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mercoledì 8 agosto 2012

Capitolo 26, Bill e Richie.

XXVI

Tra la sera in cui Kasia era scappata di casa dopo aver visto degli ospiti inattesi e l’ultima puntata del Richie Tozier show erano passati alcuni giorni, tempo in cui Richie e Bill avevano contattato i loro amici, scoperto che Mike non c’era più, ricordato altri particolari delle loro avventure nel Maine e conosciuto due nuovi amici di una generazione più giovani di loro.
Ma prima di tutto questo, mentre intorno a loro infuriava una bufera di produttori e agenti e dirigenti di reti televisive e case editrici incazzati come ceste piene di bisce, anche loro avevano incontrato di nuovo It.
Non era del tutto inaspettato che fossero insieme quando avvenne, perché già erano stati insieme quando avevano sfogliato l’album di fotografie di Georgie nel lontano 1958.
Sandra Smith aveva porto il telefonino a Bill mentre intorno a loro i dirigenti della CBS imperversavano come gli angeli vendicatori alla fine de I predatori dell’arca perduta. Anche lei aveva qualcosa da dirgli, cazzo, si era comportato come una via di mezzo tra un undicenne scemo e un novantenne col pannolone, ma lo avrebbe fatto dopo. Come sua agente, amica e, occasionalmente, amante, sapeva bene quanto Bill Dembrough amasse sua moglie, e non solo il ricordo di quello che lei era stata, ma anche quell’ammasso di carne inerte che era diventata negli ultimi venti e passa anni.
E così non gli disse nulla, non lo rimproverò, ma gli porse solo il cellulare capendo subito che anche lui aveva capito.
- Audra. – aveva detto lui, così, senza alcuna intonazione, come se quello che gli avrebbero detto le persone al telefono fosse un dato di fatto già accertato e accettato. A volte Bill era così, sembrava sapesse le cose da prima, e quasi mai cose belle.
- Ho capito. – disse lui dopo aver ascoltato per un minuto almeno l’interlocutore. Poi annuì ancora, disse – Ah-a. -, annuì di nuovo e poi chiese: - Ma cosa ha detto? – e ascoltando la risposta annuì mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
- Va bene. – disse allora mentre la voce gli si incrinava – Verrò d-d-domani per il riconoscimento. Non lasciatela al buio, vi prego. – e chiuse la comunicazione.
Guardo Sandra, si guardò intorno e fece un cenno con la testa a Tozier che lo guardava mentre parlava al telefono con qualcuno, cazzo, si sentivano le urla fino da lì, poi la guardò di nuovo e disse: - Sandra, lo so. Parliamone dopo che l’avrò sepolta, ti prego. –
Sandra lo guardò, quello strano sguardo folle che aveva avuto durante l’intervista con Tozier, quasi da bambino, era scomparso. Era un vecchio quello che la stava implorando.
- Va bene Bill. Ne parleremo dopo. –
Lui le sorrise, mamma mia che sorriso orrendo, poi disse una cosa che lei non avrebbe mai capito: - Non le è servito a nulla. Per quanto ti nascondi, It ti trova sempre. – e se ne era andato fendendo la folla inferocita di produttori e agenti e dirigenti come una nave il mare in tempesta.
E il giorno dopo, quando Richie era vicino a Kasia e ascoltava la ramanzina del suo agente Milton Forbes, nome la cui satanicità era assolutamente adeguata al suo pelo sullo stomaco, era suonato il telefono.
- Un attimo solo. – aveva detto Richie e aveva risposto.
- Ciao Boccaccia. –
- Ciao Big Bill. –
- Avrei bisogno del tuo aiuto. Devo andare alla clinica a riconoscere ufficialmente A-A-Audra. – e cominciò a piangere – Ho bisogno di un amico, Richie. –
- Certo, Big Bill. – gli rispose Richard Tozier, guardò Kasia e Milton e disse semplicemente – Devo uscire. –
Milton Forbes saltò in piedi come un pupazzo a molla sciorinando una infinita serie di offese, ingiurie e bestemmie che in un altro momento avrebbero sommamente divertito Richie, ma non rise il nostro Boccaccia, lo guardò tranquillo e disse: - Devo, Milton. Devo. – lo scartò come un attaccante brasiliano mentre Milton lo guardava con la mascella appesa circa all’altezza dello sterno, si avvicinò a Kasia e le disse: - Ti amo, piccola. Devo andare dal mio amico Bill. –
Kasia non seppe cosa rispondere, non capiva assolutamente nulla di quello che stava succedendo a Richie negli ultimi giorni.
Uscì nel vialetto, lo percorse a piedi fino al cancello e non si stupì di trovare Bill che lo aspettava in macchina all’uscita. Era una spider degli anni Sessanta, grigia argento.
- Silver? – gli chiese entrando.
Bill sorrise, poi disse: - Penso di sì. – rise finalmente con un po’ di convinzione e poi ripeté: - Penso di sì. –
Partirono verso le colline, c’era poco traffico e corsero come il vento, non tanto da battere il diavolo, ma quasi. Non parlarono molto, non dissero quasi niente in realtà, ma durante quel silenzio si rinsaldò, si ricreò forse, la loro amicizia.
Arrivati alla clinica furono ricevuti da un dottore che li fece entrare e raccontò loro quello che era accaduto durante il bagno serale di Audra, dai primi gemiti alle parole borbottate dalla donna, per arrivare infine alla sua corsa e alla sua morte per probabile ictus in mezzo al corridoio.
Bill annuì molte volte mentre le lacrime gli scendevano sul viso. Se le asciugava con un fazzoletto mentre il dottore parlava, e Richie stava lì vedendo che il medico si chiedeva che cavolo il famoso Richie Tozier ci facesse lì. Sono qui per aiutare il mio amico, caro dottore, penso Richie, sono qui per aiutarlo ad affrontare il diavolo.
Poi il dottore li portò giù, chissà perché gli obitori devono sempre essere giù, percorsero un corridoio e entrarono in una stanza dalle pareti bianche in cui si trovava un letto di acciaio inox. Sul piano di metallo c’era un cadavere coperto da un lenzuolo. Richie notò che quella sagoma non assomigliava per niente al corpo della donna che aveva intervistato nel 1987 in occasione dell’uscita del numero di Playboy in cui aveva posato nuda. Cazzo, ci si era fatto una sega guardando quelle foto, come un ragazzetto pieno di brufoli. Neanche per un attimo il nome di lei, e del marito, gli avevano detto qualcosa. It.
- Volete che vi lasci soli? – chiese il dottore, e guardò Richie come a dirgli, Tozier, anche tu.
- Sì, d-dottor Goldstein. Richie, te rimani. –
Il dottore uscì chiudendosi la porta alle spalle e Richie ricordò una cosa. Un romanzo di Bill, uno dei primi. Il protagonista e un suo amico dottore in una sala come quella, una donna morta sotto a un lenzuolo. Aspettavano che si alzasse, e lei lo faceva.
- Il tuo libro, Big Bill. – disse.
- Quale, Richie? – gli chiese Bill come riscuotendosi da un sogno.
- The second coming. Quello dei vampiri. –
- Cosa? – gli chiese, poi parve capire. Nei suoi libri, si era reso conto quella notte mentre si rigirava nel suo letto troppo grande senza riuscire a dormire, aveva praticamente riscritto, modificando solo piccoli particolari, quello che era successo loro nel ’57 e nell’85. E questa scena sembrava davvero uscita da quel libro.
- Tu pensi che? – gli chiese mentre Audra si alzava a sedere e il lenzuolo le cadeva in grembo.
Se non fosse stato troppo occupato a rabbrividire per quegli occhi d’argento e per le zanne che le uscivano dalla bocca, Richie avrebbe potuto apprezzare quanto venticinque anni di totale immobilità, uniti all’invecchiamento regolamentare di una donna dai quarantacinque ai settanta anni, avessero mutato il corpo della bella Audra trasformandola in una sorta di Jabba the Hut. Ma quegli occhi erano orrendi. Li conosceva, erano gli occhi del licantropo. Erano gli occhi di It.
Audra scese dal letto e fece due passi verso di loro. – Ciao Perdenti! – disse, ma la voce non era quella di Audra, era la voce di Pennywise, la potevano riconoscere benissimo.
- Stanno stretti sotto i letti … - disse Bill, ma la cosa che muoveva Audra lo interruppe
- … sette spettri a denti stretti! – sì, lo so, Bill Tartaglia. Lo so. Ma non ci credi neanche più tu che una filastrocca da bambini mi possa fermare. – rise mostrando zanne da lupo, le palpebre strette sulle monete d’argento che aveva per occhi – Siete vecchi, Perdenti, non avete più neanche un’arma contro di me! – e rise di nuovo. Poi ci fu come un lampo, un risucchio d’aria, Richie sentì i suoi capelli che si muovevano, e Audra era di nuovo sul lettino, sotto al lenzuolo. Bill andò dalla moglie, abbassò il lenzuolo scoprendo il volto terreo della moglie e la baciò sulla fronte. – Addio, amore mio. – disse, poi la ricoprì e, tornato indietro, abbracciò Richie scoppiando a piangere.

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