venerdì 16 ottobre 2009

Ora vi faccio una proposta. Evoluzione I,1.

Alcuni anni fa, dopo aver parlato all'università col mio amico Matteo del nostro argomento preferito, cioè il fantasy nelle sue tre facce di fantasy vero e proprio, horror e fantascienza, ebbi l'idea di scrivere un romanzo sull'argomento.
Avevo appena letto il romanzo di Stephen King "L'ombra dello scorpione" e mi venne naturale cominciare a scrivere una storia organizzata nello stesso modo, cioè per brevi capitoli riguardanti ognuno un personaggio diverso che, nel prosieguo del racconto, avrebbero finito per incontrarsi e interagire gli uni con gli altri.
Scrissi di getto i primi capitoli, divertendomi come un pazzo mentre dalla mia mente malata fuoriusciva una storia lunga e arzigogolata che a ogni snodo prendeva una forma diversa da quella che avevo preventivato.
Giunto a un certo punto, però, fui preso dal blocco dello scrittore, ma in una forma perniciosa, quella del blocco dello scrittore impubblicabile, perchè mi ero reso conto che per ragioni di copyright non avrei mai potuto proporre questa storia a un ipotetico editore.
Interruppi perciò la mia creazione e lasciai i miei personaggi lì a marcire, senza che però essi uscissero mai del tutto dalla mia mente.
Dei 50 brevi capitoli preventivati ne ho scritto, se ricordo bene, 35. All'incirca so dove andrà a parare la storia, ma solo scrivendola saprò anch'io come finirà.
Ed ecco la mia proposta: Io comincerò a pubblicare sul blog quello che ho scritto, un capitolo al giorno.
Se qualcuno lo leggerà e vorrà sapere come finisce, lo prego di scrivermi una richiesta o un incitamento alla mia e-mail digiacomo.stefano@gmail.com o sulla mia pagina di Anobii che si trova sotto la stessa dicitura.
Se qualcuno mi chiederà di finirlo troverò nuovi stimoli a farlo e, finalmente, riuscirò a scoprire come finiranno quei personaggi che io stesso ho creato.
E ora, dopo avervi salutati, ecco il primo capitolo:

EVOLUZIONE.

CAPITOLO I

I

Se c’era una cosa che Elena Risso odiava, era stare in coda in banca. Passare delle mezz’ore in piedi dietro a degli sconosciuti in quegli ambienti squadrati e asettici la cui unica funzione era quella di fotterti i soldi le faceva venire sempre una punta di nausea.
In più da un anno circa la situazione era ancora peggiorata con quei cosi schifosi, i droidi, con quella loro andatura affettata da ballerino finocchio e quelle loro armature di plastica tipo soldati di Guerre stellari, che le davano sempre l’idea di essere state disegnate da un progettista pigro e stupido, di quelli fissati con la fantascienza più becera.
- Scusi signora.- disse con voce vellutata e priva di intonazione il droide che stava in coda davanti a lei e che aveva appena urtato facendo un passo avanti. Non gli rispose e incrociò le braccia, ma pensò che quando sei mesi prima era stata licenziata perché il suo lavoro di impiegata poteva essere fatto altrettanto bene, ma a un decimo del costo da un suo simile, quello schifoso ammasso di plastica non le aveva mica chiesto scusa.
- Tutti a terra! – urlò una voce alle sue spalle, e poi fu assordata da una serie di boati che capì essere una raffica di mitra solo alcuni istanti dopo. – Tutti a terra, stronzi! Chi tenta di fare il furbo lo mando a conoscere Dio in men che non si dica.- e sparò un’altra serie di colpi.
Elena si gettò a terra come tutti gli altri a parte il droide, che guardò l’uomo col passamontagna e gli disse con la sua voce sintetica: - Signore, penso che farebbe meglio a gettare quell’arma, prima di fare del male a qualcuno.-
Il tizio mascherato, che aveva due compagni che portavano anch’essi il passamontagna, gli rise in faccia e disse: - Ma senti te questo ammasso di ferraglia. Se non fosse per questi cosi di merda avrei un lavoro e non sarei qui! – e sparò più volte addosso all’automa che si spezzò all’altezza della vita e cadde in terra vicino a Elena.
Due rapinatori corsero alle casse per prendere i soldi, mentre il loro capo andava col direttore, che si era evidentemente pisciato addosso, a prendere i soldi in cassaforte.
- Stia tranquilla, signora. – disse a bassissima voce il droide a cui mancava mezza faccia portata via da una pallottola, - Tra pochi minuti sarà tutto finito.- E le fece una carezza sulla mano che tremava.
Pochi secondi dopo questa per lei inaspettata dimostrazione di umanità da parte del droide, Elena sentì delle urla degne di un decerebrato provenire dalla stanza in cui si erano infilati il direttore e il tizio col mitra.
- Ma le ho già detto che non ho io le chiavi! – disse con voce implorante il direttore – L’apertura è a tempo e io non posso farci niente. – e altre grida da idiota gli risposero, grida in cui lei afferrò solo le parole “...fuori da qui…”, al che il direttore uscì e fu falciato alla schiena da una decina di colpi che gli fecero uscire gli intestini sul davanti, mentre cadeva a terra in una pozza di sangue che da lui stesso nasceva.
Elena si coprì gli occhi con le braccia intrecciandole davanti alla fronte, mentre una guardia giurata ebbe la bella pensata di tirare fuori la pistola dalla fondina. La canna della pistola non era ancora uscita del tutto dal suo alloggiamento che uno degli altri due rapinatori si era già messo a prenderlo a calci e lo aveva poi freddato con un numero assolutamente folle di colpi.
- Noi volevamo solo i soldi! – disse il capo urlando verso gli ostaggi che non avevano neanche il coraggio di alzare gli occhi verso di lui, - Ma questi stronzi hanno provato in tutti i modi a romperci i coglioni! Cazzo, se la sono voluta, ma io non esco di qui senza i soldi, dovessi ammazzare tutti voi pezzi di merda! –
Fu allora che Elena vide accendersi il piccolo led sulla tempia del droide; avendo lavorato per un po’ col robot che l’aveva poi sostituita, sapeva che in quel momento era collegato alla rete. Il droide alzò la testa e guardò i tre rapinatori muovendo la sua testa ovale sul collo sottile, quando all’improvviso da dietro alle porte e ai muri di cartongesso esplosero dei colpi d’arma da fuoco che colpirono i delinquenti.
I due scagnozzi del capo furono colpiti alla testa, ma lui fu colpito solo a un braccio di striscio e, avendo capito che i poliziotti stavano vedendo attraverso l’occhio del droide, gli sparò alla testa facendola esplodere.
- E ora come mi vedrete? – urlò rivolto ai muri e prendendo in braccio una bambina di tre o quattro anni che urlava come un maiale sgozzato mentre la madre che tentava di trattenerla veniva presa a calci in faccia, - Senza quel rottame del cazzo come mi potrete colpire? –
- Ehi tu! – urlò qualcuno da dietro a una porta chiusa – Voglio entrare a parlarti, sono disarmato! –
- Col cazzo! – urlò il rapinatore, - Se provi a entrare ammazzo la mocciosa! –
- Se non ne esci parlando con me, credimi – disse la voce da fuori – è molto difficile che tu ne esca vivo. –
Il rapinatore non sapeva cosa fare, poi disse: - Entra pure, stronzo, ma se sei armato, dovrete lavare via il cervello della bambina dai muri di questa maledetta banca! –
- Entro adesso, ma tu stai calmo! – disse l’altro. La porta si aprì ed entrò un uomo ricoperto da un’armatura in kevlar, con le mani alzate e vuote, ma con un casco in testa su cui lampeggiava un led come sulla testa del droide.
- Cazzo! – urlò il rapinatore alzando il mitra verso il poliziotto disarmato, ma una fucilata lo colpì alla nuca da dietro a un muro prima che potesse far fuoco. Cadde a terra sopra la bambina, che fu innaffiata dal suo sangue, mentre la madre strisciava verso di lei per soccorrerla.
- Ottimo lavoro Beppe! – disse il poliziotto andando a tastare il collo dell’uomo a terra. – Colpito e affondato. –
- Be’ – disse un altro poliziotto entrando dalla porta – Dopotutto vedevo con i tuoi oc- chi. –
- Mi dispiace ragazzi! – disse un terzo uomo armato entrando – l’ho preso solo al braccio, ma la visione del droide non era precisa nel punto dove si trovava questo stronzo. –
- Non ti preoccupare Nicola – disse il primo poliziotto togliendosi il casco – C’è voluto solo un po’ più tempo. – ed uscirono senza neanche guardare gli ostaggi, che erano ancora seduti o coricati in terra, coperti di sangue e circondati dai cadaveri, mentre il droide smetteva di funzionare con la sua mano stretta in quella di Elena.

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