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venerdì 31 agosto 2012

Capitolo 49, Luke CHambers.

XLIX

I sei erano scesi dall’auto e stavano scaricando dal portabagagli un sacco di attrezzatura. Vedeva zaini, bombole, forse anche delle torce. Le luci arancioni dell’autostrada li facevano risaltare abbastanza. Dopo qualche minuto li vide scendere giù su un sentiero. Se non ricordava male, da lì si scendeva allo scolmatore.
- Papà? – lo chiamò Allison con la sua nuova e tintinnante voce – Lo sai dove stanno andando, papà? –
- Entrano nello scolmatore. – rispose senza girarsi. Ogni momento che passava gli dava più fastidio la vicinanza di quelle cose che erano diventate le sue figlie.
- Stanno andando a Derry, papà, per fare del male a tutti noi. – gli disse Louise.
- Devo seguirli? – chiese alle sue figlie aguzzando lo sguardo per vedere se qualcuno si muoveva ancora là in fondo. No, erano andati tutti ormai.
- Vai avanti papà, e non fermarti quando vedrai i poliziotti, non cercano te. –
Guardò di sfuggita quei due mostri, puzzavano anche adesso, e poi mise in moto. Forse se le avesse accontentate sarebbero tornate nella loro tomba a riposare. I fantasmi vogliono sempre vendicarsi di chi le ha uccise, questo dicono tutti i racconti gotici, e a volte mentre lo fanno possono essere molto sgradevoli.
Partì a velocità sostenuta e, dopo pochi minuti, vide le luci di un posto di blocco. Sembrava che tutta la polizia della città si fosse data appuntamento sull’autostrada per Bangor. – Ci fermeranno, piccole. – disse cominciando a rallentare.
- No, papà, vai avanti tranquillo. Non stanno cercando noi. – gli disse Allison e poi se ne uscì con una risata agghiacciante, sembrava il verso di un animale, e finiva come con dei colpi di tosse acuti.
La piccola sembrò avergli letto dentro e gli chiese: - Ma tu ci vuoi bene, papà? –
No, cazzo! Mi fate schifo! Mi fate fare delle cose orrende! – Certo cara. – le disse sorridendo – Lo sai che il tuo papà ti ama tantissimo. –
E allora tutte e due risero, e i loro denti sembravano essere più lunghi, quasi zanne di lupo. Stanley Hanlon e i suoi amici avrebbero pagato per aver fatto diventare dei mostri le sue bimbe, avrebbero pagato a costo della sua anima, anche se dopo avere soffocato quella povera donna la sua anima non doveva più essere poi così pura.
- Il vostro papà la farà pagare a quel mostro, così voi potrete riposare. – disse mentre due auto della polizia si spostavano e Chambers con la sua auto passava tra tutti quei poliziotti armati fino a i denti come sarebbe potuto passare un soffio di vento. Le due bambine non erano gli unici fantasmi, quella notte, anche lui era invisibile.
- Vai a destra, papà. – gli disse Louise e lui svoltò, fino a che, dopo una manciata di minuti, si trovò vicino a un ponte. Lì, una trentina d’anni prima, fino al maggio ’85, c’era stato il centro della città con le sue banche e i suoi centri commerciali. Ora l’area era quasi disabitata e c’erano diversi tratti in cui il Kenduskeag scorreva all’aperto.
- Fermati qui, papà. – disse Allison – Se scavalchi il parapetto e vai a destra, dovresti entrare nella bretella dello scolmatore. Loro arriveranno tra una ventina di minuti. -
Luke Chambers parcheggiò a lato del ponte, prese da sotto al sedile il lungo coltello da cucina che aveva preso a casa e uscì dall’auto. Stava rinfrescando, c’era un po’ di vento, anche. Si avvicinò al parapetto e vide che il terreno scendeva fino al letto del fiume, non più che un torrentello adesso, con una specie di rampa erbosa. Le sue figlie erano già laggiù, con i loro occhi che riflettevano le luci dei lampioni in un turbinare di pagliuzze argentee e arancioni. Non aveva voglia di seguirle. Non aveva voglia di uccidere di nuovo. Forse avrebbe potuto infilarsi il coltello nel collo, da un lato all’altro.
Si immaginò il fresco del metallo nella sua carne, immaginò con un brivido la liberazione di sentire il suo sangue che defluiva portandosi via la vita e lasciandolo libero. E immaginò anche di essere davvero all’inferno a pagare per avere ucciso Carole Danner. Meglio di questo, meglio di vedere le tue figlie che sono diventati dei mostri, meglio di starsene appostati al buio con quei due cosi ad aspettare della gente che avrebbe dovuto uccidere.
- Vieni giù, papà. Ci vuoi bene, vero? – gli dissero tintinnando come posate d’argento.
E Luke Chambers si ricordò le sue figlie che giocavano e ridevano, si ricordò della volta che lui e Myrta si erano seduti sul divano con le due piccole in braccio, avranno avuto sei mesi, forse, e le due piccole si erano addormentate e così loro avevano passato tutta la notte seduti uno vicino all’altra con le bimbe in braccio. Dio! Aveva letto una volta che non c’è nulla di peggio che ricordare i momenti felici nella sventura. Dio, quanto era vero! E Stan Hanlon gli aveva tolto tutto questo lasciandogli in cambio quelle due cose orrende che ridevano chiedendogli di uccidere.
Scavalcò il parapetto e scese di corsa il breve pendio. Raggiunse le sue piccole, che non proiettavano alcuna ombra, e si diresse con loro verso la bocca buia dello scolmatore, era alta sì e no due metri, e larga quattro. Si trovò immediatamente al buio e sentì le sue piccole che gli prendevano le mani, una a destra e una a sinistra, con le loro manine gelide e secche. Ancora un poco, pensò, ancora Hanlon e i suoi amici e poi sarebbe stato libero di farla finita.
Un buio pressoché solido lo ingoiò e sentì che l’odore delle sue figlie, l’odore delle sue nuove figlie, saturava l’ambiente intorno a lui. Ed era l’odore dei Barrens in cui giocava da bambino, l’odore che aleggiava ovunque su Derry. Le sue figlie erano Derry, e Stan hanno e i suoi amici stavano camminando in quel buio per distruggerla. Sentì che le bimbe si fermavano e si fermò appoggiato al muro, mentre nel buio intorno a sé vedeva volteggiare piccole luci che esistevano probabilmente solo nella sua retina.
Si accucciò dietro a un angolo, sentendo l’eco del suo respiro e dei fruscii accanto a sé che sperava provenissero dai vestitini delle sue figlie. Perse la cognizione del tempo e cominciò a perdersi nei suoi ricordi. Allison sul triciclo, Louise che bagnava le piante in giardino con un innaffiatoio rosso più grande di lei, Myrta che lo svegliava sorridendo e gli diceva di essere incinta, loro quattro a tavola mentre le bambine usavano per la prima volta le posate.
Piangeva rigirandosi in mano il coltello, quel coltello che, una volta finito il lavoro avrebbe usato per sgozzarsi, quando sentì una lontana eco di voci e passi. Aguzzò lo sguardo e vide un fantasma di un bagliore molto lontano davanti a lui. Si appiattì contro il muro, dietro a una sporgenza, mentre i sei si avvicinavano parlando tra loro. Ridevano, quei sei maledetti ridevano, mentre lui era costretto a vedere le sue bambine così ridotte. Si sporse dal suo riparo e ora li vide abbastanza bene, a non più di cento metri da lui. Hanlon era davanti a tutti, vicino a (Bill Tartaglia pensarono le bambine nella sua mente) e dietro gli altri. Non sospettavano che fosse lì, li avrebbe presi di sorpresa. Sorrise nel buio, perché quando sei all’inferno, l’unica cosa e comportarti da demonio.

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