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martedì 21 agosto 2012

Capitolo 39, Luke chambers.

XXXIX

Luke Chambers rimase in totale silenzio mentre Carole Danner passava nel corridoio a meno di tre metri da lui. La sentì entrare in bagno, sentì lo sciacquone, la sentì uscire e girare per la casa controllando tutte le stanze.
Allison e Louise gli parlavano, di certo la Danner non le poteva sentire. – Prendila papà! – dicevano – Acchiappa quella troia e uccidila! – dicevano ancora – Suo figlio ci ha fatto morire, papà, ci ha fatto morire! – pigolavano con quelle loro nuove voci che sembravano il tintinnare di posate di argento e gli facevano gelare il sangue.
E Luke Chambers pensava. Era all’inferno, questo l’aveva capito, e non ne sarebbe mai uscito. Ma in quale girone voleva finire? Quello stronzo di Bowers girava con la patta dei pantaloni gonfia da quando erano entrati dalla finestra rotta, cosa volesse fare alla Danner lo si poteva capire.
Sicuramente le sue due nuove figlie avrebbero voluto che anche lui partecipasse, poteva sentire i loro pensieri che si insinuavano dentro di lui, appena smetteva di concentrarsi lo guidavano in fantasie di violenza e sopraffazione che per quanto orribili lo allettavano. Ma Luke Chambers dove sarebbe arrivato per compiacere le sue figlie morte?
Mentre pensava questi pensieri Chambers sentì la Danner urlare. Poi sentì la voce di Bowers, un cinghiale in calore sembrava, senza volere offendere i cinghiali, la risposta calma della Danner, poi di nuovo Bowers, e poi la Danner. E poi una specie di piccolo tonfo. Si alzò dalla poltrona mentre Bowers crollava al suolo come la statua di un dittatore dopo la rivoluzione e si vide passare di fronte la Danner che correva. – Uccidila papà! – urlavano le bambine – Prendila papà, uccidila! – e di nuovo poteva sentire le loro menti maligne che gli si inserivano in testa passandogli idee non sue. La Danner era quasi alla porta, non si era accorta di lui. Ripensò alle sue figlie, le sue vere figlie, morte sul tavolo dell’obitorio. Aveva dovuto riconoscerle e aveva visto le ferite sui loro volti. È stato Hanlon, pensò, e così si vide allungare una mano per afferrare i capelli della donna. Tirò con forza e la vide cadere, gli occhi fuori dalla testa dallo stupore, le braccia allargate a cercare un appiglio. Cadde e colpì il pavimento con la testa. Rimase immobile, un filo di sangue le usciva dalla bocca, doveva essersi morsicata la lingua.
Guardò la donna in terra, la gonna sollevata a mostrare quasi tutta la coscia destra, la camicetta spostata a mostrare uno spicchio di reggiseno nero. – Fallo papà! – gli dicevano le bambine – Fallo ora! – e poteva sentire i loro pensieri come serpi velenose nella sua testa, mentre si accucciava e appoggiava una mano sul seno sinistro della donna. Ridevano le bambine, come scimmie ridevano.
No! andò alla poltrona, prese il cuscino e tornò dalla donna. Tuo figlio ha ucciso le mie bambine. È colpa di tuo figlio se ora le mie bambine sono così! Pensò mentre si accucciava, poi appoggiò il cuscino sulla faccia della donna. Reagì dopo pochi secondi, cominciò a sbattere le braccia e le gambe sul pavimento, tentando inutilmente di alzarsi. Gli graffiò il viso, gli graffiò le braccia.
Questo è l’inferno! Pensò Luke Chambers mentre soffocava Carole Danner, assaporando ogni istante della sua dannazione, fino a che, dopo un tempo infinito, Carole Danner giacque immobile. Tenne il cuscino su quella faccia ancora per un po’, giusto per sicurezza, mentre il sudore gli gocciolava dalla fronte e formava cerchi scuri sulla stoffa blu.
Si alzò e andò da Bowers. Era seduto adesso, le palle ancora strette in mano. – L’hai presa? – gli chiese, lo sguardo ancora da gorilla infoiato.
- Questo è l’inferno, Bowers, lo sai? –
- Cosa? – chiese quell’essere ottuso facendo una O perfetta con la bocca, poi Chambers afferrò l’urna di metallo e gliela sbatté sulla tempia sinistra con tutta la sua forza. – Ho detto che questo è l’inferno. – ripeté e continuò a colpirlo fino a che Bowers smise di muoversi.

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