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domenica 26 agosto 2012

Capitolo 44, Bill, Ben e Stan.

XLIV

- Allora, signori, mi potete dire in che tipo di caverna vorreste scendere? – chiese a Bill, Ben e Stan il commesso del negozio a cui avevano chiesto della attrezzatura da speleologia. Non doveva avere più di diciotto anni, un ciuffo di capelli non troppo puliti gli scendeva sulla fronte e aveva un arcipelago di brufoli che gli decoravano guance, collo e fronte. Parlando si rivolgeva a Bill, la sua autorevolezza tra loro doveva essere davvero evidente.
- In che senso? – chiese Ben.
- Cosa? – disse allora il commesso e Bill cominciò a pensare di essere finito in una piece di teatro dell’assurdo stile “Aspettando Godot”. – Cosa intende per tipo di caverna? – chiese.
- Si tratta di una caverna naturale, di una caverna attiva, spenta, di una miniera, di gallerie artificiali abbandonate? –
- Scusi, attiva che vuol dire? – chiese Stan.
- La caverna è attiva se ci scorre ancora l’acqua, spenta se il fiume si è prosciugato. –
- Ah! Spenta, no? – chiese Stan agli altri due.
E che cavolo ne so io? Diceva l’espressione di Ben, che si ricordava appena dove fosse l’entrata, poi disse: - Direi che sono per metà gallerie artificiali e per metà cunicoli naturali, in alcuni luoghi c’è sicuramente acqua. –
- Bene! – disse il commesso – E la luce? C’è luce artificiale nelle gallerie? –
Bill si ricordò di quando strisciavano carponi, ognuno con la mano sinistra sulla spalla di quello che aveva davanti, mentre Beverly teneva sotto l’ascella l’unica scatola di fiammiferi. Tranne dove c’era un tombino quando erano ancora vicini alla superficie, erano stati sempre al buio. – Buio totale. – disse tentando di sorridere, ma lo avevano preso i brividi. Aveva ricordato il corpo di Patrick Okstetter, uno scheletro ricoperto di muffa, i suoi libri gonfi e marci vicino a lui.
- E ci sono dislivelli? –
- Qualcuno sì, no Ben? –
Ben fece un’espressione abbastanza buffa gonfiando le guance e stringendo le labbra. Per un attimo Bill rivide perfettamente il faccione tondo del suo amico di mezzo secolo prima. Poi annuì e disse: - Dislivelli piccoli, un metro circa. Però è passato molto tempo, potrebbero esserci stati dei crolli. –
Alla faccia dei crolli! Pensò Bill ricordando Derry subito dopo il nubifragio, quando erano riemersi là dove c’era sempre stato il Canale. – Sì, probabilmente ci sarà qualche salto, adesso. –
- E allora vi servono le luci, le corde, l’imbracatura … - e dicendo queste cose il ragazzo si allontanò infilandosi tra alcuni scaffali pieni di merci misteriose, seguito dai tre che si guardavano intorno intimoriti e stupiti. - … e il croll, la maniglia, i sacchi, il materiale da armo. – si fermò in un punto preciso venendo quasi investito dai tre. – Ecco! È tutto qua. –
Prese dei moschettoni e delle bombole, poi vide che Ben stava prendendo delle corde e lo fermò. – Alpinista? –
- Sì. – e si sentì colpevole come un ladro. Si era mosso e aveva sbagliato.
- Eh! Eh! – ridacchiò il ragazzo – Lo avevo capito. Lei ha preso corde da alpinismo, elastiche. – ripose con cura la corda presa da Ben – A voi servono queste, statiche da dieci millimetri! – e mise in braccio a Ben un bel rotolone di corda.
Poi si spostò e cominciò a prendere dei complicati ingranaggi che Bill e Stan guardarono come una scimmia guarderebbe un I-pod, mentre Ben le riconobbe.
- Croll e maniglie. – disse Ben.
- Eh sì. – disse il ragazzo, poi tirò fuori delle imbracature. – Quanti sarete? –
- Sei. –
- Ah-a! Una spedizione al centro della terra! Amanti di Verne? –
Legge il ragazzo, allora! Pensò Bill, e subito dopo pensò di aggiungere che semmai loro lo erano di Lovecraft, ma disse solo: - No. È solo che volevamo portare giù il ragazzo a vedere dove eravamo stati con suo padre. – e indicò con un cenno del capo Stan.
- E ce lo portate col braccio al collo? – chiese il commesso guardando Stan, poi fece una faccia un po’ di circostanza e disse: - Cioè, scusate. Non è che siano fatti miei. –
- Sta’ tranquillo. – disse Ben – Tra un paio di giorni glielo tolgono! – e fece un sorriso falso come una moneta da tre dollari.
- Ah. – disse il ragazzo e cominciò a battere lo scontrino. Bill pagò con la carta di credito e poi, quando stavano per uscire dopo averlo salutato, il ragazzo disse: - E attenti ai ragni! Ce ne sono di enormi laggiù! – e allora successe una cosa strana. Stan si girò a guardarlo come per un deja-vu uditivo, mentre Bill impallidiva fino a diventare bianco pergamena. Ben invece rimase per un istante interdetto, poi assunse un colorito graziosamente verdastro mentre i suoi occhi diventavano sempre più grandi. E infine, senza dire nulla, corse a rotta di collo verso i bagni riuscendo appena per un pelo a vomitare dentro alla tazza del gabinetto.
Tre pazzi dentro a una grotta, pensò il ragazzo guardandoli che si allontanavano dalla porta, due vecchi come suo nonno e uno col braccio ingessato al collo. Non la vedeva bene, proprio no.
Appena fuori Bill e Stan videro Richie che abbracciava Rachel e Beverly in lacrime. Si avvicinarono e chiesero cosa fosse successo. Le due donne avevano quasi finito il loro racconto quando arrivò anche Ben che sembrava molto meno verde di prima. Si incamminarono verso la grossa station wagon che avevano noleggiato con un passo molto meno baldanzoso di quando erano arrivati, tutti tranne Richie, che teneva una mano in tasca e stringeva una scatoletta molto preziosa. Presto o tardi sarebbe tornata utile, ma sentiva dentro di sé che non avrebbe dovuto parlarne agli altri fino al momento opportuno. Ridacchiando tra sé e sé seguì i suoi amici e insieme partirono verso Derry.
Dietro di loro, dopo neanche un minuto, si mosse anche un’altra auto. L’uomo che la guidava puzzava di alcool e sudore e aveva la barba lunga e gli occhi allucinati da drogato. Vicino a lui, anche se nessuno avrebbe potuto vederle, sghignazzavano in modo crudele due bambine morte.

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