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domenica 9 dicembre 2012

LA CASA SULLA COLLINA. XXVII.

1

Andrea.

Il caldo era quasi soffocante, ma per fortuna l’umidità era quasi del tutto assente. Tirò fuori dallo zaino la bottiglia d’acqua e bevve una bella sorsata. Fortunatamente era frizzante, perché la temperatura che aveva raggiunto era adatta a lessare il pollo. Mentre richiudeva il tappo gli scappò un rutto.
- Scusi. – disse alla giovane donna che, accucciata in terra continuava a staccare dalle pareti dei minuscoli campioni di sale che, prima di infilare in delle grandi provette etichettate con numeri progressivi, esaminava con una grossa lente d’ingrandimento.
- Cosa? – gli disse lei senza girarsi.
- No, niente. – le disse sentendosi una cacchetta.
- Ah! Per il rutto? – gli chiese lei, si alzò e disse: - Mi passa la bottiglia? –
- Certo. – le disse, gliene passò una ancora chiusa, lei la aprì con facilità, bevve e, dopo essersi battuta un pugno sul petto come il gorilla più grazioso del mondo, emise un rutto dalla potenza preoccupante. – C’è il rischio che crolli qualcosa? – le chiese lui ridendo.
- Il salgemma è resistente. – disse lei che scoppiò poi a ridere.
- Comunque mi inchino. Come fa a fare tutto quel rumore? È così minuta. –
- Anni e anni di esercizio. – gli rispose passandogli la bottiglia, poi si voltò a guardare la parete grigiastra che aveva appena esaminato. Era attraversata per tutta la sua altezza, cioè cento metri dall’inizio dello strato di salgemma a loro che stavano su un grosso montacarichi, da una evidente discontinuità. A destra il sale era più grossolano e chiaro, a sinistra più fine e scuro. – Strano, eh? –
- Sì. – disse lui. Che significa? –
- Lei sarebbe … - gli chiese.
- Ingegnere. –
- Di geologia che ne sa? –
- Niente va bene come risposta? –
- E di archeologia? –
- Niente di niente? A, no. Si usa la frusta per combattere i nazisti. –
- Che carino! Io adoro Indy, anche perché nessuno lo nomina mai quando dico che sono archeologa. –
- Riferimento banale, eh? –
- Un po’. – gli disse, poi sorrise e lui pensò che era il più grazioso esemplare di ragazza che avesse visto negli ultimi mesi, non troppo alta, proporzionata, grandi tette e stupendi capelli ricci neri. Poi lei disse: - Quella riga verticale tra il sale chiaro e quello scuro è una discontinuità. E per quanto quello che sto per dirle … -
- Dirti. –
- Dirti, va bene. – disse sorridendo di nuovo – Quello che sto per dirti, dicevo, va contro a tutto quello che noi sappiamo della storia del mondo. Quella discontinuità è quella che noi archeologi chiamiamo una unità stratigrafica negativa. Lo sai cos’è? –
- No. –
- Se fai una buca, lo strato che hai scavato è una unità positiva, definibile come strato di terra. La terra che ci butti dentro per riempirla è un'altra unità positiva detta riempimento e la discontinuità tra le due, più o meno visibile, è una unità negativa detta taglio di fossa. –
- Ah! –
- E lo sai quale è la caratteristica delle U. S. negative, come le chiamiamo noi affiliati al clan della frusta? –
- No. Quale? –
- Sono sempre il risultato di azioni. Uno strato di terra lo può fare il vento, o una alluvione, o una foresta marcendo. Ma una buca, un taglio verticale, una asportazione, le deve per forza aver fatte qualcuno. –
- E quindi … Qualcuno è venuto a scavare qui nello strato di salgemma? –
- Sì. Qualcuno ha fatto una enorme buca verticale, come il pozzo di miniera in cui ci troviamo, e poi lo ha riempito nuovamente dello stesso sale che aveva tirato fuori. –
- E come distingui uno dall’altro? –
- La giacitura. Naturalmente il salgemma si stratifica, è orizzontale, quindi. Il riempimento è caotico. Lo vedi? –
- Lui guardò da vicino e disse: - Sì. –
- E lo sai cosa va contro tutto quello che sta scritto sui libri di scuola? – gli chiese lei battendo la mano su quello che aveva appena chiamato riempimento.
- La profondità dello scavo? –
- L’età. Qua sopra, sopra allo scavo antico intendo, ci sono strati intatti di argilla che sono databili a sessantacinque milioni di anni fa. E se sono sopra, vuol dire che si sono depositati qui dopo che lo scavo era stato fatto e finito –
- Ma c’erano i dinosauri allora, no? –
- Sì, caro. È quando i lucertoloni si sono estinti. –
- E chi ha scavato un pozzo di miniera allora? – chiese lui guardando il muro con gli occhi fuori dalla testa.
- Non lo so. – gli rispose scuotendo la testa – Ma ti posso dire che lo scavo è molto più accurato del nostro, è stato fatto con macchine più precise. –
- Sessantacinque milioni di anni fa? – le chiese deglutendo – Macchine più precise delle nostre al tempo dei dinosauri? –
- Sì. – gli rispose – Qualcuno ha scavato un pozzo enorme nello stesso strato di salgemma che voi avete scelto per metterci le scorie nucleari perché siano al sicuro per i prossimi milioni di anni. –
- E che cazzo ci sarà giù in fondo? Le prospezioni parlavano di spazio vuoto e metallo. –
- Se siamo fortunati scorie nucleari vecchie di milioni di anni. – gli disse lei pigiando il tasto di risalita. – Se siamo fortunati. – Il montacarichi di rete metallica, da miniera, saliva abbastanza velocemente, ma ci sarebbero voluti comunque più di sei minuti per arrivare su.
- Che ne pensi? – le chiese dopo un po’.
- Boh! La cosa più credibile sarebbe uno scherzo, ma mi sembra un po’ difficile, no? –
Lui annuì, poi disse: - E se non è uno scherzo? –
Lei sorrise e gli disse: - Se non è uno scherzo, noi umani non siamo affatto la prima razza intelligente che vive sulla terra.
- E perché non li abbiamo mai trovati? –
- Guarda che la fossilizzazione è una cosa così improbabile che c’è da stupirsi di trovare qualche osso di quell’epoca. Ne troveremo se va bene l’uno o due per centomila. E sono sempre frammentari e incompleti. –
- Ma se hanno fatto questo … - disse lui – dovremmo trovare resti della loro civiltà, strumenti, case, strade. Aerei, cazzo, anche gli aerei! –
- Lo sai cos’è la cosa più duratura creata dall’uomo? –
- No. –
- Le bottiglie di plastica. Sono praticamente indistruttibili, ci mettono un milione di anni a decomporsi. Questi qua, se c’abbiamo preso, sono vissuti sessantacinque milioni di anni fa. –
- E il metallo? E il cemento? –
- L’acciaio arrugginisce e scompare, il bronzo si ossida molto più lentamente, ma dopo un po’ anche lui … persino il vetro si sfalda dopo millenni. E il cemento non dura un cazzo, basta che guardi muri vecchi di trent’anni, sono tutti rovinati. –
- Cazzo. – disse lui. - Estremo, davvero. –
- Eh sì. – disse lei. Poi lo guardò, la luce in cima al pozzo ora era un pochino più grande di un puntino – Non ti sembra di essere in uno di quei film di fantascienza? –
- Quali? –
- Quelli in cui i protagonisti scoprono un complotto alieno e arrivano degli agenti vestiti di nero a accopparli. –
- Ah! Quelli, eh sì! –
Il montacarichi arrivò in cima e il cellulare di Andrea suonò. Guardò chi era, sorrise e disse: - Mia sorella, mi ha cercato, ma giù non c’era campo. La richiamerò prima che arrivino i Men in black. –
- Va bene. – gli disse lei – Vado a parlare con i pezzi grossi. –
E, mentre faceva la chiamata e sentiva gli squilli Andrea vide la bella archeogeologa che parlava con i capoccioni e questi ultimi che sembravano essere stati punti da un branco di tarantole. E fu allora che Carla rispose e lui disse: - Ciao Carlotta! –
- Non chiamarmi Carlotta, è un nomignolo da grassa. – gli rispose lei e la telefonata continuò come già sappiamo mentre lui vedeva il cantiere diventare un formicaio impazzito di ingegneri e fisici sotto shock.

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