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lunedì 30 luglio 2012

Capitolo XVII, Interludio.

XVII

Interludio

Stamattina mi sono alzato per la prima volta da quando sono ricoverato qui e, zoppicando e sacramentando per i dolori che sento in ogni parte del mio corpo, sono andato in bagno a pisciare. È stata la prima grande scoperta della giornata. Tutto può precipitare intorno a te, le fondamenta stesse di quello che tu ritieni la realtà possono essere scosse, ma svuotare la vescica quando ti scappa, rende sempre tutto più roseo.
La seconda scoperta l’ho fatta quando sono tornato nella mia stanza. C’ero entrato la prima volta in barella e pieno di antidolorifici e poi l’avevo vista sempre dal letto. Oggi sono entrato dalla porta e mi sono reso conto che è la stessa stanza in cui mio padre è morto undici mesi fa.
Avendo scoperto quello che ho scoperto, su Derry e su tutti noi che ci abitiamo, non mi ha stupito poi tanto. Non mi stupirebbe neanche scoprire che in questa stanza fosse morto anche mio nonno, ma è roba di moltissimi anni fa e nessuno lo potrebbe ricordare.
E ora sono qui, coricato nello stesso letto in cui mio padre Mike Hanlon è morto e scrivo sullo stesso quaderno che lui ha quasi del tutto riempito una trentina di anni fa.
Mi sembra di essere Frodo Baggins, sapete, quello de Il Signore degli Anelli, quando alla fine del libro scrive la sua parte di storia sul libro cominciato dal cugino Bilbo. Anche io aggiungerò la mia storia alla Storia di Derry, alla storia di It.
Ho letto e riletto quello che mio padre ha scritto, ho smesso solo quando è venuta trovarmi mia madre, lei non sa nulla, e mi riconosco perfettamente nelle parole di mio padre: “… non credevo che fosse possibile a un uomo di conoscere il terrore che ho conosciuto io … e continuare, non dico a ragionare, ma più semplicemente a vivere …” Ecco, anche in questo mi sto riunendo a lui.
Ho sognato un suo ricordo, vivo nella sua città, giaccio malato nel suo letto di morte, parole da romanzaccio gotico, eh?, e ora so quello che sapeva lui.
Sarebbe facile credere che mio padre fosse pazzo, ma Rachel Uris è qui. La figlia di Stan Uris, quello che non ebbe il coraggio di tornare, è qui.
Io sono qui, avrei potuto essere ovunque, anche morto in Afghanistan ma invece sono qui.
Dembrough e Tozier hanno ricordato, li ho visti e anche Hanscom, l’architetto, ho visto su Google che ha disdetto un incontro a Roma con dei pezzi grossi per un lavoro che sarebbe passato alla storia. Posso immaginare perché, e immagino che c’entri anche sua moglie, la Beverly di cui scrive mio padre.
E poi c’è Robert Gray. Sapeva chi ero, sapeva del Richard Tozier show, sapeva di mio padre. Parlava alla luna, come il Bowers che tiranneggiava mio padre e i suoi amici, Bowers come l’Harlan Bowers che mi ha aggredito l’altra sera.
E Robert Gray era l’alter ego umano di It, il clown Pennywise, e il mio Gray adescava i bambini travestendosi da clown
Che legame c’è tra i due Gray? Non lo so, ma oggi parlando al telefono con un mio collega ho scoperto due cose. Robert Gray a undici anni sparì per tre giorni, subito dopo l’alluvione, subito dopo che gli amici di mio padre avevano ucciso It, o pensarono di averlo fatto.
E anche un’altra cosa ho saputo, una cosa di quelle che dovrebbero farti fuggire via urlando, perché solo il protagonista di un film o di un romanzo horror non lo farebbe. Stanotte, all’incirca quando Dembrough e Tozier hanno dato spettacolo in diretta tv, all’incirca quando questo vecchio quaderno si è ricoperto di scrittura, la tomba di Gray è stata profanata.
Conoscendo i suoi crimini, c’era forse da aspettarselo, ma il mio collega, Andy Gaunt, un bravo ragazzo, mi ha detto che il corpo è scomparso. Non l’hanno impalato o bruciato o smembrato. È scomparso. E la terra sembra caduta dal tumulo, non sembra che sia stata spalata via. E infine, ma Andy mi ha detto che è meglio che rimanga tra noi, nella terra smossa c’erano delle impronte di scarpe. Si allontanavano dalla tomba, ma non ce ne era nessuna in senso contrario.
Ho riso alle sue parole, ho riso dicendo che è un credulone impressionabile, ma come mio padre ventisette anni fa, dentro non ridevo. Nell’85 It è entrato in Bobby Gray, in qualche strano modo, è cresciuto dentro di lui negli anni come un fungo velenoso in un tronco marcio e ora, dopo una bella strage inaugurale di quelle che accadono ogni venticinque - trent’anni qui a Derry, ne è uscito.
It è tornato, It è di nuovo in piedi, It ha di nuovo fame.
E io, Rachel e gli anziani amici di mio padre siamo gli unici argini che si frappongono tra lui e il mondo.
Ma se ventisette anni fa loro non ce l’hanno fatta ad ucciderlo, e non so molto altro perché non hanno mai raccontato a mio padre cosa fosse successo là sotto, qua sotto anzi, perché dovremmo riuscirci adesso? Si può uccidere It? E, ancora più importante, cosa è It?
Ho delle idee su questo e parlando con loro ne avrò altre di ancora più sicure, ma se non sapremo rispondere a quelle tre domande, pensò che qualunque nostro tentativo sarà destinato al fallimento.

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