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sabato 10 novembre 2012

VOCI.

VIII

Dove si racconta la fuga dei nostri eroi verso la salvezza.

Daniele e Nicola si diedero il cambio molte volte, correggendosi e aiutandosi a vicenda, cambiando voce quando interpretavano ogni personaggio e recitandone a volte due parti diverse quando ricordavano un dialogo molto divertente.
Toccò a Nicola descrivere Gollum, e le parole per raccontare l’orrore di questo personaggio a cui tuta l’umanità e la bontà erano state tolte dall’Anello gli uscirono facilmente di bocca. I suoi compagni non lo potevano vedere perché erano di spalle, ma proprio in quel momento si era affacciato alla finestra Mirko, con la sua maglietta arancione e i capelli che cadevano come sempre sulla fronte, ma totalmente diverso, come l’orribile Gollum rispetto all’hobbit Smeagol.
Le ore passarono lentissime, alla luce di una torcia che spegnevano spesso per non consumare del tutto le pile. Da fuori venivano ringhi e risate, borbottii e stridere di unghie su muri e porte, mentre voci sempre diversi si insinuavano nei loro pensieri tentando di farli capitolare.
Dopo molto tempo, mancava meno di mezz’ora all’alba e già le stelle sbiadivano nel cielo sempre meno buio, Daniele si alzò per andare a pisciare in una delle stanzette come prima avevano fatto i suoi amici. Sentiva Nicola che raccontava di Frodo che non voleva più buttare nel fuoco l’Anello e già pregustava il provvidenziale arrivo di Gollum a risolvere tutto, quando una voce entrò in lui trovando la chiave giusta per la sua serratura. Stava pisciando contro un angolo del muro quando gli sembrò di avere di nuovo 14 anni. Era basso e pieno di brufoli, un vero cesso. Faceva schifo a pallavolo e andava male a scuola. A casa si faceva un sacco di seghe pensando a Deborah, ma lei lo ignorava. Quando un giorno lui le aveva detto che era innamorato di lei, lei gli aveva riso in faccia. – Ma vattene via topo! – gli aveva detto sghignazzando – Non me la faccio con i nani faccia di pizza. – e tutti i suoi “amici” avevano riso con lei.
Era scappato nei bagni e si era impiccato con la cintura a uno stipite. Allora una bidella lo aveva salvato e l’amore dei suoi genitori e due anni di analisi gli avevano ridato la voglia di vivere, come anche il fatto di essere cresciuto.
Vicino al Daniele di 28 anni, non più basso e ormai stimato assistente di una docente universitaria, molto apprezzato tra l’altro dalle giovani studentesse, non c’era purtroppo nessuna bidella. Penzolò per un minuto buono appeso alla cintura prima di fare rumore scalciando.
Nicola saltò in piedi con i capelli dritti e il cuore che gli sembrava rimbalzare tra un timpano e l’altro, sapendo benissimo di dover andare a vedere che cosa stesse succedendo e non avendo minimamente il coraggio di farlo, quando Elena si tolse dal collo un piccolo crocifisso d’argento e glielo posò in mano. Si sentì più sicuro e raccolse dallo zaino il suo pennacco, una specie di machete a punta ricurva che si era portato dietro pensando di dover sfrondare alberi e cespugli cresciuti sulle rovine. Sorrise a questo pensiero, poi entrò nel corridoio col crocifisso tenuto di fronte a sé nella sinistra e il pennacco stretto nella destra.
Dall’esterno arrivava ormai abbastanza luce, anche se alla finestre apparivano sempre i volti pallidi e inumani degli antichi abitanti della città. Camminava lentamente, guardandosi intorno a ogni passo, ma, quando vide Daniele appeso per il collo, con le gambe e le braccia che si muovevano ormai debolmente e senza coordinazione, corse a sorreggerlo e urlò alle due ragazze di venire ad aiutarlo.
Anna ed Elena arrivarono subito e rimasero ferme, incapaci di staccare gli occhi dalla chiazza di urina nei pantaloni, dagli occhi sbarrati che sembravano dover schizzare fuori dalle orbite e dalla lingua, che pendeva violacea sul lato destro della bocca.
- Aiutatemi, cazzo! – urlò sorreggendo il peso morto con le sue braccia – Non ce la faccio più! –
Elena si fece avanti e allargò la cintura, così poterono posarlo a terra. Nicola gli poggiò due dita sul collo e disse: - Batte ancora, ma poco. –
Proprio allora il corpo di Nicola cominciò a essere scosso da convulsioni e, mentre tentava di tenerlo fermo, Nicola guardava il cielo ormai di un azzurro chiaro alla finestra. – Se muore, - disse alle ragazze – Questa casa sarà la tomba di un suicida e loro potranno entrare. – Prese il crocifisso e lo ridiede a Elena, si incastrò il pennacco alla cintura e disse: - State pronte a correre. Correte e non votatevi mai indietro. Tra pochi minuti il sole sorgerà. –
Le convulsioni smisero gradatamente, Nicola tastò il collo e chiuse gli occhi all’amico. Dopo qualche istante urlò: - Ora! – e si lanciò verso la porta seguito dalle ragazze. Corsero in mezzo ai vampiri che, spiazzati, si stavano invece lanciando in casa dalle finestre.

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