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martedì 13 novembre 2012

LA CASA SULLA COLLINA. PROLOGO.



PROLOGO

Se c’era una cosa che a Mario piaceva, era starsene lì sotto al tendone davanti all’entrata del suo ristorante all’ora in cui le persone stavano per arrivare a mangiare, o a quella in cui avevano quasi finito, come adesso, guardando i passanti che vivevano le loro vite che solo per il breve momento del loro pas-saggio lì davanti diventavano a lui visibili.
Notò subito il ragazzo e il cane, si assomigliavano. Due tipi alti e dinoccolati, che camminavano uno nei suoi vecchi vestiti e l’altro nella sua vecchia pelliccia, liberi e felici della loro libertà.
Forse una persona cattiva avrebbe potuto definire il ragazzo un barbone, ma era pulito e curato, e il suo cane era molto ben tenuto, anche se non molto giovane a giudicare dal muso. Forse di lì a dieci anni il ra-gazzo sarebbe stato davvero un barbone, ma ora era solo uno a cui piaceva girare. Aveva un enorme zaino sulle spalle, di quelli che contengono un sacco a pelo e vestiti di ricambio e viveri che bastano per un giorno o due.
Il cane camminava libero accanto a lui. Sfiorando appena il terreno con le zampe lunghe e sottili, guar-dandosi intorno con fare guardingo come non fidandosi della cittadina che si stendeva intorno a lui.
Il ragazzo venne a fermarsi vicino a Mario, lo salutò con un cenno della mano e un sorriso, appoggiò lo zaino a terra e ne tirò fuori una ciotola. La riempì con una bottiglia d’acqua e aspettò che il cane finisse di bere. Versata l’acqua residua in una grata di tombino asciugò la ciotola con un panno e la riempì per metà di grossi croccantini marroni che sparsero lì intorno un odore che per il tartufo del cane doveva essere davvero irresistibile. Il cane cominciò a mangiare solo dopo un cenno del capo del ragazzo e comunque, ogni due o tre bocconate di croccantini, si voltava a guardarlo come per essere rassicurato sul potere mangiare tutto.
Quando ebbe finito, dopo nemmeno un minuto, il ragazzo colmò di nuovo la ciotola d’acqua e guardò il cane lappare tranquillo sorridendo mentre si asciugava le palme delle mani sui pantaloni.
- Sembra un bravo cane. – disse Mario guardando la bestia che scodinzolava tranquilla accanto al padrone guardandolo con la coda dell’occhio.
- Lo è. Non è un granché intelligente, ma si butterebbe nel fuoco per me. – guardò Mario che gli sorrideva e aggiunse: - E io lo farei per lui. –
- E lei non mangia? – gli chiese Mario.
- Sarei qui per questo. So che non si chiede com’è il vino all’oste, ma si mangia bene qui? –
- Cosa vuole lei, escargot e spume di gamberi? –
- No. Fettucce e arrosto. Li ha? –
- Quelli sì. –
- E se le avessi risposto di sì? –
- Le avrei detto di mangiarsi i croccantini del cane. –
Il ragazzo rise di gusto, e ridendo la sua faccia si riempì di rughe d’espressione, non doveva poi essere così giovane, riprese lo zaino con una mano, accarezzò la testa snella del cane e gli indicò l’angolo accanto alla porta dicendo solo – Lì! – e il cane si sedette all’ombra del tendone sbirciandolo mentre entrava nel ristorante.
- E rimarrà lì? – gli chiese Mario.
- Sì. Solo se non urlo di paura. Allora entrerebbe trasformato in una specie di Hulk canino. –
- Non le dico che urlerà di goduria per il cibo, ma di paura penso proprio che non dovrebbe urlare. –
- E allora rimarrà lì. Dov’è il bagno? –
- Di là. – disse Mario e andò a preparare un tavolo singolo aspettando che il ragazzo tornasse. Il cane stava sempre lì fuori sbirciando all’interno con un occhio solo.
Il ragazzo tornò asciugandosi ancora le mani, si sedette al tavolo e chiese a Mario: - Che c’è di buono? –
- Pappardelle al sugo di cinghiale, ravioli al sugo di carne, tortellini in brodo. –
- Pappardelle, grazie. E di secondo? –
- Arrosto di maiale, carne impanata, teglia di salumi. Contorno, patate al forno o verdure bollite ripassate in padella. –
- Arrosto e patate. –
- Vino o acqua? –
- Rosso della casa e un litro di frizzante. –
- Vado. – disse Mario e andò in cucina per preparare il pranzo al ragazzo. Il cane lo guardò passare con il suo sguardo fiero, immobile accanto alla porta come un guardia inglese a Buckingham Palace.
Mario portò al ragazzo un enorme piatto di pappardelle al sugo di cinghiale, gialle di uovo come un sole al tramonto e coperte da una generosa montagnola di sugo al centro. Le mescolò davanti a lui e gli riempì il piatto. – Le altre le lascio? – gli chiese.
- Se le porta via la denuncio. –
- Immaginavo. – disse Mario ridendo, poi notò che il ragazzo continuava ad alzare lo sguardo verso il grosso tv color appeso al muro nell’angolo. – Le piace così tanto il Tg di Italia 1? –
- È un telegiornale? –
- Cosa le sembrava? –
- Ah, non lo so. Ho visto divi tv decaduti, soubrette in topless e dei graziosissimi gattini allattati da una ca-gnetta. –
- Il Tg di Italia 1. È quello. –
- Ah! È un po’ che non vedo la tv. Qualche anno. –
- Che perdita. Io lascio acceso solo perché poi c’è lo sport. Qua sono tutti romanisti. –
- Forza Maggica! – disse il ragazzo.
- Io sono juventino. – disse Mario.
- Gobbo maledetto! –
- Lei per chi tiene? –
- Samp. –
Mario fece una smorfia come a dire che era meglio di torinista, ma molto peggio che juventino. – Buon appetito. – gli disse, e poi andò in cucina a preparare il secondo. Preparò una enorme razione, basandosi sull’accoglienza riservata al primo. Quando passò davanti alla porta vide ancora il cane. Era immobile come una statua. Lo salutò con un cenno e il cane lo ignorò vistosamente. Bel cane.
Quando si riaffacciò nella sala, mentre salutava Gino e Furio, due muratori che dovevano tornare al lavoro e che avrebbero avuto il loro daffare ad arrampicarsi sulle impalcature con quella chilata abbondante di ravioli che si erano sbafati, vide che il ragazzo guardava ancora la tv. Era impallidito, ingrigito quasi. Mario si voltò a guardare lo schermo mentre prendeva i soldi da Furio e per un attimo pensò di vedere doppio. In tv c’era il ragazzo.
Più giovane, a voler esagerare doveva avere venticinque anni nella foto, ben vestito e con i capelli corti. Stavano parlando di lui e la giornalista aveva la faccia in modalità “storia strappacuore”. Il ragazzo guardava la tv e sembrava molto scosso. Un lutto, pensò Mario, chiedendosi come mai ne parlassero al Tg.
Gli si avvicinò in silenzio e lo guardò fissare la tv deglutendo ripetutamente. Riuscì ad afferrare qualche parola prima che il servizio finisse. “… purtroppo il signor Malerba è davvero gravissimo e potrebbero re-stargli non più di un paio di giorni.” Quando cominciò la sigla Mario parlò al ragazzo.
- Problemi? –
Il ragazzo annuì, e ora sembrava dimostrare quarantacinque anni, poi abbozzò un sorriso tiratissimo e disse: - Cose da fare, persone con cui parlare, treni da prendere … - appallottolò il fazzoletto stringendolo tra le mani, poi si alzò e chiese: - C’è un telefono? –
- In fondo al corridoio, vicino alla porta della cucina. –
- Grazie. Sarà una chiamata breve, penso. – e andò verso quella telefonata che non sembrava avere molta voglia di fare. Passando davanti alla porta il cane entrò nel campo visivo del cane che subito si alzò e scodinzolò, ma il ragazzo non si girò a guardarlo. Il cane tornò a sedersi con la faccia triste. Mario pensò che qualunque fosse la storia dietro alla scena che aveva visto, difficilmente quel ragazzo e quel cane sarebbero stati ancora così meravigliosamente spensierati, e no, ne sarebbe passato un bel po’ di tempo prima che potessero tornare ad esserlo.
Dopo un paio di minuti il ragazzo tornò. Aveva quasi una camminata da vecchio. – Grazie. – disse a Mario.
- Si figuri. Erano notizie così brutte? –
Il ragazzo sorrise di nuovo, ma la faccia sembrava un collage, le labbra che andavano in su e gli occhi che andavano in giù. – Abbastanza. Mio padre … forse riuscirò a vederlo, se i treni … devo vedere gli orari. –
- Le servirà una museruola per il cane. – gli disse Mario.
- Eh sì. – disse il ragazzo – Mi servirà una museruola per il cane. – sorrise di nuovo a quella maniera incre-dibilmente triste e poi disse: - Il pranzo era davvero ottimo. Quanto le devo? –
Mario andò al banco e fece due conti su un foglio. Scrisse la somma e porse il foglietto al ragazzo. – Sedici euro. –
- Bene. – disse il ragazzo ma sembrava che lo avessero doppiato male. La sua faccia diceva proprio il con-trario di quella parola. Prese il portafoglio e diede i due biglietti e la moneta a Mario. – Ecco. Grazie mille. Di tutto. –
- Prego. – disse Mario e guardò il ragazzo mettersi lo zaino sulle spalle e uscire. Il cane gli fece un po’ di feste, ma il ragazzo gli passò solo una mano sulla testa snella. Mario uscì per guardarli andare via. Tanto erano allegri all’arrivo, tanto mettevano tristezza adesso. Camminarono uno vicino all’altro e poi svoltarono l’angolo. E uscirono per sempre dalla vita di Mario.

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