lunedì 26 ottobre 2009

Evoluzione I,9.

Eccovi il nuovo capitolo, vi piacerà come gli altri? Se volete farmelo sapere, il mio indirizzo è digiacomo.stefano@gmail.com.
E ora, leggete pure:

IX

Il vecchio dottore estrasse la siringa dal braccio del bambino che tentava eroicamente di non piangere per il dolore provocato dall’iniezione, ma quando il medico gli strofinò addosso il batuffolo di cotone zuppo di disinfettante, il bruciore fu più forte di lui e si aprirono le cateratte del cielo.
- Ma non ce l’ha un disinfettante che non bruci? – chiese accarezzando il faccino scuro del bimbo la bella donna bionda che gli aveva portato l’ennesima infornata di bambini da vaccinare. – Guardi che glielo posso portare io. –
- Voi giovani non sapete sopportare dei piccoli dolori che sono invece indispensabili per forgiare il nostro corpo e il nostro carattere. – disse in quell’incredibile portoghese pronunciato alla tedesca – Se io usassi uno di quegli inutili intrugli che non bruciano, questo bambino non sentirebbe un minuscolo bruciore che tra un minuto avrà già dimenticato, ma potrebbe prendere un’infezione che in questo clima caldo e umido potrebbe essere letale. –
“Vecchio nazista del cazzo!” pensò sorridendo la bella donna che non aveva la minima idea di essere andata così vicina alla realtà. – Se lo dice lei, dottor Teubner, però mi sembra un po’ un’esagerazione! –
- Quando avrà visto dei bambini col braccio in cancrena che vengono operati senza anestesia per salvargli la vita, allora mia giovane amica americana, capirà quello che le ho detto. – ed evitò di dirle, ma anche di ricordare a sé stesso, che quei bambini erano stati da lui feriti apposta per saggiarne la resistenza al dolore e all’infezione.
- Buona giornata allora, dottor Teubner, penso che tornerò la settimana prossima con altri bambini da vaccinare e un po’ di medicine fresche. – disse lei uscendo col bambino per mano e facendolo poi salire sulla jeep insieme agli altri sei.
Cantò una canzoncina coi bambini guidando con prudenza sulla strada di terra battuta devastata dalle piogge dei giorni precedenti, sbirciando ogni tanto i suoi occhi nello specchietto retrovisore per vedere quanto riusciva ad aggrottare la fronte. Sorrise vedendo delle piccole rughe formarsi sopra le sopracciglia, mentre i capelli corti erano ormai tornati di un bel biondo naturale, con appena una decina di capelli bianchi sulle tempie.
- Signora Lu Ann, - chiese il piccolo Ricardo – dove vivevi tu prima? –
- A Los Angeles piccolo. – rispose voltandosi un istante per guardarlo.
- E che lavoro facevi? –
- Facevo l’attrice in una soap opera, che si intitola “Le ore dell’amore”.
- Cos’è una soap opera? – chiese il bambino.
- È come le vostre telenovele, sai quelle che tua madre guarda al pomeriggio sul televisore del parroco? –
- Sì, a me fanno schifo! –
- Anche a me. – disse lei, poi cantò di nuovo l’attacco della canzoncina di prima e tutti i bambini si misero a cantare sturandole le orecchie.
Lu Ann Wilder era una donna di quarantadue anni nata in Oregon; era stata la tipica ragazza americana che amava fare shopping e ballare nel coro delle ragazze pon pon, fino a quando a diciotto anni aveva partecipato ad un concorso di bellezza che aveva vinto, essendo alta un metro e settantadue, avendo gli occhi azzurri e i capelli biondi e due tette davvero belle, anche se non molto grosse.
Uno dei premi del concorso era la possibilità di fare un provino per la soap opera “Le ore dell’amore”, e passato questo si era inaspettatamente trovata ad essere la piccola Madison Rockwell, la figlia della protagonista.
Inizialmente la sua parte era quella di una quattordicenne, anche se il personaggio che interpretava era nato solo quattro anni prima e l’attrice che aveva sostituito era una bambina di otto anni. In poco tempo, due anni o giù di lì, gli autori del programma avevano dato sempre più importanza al suo personaggio facendolo crescere molto in fretta e dandole molte storie d’amore.
A soli vent’anni Lu Ann aveva così recitato il primo parto di Madison, seguito due anni dopo dalla nascita delle piccole gemelline che l’avevano ormai resa nonna da nove anni.
A ventitre anni si era rotta una gamba scendendo le scale e subito gli autori avevano fatto rompere una gamba a Madison sciando in Colorado. Quando sette anni prima gli autori le avevano fatto capire che la sua faccia era sempre molto bella ma forse un po’ troppo matura per essere una mangiatrice di uomini, si era fatta un lifting durante un viaggio dell’indomabile Madison in Europa.
Aveva passato gli ultimo ventidue anni a vivere due vite in una, da una parte con la sua esistenza da travet della recitazione, obbligata ad andare ogni mattina agli studi a passare dieci ore in quei cubicoli male illuminati a dire battute orribili, senza la speranza di poter migliorare, perché sapeva benissimo di non essere un’attrice come Julianne Moore o Robin Wright che erano partite da soap opera simili per approdare poi al grande cinema.
Dall’altra parte aveva vissuto la vita di Madison, con i suoi undici matrimoni, i tre figli e i mille accadimenti assurdi che rendevano divertente la sua vita per gli spettatori.
Nella vita di Madison era già, ad una età ferma ormai da dieci anni a circa trentacinque anni, nonna di due nipoti di circa vent’anni, ma come Lu Ann aveva avuto un breve matrimonio con un tecnico del suono, finito senza la nascita di figli dopo appena un anno.
Tre mesi prima, durante un viaggio promozionale in Italia, fatto in occasione di un’inutile premiazione tipo serata degli oscar, aveva visto folle di casalinghe salutarla per strada chiamandola col nome di Madison e, quella notte, si era rigirata nel letto tentando di ricordare come si fosse rotta la gamba.
Non riuscì a ricordare se fosse stato scendendo le scale o sciando e si rese conto con orrore che non sapeva più bene chi fosse.
Di lì a un mese le era scaduto il contratto e semplicemente non lo aveva rinnovato, lasciando ad un’altra attrice, più giovane di lei, la parte di Madison Rockwell.
Svegliandosi nel suo letto la prima mattina della sua nuova vita, capì che doveva andare in un posto dove Madison non esisteva, in un luogo dove per tutti lei sarebbe stata Lu Ann Wilder, una donna di quarantadue anni che non aveva bisogno delle iniezioni di botulino che la produzione le aveva imposto il mese prima.
A scuola aveva studiato il portoghese, però in Portogallo la tivù trasmetteva “Le ore dell’amore”, quindi la scelta cadde sul Brasile. Decise di visitare l’Amazzonia e così per caso arrivò al piccolo ospedale di quel vecchissimo medico tedesco e lì si era fermata, facendo finalmente qualcosa solo come Lu Ann.

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