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venerdì 14 dicembre 2012

LA CASA SULLA COLLINA. XXXII

6

Gianfranco.

Questi sono matti, pensò Gianfranco guardando Andrea e Elsa che scendevano nel pozzo che li avrebbe portati giù, vicino al misterioso manufatto alieno, non trovava per quanto si sforzasse un modo meno fantascientifico per definirlo, che avevano trovato scavando con la loro mega trivella.
Elsa non la conosceva, buongiorno e buonasera si erano detti, non di più, e la aveva notata soprattutto per le tette, belle davvero, ma Andrea … ci sono delle volte che incontri una persona e ci vai d’accordo, ridete per gli stessi argomenti, avete letto gli stessi libri, prendete in giro le stesse persone. Ecco, per quanto lo conoscesse solo da un mese e mezzo, Andrea era uno dei suoi più cari amici, e vederlo scendere là sotto, incontro al mistero e al pericolo, lo faceva sentire molto a disagio e preoccupato.
E l’altra cosa che lo faceva sentire a disagio erano i discorsi che aveva avvertito più che sentito, discorsi sussurrati a bassa voce tra persone che contavano, militari, fisici, pezzi grossi insomma. Lui era solo un semplice ingegnere, e se stava lì era solo per fare funzionare quella trivella e aiutare a costruire il deposito, cosa che ora gli sembrava alquanto improbabile, ma le orecchie le aveva e le cose che venivano dette le sentiva.
Quello che avevano scoperto, qualunque cosa fosse, non doveva essere scoperto. E qualcuno, molto in alto, ai livelli di quelli che davvero governano il mondo, quelli che i complottisti alla Oliver Stone descrivono come Trilaterale o Bilderberg o Grande Complotto Mondiale, voleva che come era stato scoperto tornasse a essere ricoperto e dimenticato.
Per quello che poteva capire, non sarà stato Sherlock Holmes ma un po’ di intuito lo aveva anche lui, di lì a poche ore il cantiere sarebbe stato sbaraccato per qualche inconveniente “normale”, tipo una sacca di gas naturale, o una vena d’acqua, o una faglia sismica. E così loro sarebbero passati a un altro banco di sale adatto, e ce ne erano di altri in Italia, che però prima di cominciare gli scavi sarebbe stato controllato molto meglio da chi di dovere.
E in quel posto, pensava mentre guardava i meccanismi del montacarichi girare, altri operai, più specializzati di loro, sarebbero arrivati per riempire il pozzo in fretta e furia con cemento armato, e lì sopra ci avrebbero fatto una bella discarica, o magari un parco naturale, una di quelle cose, comunque, sotto alle quali nessuno va a scavare.
E loro? Che fine avrebbero fatto loro? Sarebbero stati pagati, probabilmente, per stare zitti. E se qualcuno si fosse fatto scappare qualcosa, avrebbero fatto in modo di fargli fare la figura del tizio che dice di essere stato rapito dagli alieni, come un Zanfretta qualunque, e magari uno di quei programmi idioti della tivù sarebbe anche andato a intervistare il poveretto dalla lingua lunga, così che la gente ignara si potesse fare due risate dietro allo scemo che parlava di manufatti alieni sepolti.
Oppure, pensò ridendo, potevano anche finire spiaccicati da un tir fuori controllo, uno dopo l’altro, alla spicciolata, alla maniera dei servizi segreti di quelli veri, col pelo sullo stomaco.
E fu allora, che le ruote del montacarichi si fermarono e il suo walkie talkie gracchiò. - Il montacarichi è arrivato in fondo. Passo. – disse la voce di Andrea che sembrava arrivare da abissi insondabili degni di Lovecraft. Gianfranco pensò a quel racconto del vecchio H. P. L. in cui un tizio scendeva in una galleria sotto a un cimitero e poi urlava all’amico di scappare prima che Loro uscissero, e così disse: - Andate giù o avete cambiato idea? – guardandosi intorno e vedendo che tutti gli altri la pensavano come lui.
- Andiamo giù, cazzo! – gli rispose la voce gracchiante di Andrea, che poi aggiunse. - La prossima volta che sentirai la mia voce, sarò nei libri di storia! Passo. –
Gianfranco, notando con la coda dell’occhio un movimento, gli rispose: - Ho sempre preferito la geografia. Passo. – e giratosi vide che in mezzo all’enorme piazzale del cantiere una cisterna era in movimento; Ma che cavolo ci fa una cisterna in movimento?, pensò e poi disse: - Buona fortuna ragazzi! Passo. –
- Si dice in bocca al lupo, cretino! Passo e chiudo! – fu la risposta di Andrea e Gianfranco sorrise per le parole dell’amico. Nessuno intanto sembrava essersi accorto del camion in movimento, anche perché il piazzale era quasi totalmente deserto. Gianfranco, ascoltando il fruscio del walkie talkie guardava la gente intorno a lui e, insistentemente, tornava a guardare il camion che dopo aver sostato accanto a un magazzino, quello degli arnesi da scavo, dai pezzi di ricambio della trivella agli esplosivi, era ripartito verso di loro. Boh!
- Siamo arrivati. – disse all’improvviso la voce di Andrea, così disturbata da essere quasi incomprensibile – Per ora sembra tutto normale, cioè, non è normale per niente. Ora cominciamo a esplorare. Passo. –
- Va bene. – gli rispose lui stupendosi di come un capannello di persone si fosse spostato lasciando passare il camion, non avevano dato il minimo segno di essersi accorti della sua presenza – In bocca al lupo, ragazzi! Passo e chiudo. –
Aspettando nuove comunicazioni da Andrea e Elsa si guardò intorno. Chi sapeva che erano lì? Nessun telegiornale aveva dato la notizia precisa su dove fosse il sito prescelto come deposito delle scorie. Sarebbero potuti sparire così, un attimo erano lì e dopo un secondo … e intanto il camion, a lentezza esasperante, continuava ad avvicinarsi attraverso lo spiazzo. Una cisterna di carburante che si avvicinava a una trivella che senza alcun dubbio non avrebbe più dovuto scavare in quel punto.
- È incredibile Gianni, non puoi capire. Stupendo! – gracchiò oramai davvero incomprensibile Andrea, evidentemente il manufatto disturbava le onde radio in qualche modo, e lui gli rispose: - Davvero? – ma in realtà quello che davvero sentiva non era curiosità per quello che c’era là sotto. Aveva cominciato a sentire una specie di formicolio dietro al collo, come quando qualcuno ti sta fissando e non sai chi è o dove è. Il camion intanto stava accelerando, ma nessuno lo guardava. – O mio Dio! – urlò tenendo premuto il tasto del walkie talkie quando il camion accelerò puntando verso la trivella. Riconobbe anche il guidatore, si chiamava Simone, se non si confondeva, e … cosa?
- Cosa c’è? – gli urlò dalla radio Andrea, ma lui non lo sentì. Il camion stava sfondando le transenne e di lì a un secondo avrebbe investito lui, la trivella e tutti gli altri lì attorno. Prima di essere travolto Gianfranco notò alcune cose: Simone teneva in mano qualcosa, e sembrava il telecomando degli esplosivi che avevano usato i primi giorni. Simone aveva lo sguardo da pazzo, e sembrava parlare da solo mentre gli piombava addosso. E l’ultima cosa che notò, vicino a Simone c’era un enorme lupo bianco, e il lupo gli stava parlando all’orecchio.
Forse qualcuno al mondo sa se Gianfranco morì travolto dal camion o dall’esplosione, ma dopotutto non è così importante. Il cantiere comunque ebbe il suo incidente e di lì a pochi giorni quel che restava del pozzo sarebbe stato chiuso.

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