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domenica 11 novembre 2012

VOCI.

IX

Dove si racconta come non tutti i nostri eroi riescano a salvarsi.

Nicola correva agitando il pennacco e tagliando teste e braccia a chi gli si parava davanti, mentre Elena riusciva ad allontanarli tenendo alto di fronte a sé il crocifisso. Anna li seguiva saltando i cadaveri che si incenerivano all’istante cadendo a terra ed evitando con finta da calciatore brasiliano i vampiri che tornavano all’attacco appena si era allontanata Elena.
Erano quasi giunti alle mura, e il sole era quasi sorto dietro alle colline, quando da un vicolo quello che era stato Mirko e altri sette o otto vampiri le si lanciarono addosso. Nicola la sentì urlare, guardò i mostri che la accerchiavano, il sole che sorgeva in quell’istante e Elena, ferma e indecisa come lui. – Tu vai! VAI! – urlò e si lanciò sui vampiri che si stavano nutrendo di Anna.
Elena corse veloce, vedendo altri vampiri che fuggivano vedendo il crocifisso, ma erano più paurosi adesso, fuggivano perché i raggi del sole filtravano tra le foglie e i tronchi. Corse piangendo per i suoi amici, e corse ridendo perché era ancora viva. Le sue gambe urlavano, le sembrava che fossero avvolte nel filo spinato. La milza era come un ferro rovente nelle viscere e i polmoni sembravano pieni di cherosene in fiamme, ma correva, vedendo ormai la fine del sentiero tra gli alberi; poteva già scorgere l’erba che si muoveva nei prati come un’onda.
Quando passò tra gli ultimi alberi, a meno di un metro dal sole pieno, a mezzo minuto di corsa dal cerchio di edicole, qualcuno la sgambettò. Cadde e perse il crocifisso, mentre il vampiro la prendeva e la sollevava per il collo con una mano sola. Era al sole e non bruciava. La guardò ridendo e parlò: - Pensavi che bruciassimo? – disse con un accento strano, quello di un antico romano che parlava in italiano – Sei delusa? – e rise mostrando una dentatura da animale.
Lei lo guardò, vide la toga porporata, l’anello al dito, e vide soprattutto un’intelligenza intatta nei suoi occhi. Non vi vide un’anima, ma un’intelligenza come la sua. – Sei Decimo Popilio Rufo? – chiese al mostro che la teneva in trappola, incapace di muoversi.
- Sì! – disse lui con un’espressione che voleva essere piacevolmente sbalordita, poi aprì la bocca per morderla. E si ridusse in cenere in quel momento, quando il pennacco di Nicola gli troncò di netto il collo.
Elena cadde a terra e guardò l’amico, fermo in piedi di fronte a lei, con ferite sanguinanti sul collo e su un braccio e il pennacco saldamente stretto nella destra.
- Prendi quel crocifisso. – disse indicando l’argento che brillava al sole tra l’erba – E vattene in fretta da qui. –
- Tu non vieni? – gli chiese alzandosi e tentando di abbracciarlo.
Nicola alzò tra loro il braccio in cui teneva il pennacco insanguinato e disse: - Non mi toccare, sono impuro, è come se fossi già uno di loro. –
- Ma forse se vai in ospedale … - disse lei guardando le ferite - … non sembri così grave. Non lasciarmi sola! –
Nicola alzò lo sguardo al sole e dovette ripararsi gli occhi con la mano, poi disse: - Guarirei, come era successo a Decimo Popilio Rufo. Ma appena morto uscirebbe quello che ho dentro. Non posso permettere che un vampiro superi il cerchio intorno alla città. –
- Ma tu non sei un vampiro! – urlò Elena trascinandolo al sole per un braccio.
Lui strinse allora nella mano sinistra il piccolo crocifisso che lei aveva appena raccolto e un filo di fumo si alzò subito dal suo pugno. Lo lasciò dopo pochi istanti e le mostrò il palmo ustionato. Lei cominciò a piangere e lui disse: - Il sole mi dà già fastidio e quelle voci, che prima erano solo sussurri appena comprensibili, ora le sento benissimo, parlano nel mio cervello. –
La accompagnò sul sentiero fino alle due edicole e lì vide che Zazzera era tornato con la sua vanga per seppellire le bestie uccise. – Stanotte non hanno sbranato animali. – disse Nicola – È andata molto peggio. –
- Lo so. – disse l’altro avvicinandosi, ma fermandosi appena prima delle edicole.
Nicola spinse Elena vicino al contadino e disse: - Amico, tu aiutala a inventare una storiella credibile per i poliziotti e i nostri parenti, io torno laggiù a finire un lavoretto. – e batté il pennacco di piatto sul palmo scottato.
Zazzera annuì, abbracciò Elena in lacrime e insieme a lei guardò Nicola inoltrarsi nel bosco.

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