domenica 25 ottobre 2009

Evoluzione I,8.

Anche ieri ho saltato l'appuntamento, vi chiedo scusa ma ho avuto altro da fare.
Vi è piaciuto il capitolo 7? Volete leggere anche l'8? Sto forse parlando da solo? Purtroppo temo proprio di sì.
Comunque, miei cari lettori, eccovi il capitolo 8:

VIII

Anche se sei mesi prima Elena Risso aveva perso il suo ottimo impiego in comune perché all’ennesimo “taglio di spese straordinario per riempire il buco di bilancio lasciato dal precedente governo”, i suoi superiori avevano dovuto sostituire la metà degli impiegati con droidi, non era disoccupata perché aveva trovato lavoro nella piccola azienda di autotrasporti di due suoi vicini che erano troppo vecchi per prendere in considerazione qualcosa di così moderno come i robot, o anche le ferie pagate, lo straordinario retribuito e la fine della schiavitù.
Come quasi tutti i giorni era uscita dal lavoro con un quarto d’ora di ritardo e arrivò così a casa che Marina già l’aspettava dal portone.
- Ciao Mari, scusa per il ritardo ma quei due pazzi dei Rossetti…-
- Lo so, lo so. – disse Marina e risero.
Salirono le scale che erano state appena ridipinte e puzzavano ancora di vernice e, quando entrarono in casa, Elena disse: - Come mai sei così allegra? –
Marina sorrise e le disse: - Non dovrei dirtelo perché c’entra un po’ col lavoro di Enrico, ma ce l’abbiamo finalmente fatta. –
Le due donne erano amiche fin dai tempi delle medie ed erano talmente in confidenza che Marina non dovette specificare altro; Elena sapeva benissimo quale problema vi fosse tra lei e il marito da quando i dottori dell’ospedale l’avevano rimessa in piedi con quell’impianto alla base del cranio.
- Davvero cara? – le disse stringendole la mano – E come avete fatto? –
- È un segreto. – rispose – ma ti posso dire che non mi sono mai sentita così bene da quando eravamo fidanzati ed andavamo in gita in tenda d’estate e facevamo l’amore sui prati con le pecore intorno a belare. – e rise come una ragazzina.
- Sono troppo felice per te! – disse Elena, poi si alzò e aggiunse: - cambiamo discorso se no te lo chiedo ancora tante volte come avete fatto che ti trapano le orecchie. – e andò nella stanza vicina.
- Dove vai? – le chiese Marina.
- Torno subito. – disse la voce da dietro al muro in mezzo a rumori di cianfrusaglie buttate in uno scatolone – E avrò bisogno del tuo aiuto. – e arrivò posando sul tavolo una scatola che conteneva i pezzi di un droide rotto.
- E questo che cos’è? Vai in giro per sfasciacarrozze? – chiese Marina guardando i poveri resti di un robot che sembrava essere stato usato come bersaglio da una banda di pistoleri.
- Questo è AM2738, il droide a cui io e tutti gli altri ostaggi della rapina in banca dobbiamo la vita. Senza i suoi occhi quelli dei corpi speciali non sarebbero potuti interve-nire. – e dicendo questo accarezzava la mano immobile del robot. – E mentre ci salvava, questo ammasso di rottami ha anche trovato il tempo per farmi coraggio. –
- E temo che sia anche l’ultima cosa che ha fatto, - disse prendendo la testa che era divisa in due pezzi uniti da pochi lembi di plastica – non ho mai visto uno scempio simile. –
- Si può riparare? – chiese Elena – Ho comprato questi pezzi dal padrone che li voleva buttare via. –
Marina esaminò la testa cercando di capire quali pezzi si fossero salvati, poi esaminò il corpo che era spezzato all’altezza della vita e a cui si erano staccati una gamba e mezzo braccio destro. – Penso che avesse ragione lui, è danneggiato molto gravemente. –
- Ma tu sei una maga con computer e diavolerie simili, lo eri da ragazzina e poi ti sei laureata proprio in quegli argomenti. Si può ripararlo o no? –
- Costerà quasi come comprarne uno nuovo e non penso che funzionerà come prima. –
- Avrà ancora i suoi ricordi? – le chiese quasi sul punto di piangere.
- Be’, sì, direi che gli hard disk sono intatti, la memoria dovremmo salvarla. –
- Mi aiuterai? –
Marina sorrise e disse: - Hai forse dei dubbi? –
- E allora cominciamo, dimmi che pezzi servono. –
Marina posò sul tavolo la testa del droide e disse: - Usciamo subito e andiamo dal mio amico Walter, che li compra per rivendere i pezzi usati, che faccio prima a dire quelli che non ci servono. – E uscirono spingendosi come due bambine stupide, ricordando i vecchi tempi.
- Prima hai parlato di quando da ragazza andavi in campeggio con Enrico e ruzzolavate allegri nei prati, ma ti ricordi della volta che siamo venuti anche io e Andrea? – chiese ridendo Elena.
- E come scordarselo? – disse trattenendo una risata Marina, - Non è la volta che siamo andate da sole per funghi e che ci siamo perse? –
- Che idiote! – disse Elena – Mio Dio che figura di merda. Abbiamo girato da sole nel bosco per almeno tre ore. –
- Io direi anche quattro, non ne potevo più. –
- E ti ricordi quando dovevamo fare pipì e tu non l’hai voluta fare tra i cespugli perché avevi paura delle vipere? –
Marina rise tenendosi la pancia, poi annuì con la faccia rossa e gli occhietti stretti stretti. – Questa proprio non la ricordavo più. Com’era, che tu l’hai fatta tra i cespugli e io ti ho detto che eri stupida, e così sono andata nel prato e ho detto che l’avrei fatta lì, no? –
- E poi quando ti sei abbassata i pantaloni ti ho sentito urlare.-
- Che schifo, non hai idea, mi sono accucciata e non me lo aspettavo, l’erba era lunga e mi si è infilata lì, ho fatto un salto…-
- Mi ricordo, troppo divertente. – disse ridendo Elena. Ridevano ancora quando entrarono nel negozio di ricambi usati per droidi.

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