Archivio blog

giovedì 8 novembre 2012

VOCI. VI

Dove i nostri eroi scoprono la soluzione di tutti i misteri.

Continuarono a correre tra quelle case le cui finestre li fissavano come le orbite vuote di un teschio, seguendo le urla di Elena. Quando lei smise di urlare fu facile trovare la strada, bastava seguire il dislivello, scendere come l’acqua in una condotta della fognatura. Sbucarono in una strada più larga e si trovarono di fronte Nicola che, scrollando Elena per le spalle, tentava di calmarla.
- Cosa è successo? – le chiedeva – Dove è Mirko? –
- È impazzito! – disse lei tremando e mangiandosi metà delle parole – Le voci lo hanno fatto impazzire e voleva violentarmi, ma non era lui, erano le voci. –
Si guardarono attoniti, non erano le parole che si sarebbero aspettati di sentire su Mirko, poi Nicola le chiese: - Dove è lui? –
Allungò un braccio, indicò il pozzetto scoperto da Mirko e disse: - È saltato lì. Ha fatto un brutto rumore quando è caduto. Non ha più parlato. -
Nicola la lasciò con Anna e Daniele e si lanciò sul pozzetto infilandovi la testa. Riuscì a intravedere la maglietta arancione di Mirko, almeno quattro metri sotto di lui, ma dovette ritrarsi a causa di quel tremendo fetore.
- Cazzo! Cazzo, cazzo, cazzo! – ripeté riavvicinandosi al pozzetto e guardando giù col braccio appoggiato su naso e bocca. – Da quanto è là sotto? – chiese a Elena.
- Cinque minuti … - disse asciugandosi gli occhi col dorso della mano - … o dieci. Non lo so! – Mirko! – Non sentendo nessuna risposta si alzò e chiese: - Abbiamo una corda? –
- Direi di no. – rispose Daniele – È così alto il salto? –
- Sì, e se anche saltassi giù senza farmi niente, non saprei come tornare su, con un ferito in spalla oltretutto. –
Anna guardava il lago, le cui acque riflettevano la luce rossa del tramonto e disse: - Se andassimo là e risalissimo la cloaca? –
- Non ce la faremmo mai prima del buio. – disse Nicola con la voce che tremava un po’ – Mi sono reso conto che Mirko ci ha fregati tutti prima. Siamo in aprile, non ci sono tre ore di luce dopo le cinque, ma una scarsa. –
- E allora? – chiese Daniele – Abbiamo delle torce, possiamo anche accendere di fuochi. –
Nicola si sedette in terra col gomito appoggiato alla lastra spostata da da Mirko e rise, continuò a ridere anche quando i suoi tre amici lo guardarono increduli e gli chiesero cosa avesse.
- Ci ha proprio fregati! – gridò – Ehi Mirko … ce lo hai messo nel culo, vero? – si sporse di nuovo sul pozzetto – Sei contento ora? Non farai la fine di tuo nonno, stronzo! –
Daniele e le due ragazze pensavano che fosse impazzito, come Mirko prima di lui e non sapevano cosa fare, tranne che stare lì a vedere le ombre che si allungavano sempre di più mentre gli ultimi raggi di sole coloravano di rosso le creste più alte della conca.
- Pensate che io sia pazzo? – chiese ridendo Nicola – Spero di esserlo, come spero che lo sia ‘sto coglione qua sotto. Ora vi spiego perché si è buttato in quello schifo di fogna: Siamo in una città che si è spopolata all’improvviso quando è morto un tizio che era tornato dalla Dacia, cioè dalla Romania. Nessuno è più venuto qua da allora, e chi ha osato farlo è scomparso malgrado fosse armato, come i soldati francesi,o è tornato a casa con i capelli bianchi come il tizio che stava seppellendo la pecora.
Avete capito? No, vi do un aiutino … I pochi sopravvissuti si erano barricati in un tempio e si sono uccisi per non farsi prendere dai cattivi che stavano fuori e non potevano entrare. Gli stessi cattivi che sbranano il collo di pecore e cinghiali che devono essere sepolti con rami di rosa canina, gli stessi cattivi che non possono oltrepassare il cerchio di edicole lì fuori.
Gli stessi cattivi che di giorno dormono al buio nelle fogne. –
- Tu sei pazzo! – disse Daniele mentre Elena e Anna si nascondevano dietro di lui – Non esistono queste cose! –
- Se è per questo non esistono nemmeno città abbandonate che dopo 2000 anni sono ancora intatte. Non esistono terreni spaventosamente fertili in mezzo a cinque paesi, in cui non entrano neanche le pecore … -
- Smettila! – urlò Daniele prendendolo per le spalle e scuotendolo.
- … E non esiste questa puzza di morte che sale da sotto terra e avvolge tutta questa maledetta città?
E non esistono forse queste voci che ci parlano e ci dicono di arrenderci, sempre più forti man mano che il sole scende? –
- Basta! – urlò di nuovo Daniele e gli diede un pugno in faccia. Nicola cadde a terra e si massaggiò la faccia sporca di sangue sorridendo. – Complimenti, ottimo destro. E ora che ti sei sfogato, le senti le voci dei morti? –
Daniele scoppiò a piangere e cadde in ginocchio, mentre Elena e Anna si avvicinavano a Nicola e lo aiutavano ad alzarsi.
- Io ti credo. – disse singhiozzando Elena – Io le voci le ho sentite, ma non nelle orecchie, qui! – e batté un dito sulla fronte.
In quel momento Mirko li chiamò dalla fogna: - Aiuto, sono qui! Mi sentite ragazzi? -
Nicola si lanciò sul pozzetto e chiese: - Come stai? –
- Male! – rispose Mirko tossendo – Ho una gamba rotta e non respiro più dal fetore. –
- Ce la fai a metterti in piedi? Forse riesco a calarmi giù se mi tengono per i piedi. –
Mirko rimase qualche istante in silenzio, poi disse: - È inutile. Non ce la faccio. È meglio che scappate in una stanza chiusa, lì non potranno entrare. –
Mentre Daniele e le due ragazze capivano che anche Mirko pensava la stessa incredibile cosa, Nicola disse: - Li vedi? –
- No! Ma li sento qua attorno a me, mi stanno guardando e tra poco mi attaccheranno. –
- Possiamo aiutarti? –
- Salvatevi! – rimase zitto per un bel po’, poi – Salvatevi e poi venite a uccidere quello che avrà preso il mio posto. Mi pento di essere saltato qui e vi chiedo di venire a ucciderlo. – un’altra lunga pausa, poi, con un tono di voce calmo: - In bocca al lupo, ragazzi. Addio! –
Sforzandosi riuscì a mettersi in piedi, la schiena appoggiata al muro di mattoni, stupito di come quella puzza che era l’odore di tutto ciò che di morto e marcio c’è al mondo, gli fosse sembrata prima l’odore della vita e della giovinezza. Quando vide degli occhi rossi comparire ovunque intorno a lui, capì che era l’odore di suo nonno, l’odore di pannolone sporco, di polmoni mangiati dal fumo e di denti marci. Sorrise pensando che anche lui prima di morire si sarebbe pisciato addosso e avrebbe gridato di terrore perché dei mostri gli mordevano le gambe
Gli occhi erano ormai delle luci rosse a pochi passi da lui, l’odore era insopportabile. Sperò che i suoi amici fossero già fuggiti, ma l’ultima cosa che fece fu urlare: - Via! -

Nessun commento:

Posta un commento