negli occhi.
Suleiman poggiò la scarpa sulla sedia, tirò su la gamba del pantalone mettendo in mostra un polpaccio di plastica bianca lucida e disse: - Ma lo sapete quanto ci vuole a rimettersela e a collegarla di nuovo all’impianto neurale? –
- Va bene così, signor al Karoun. – disse allora il primo poliziotto – Non c’è bisogno che la tolga. Tanto ci troveremmo solo circuiti e motori. – aprì la porta e disse: - Buon viaggio signor al Karoun, e ci saluti le scimmie. –
L’altro poliziotto non era assolutamente d’accordo, ma quello “buono” gli fece cenno di stare zitto e diede di nuovo la mano a Suleiman.
- Grazie, agente. – rispose e andò ad imbarcarsi tirando un sospiro di sollievo.
Il primo poliziotto lo guardò allontanarsi e chiuse la porta.
- Fatto! – disse il monosopracciglio – Dici che c’è cascato? –
- Direi di sì. – disse il primo – Quel bastardo è assolutamente convinto di averci fatto fessi. Se non gli avessimo chiesto del fratello si sarebbe insospettito. –
- Sì, ma se penso a quello che vuole fare e noi lo lasciamo andare così. –
- È solo così che potremo prenderli tutti. E poi stai tranquillo, il nostro buon Daoud tra un mesetto rimpiangerà amaramente di non essere stato fermato all’aeroporto. –

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