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giovedì 2 agosto 2012

Capitolo XX, Bev e Ben,

XX

L’aria che entrava dalla finestra sapeva di resina di pino, e infatti le colline la intorno erano ricoperte di splendidi pini marittimi. L’aria intorno a loro invece sapeva un po’ di sudore, un sudore buono, le piaceva quell’odore. Potrei farne un’essenza da vendere, Marsh n° 5, ingredienti resina di pini di Roma e sudore di sessantenni scopaioli. E giusto un tocco di adrenalina da terrore, per ravvivare un po’ uno stanco menage.
Si girò sul fianco e guardò suo marito che dormiva sulla spalla destra. Era muscoloso per avere sessantacinque anni, muscoloso e snello. Tentò di far corrispondere a quella silhouette la figura dell’undicenne obeso che era stato quando si erano conosciuti, ma era impossibile. Solo gli occhi erano rimasti gli stessi, gli occhi di un bambino buono e coraggioso. E se gli occhi sono davvero lo specchio dell’anima, forse avevano ancora una possibilità.
Si alzò a sedere sul bordo del letto, nuda nella lieve brezza che entrava dalla finestra spalancata. Respirò quell’aria stupenda, sentendo i rumori del traffico giù nella strada e assaporando quella sensazione di benessere che la prendeva sempre dopo aver fatto l’amore con lui. Erano stati una cosa sola, uniti col corpo e con l’anima, e ora erano di nuovo divisi. Era di nuovo tutta sua, ma poteva sentire l’odore di lui addosso, camminando per andare in bagno avrebbe sentito qualcosa di lui colarle giù per la gamba e questo l’avrebbe elettrizzata.
Si alzò e camminò scalza, il pavimento in quel luglio romano era tiepido, aprì la porta del bagno ed entrò. Il chiarore della luna e dei lampioni tre piani più sotto passavano tra i rami del pino in giardino. Si guardò allo specchio in quella luce cangiante e vide Beverly Marsh. Non la bambina di undici anni che tirava bene con la fionda e faceva addormentare lo yo-yo, non la trentottenne dalla chioma ramata che era fuggita da un marito manesco e aveva affrontato l’Inferno per scoprire poi l’amore con Ben, e neanche la vecchia triste e depressa che in quello stesso specchio si era riflessa solo due giorni prima. Semplicemente Beverly Marsh, pura e semplice, terrorizzata e felice.
Terrorizzata perché sapeva l’orrore che l’attendeva, terrorizzata perché forse di lì a pochi giorni sarebbe morta, terrorizzata dai ricordi che uno dopo l’altro si andavano a disporre nelle giuste caselle rivelandole il suo passato.
Felice perché era viva, perché aveva un fine, perché sarebbe servita a qualcosa. Sapere cosa avrebbe dovuto fare, conoscere il pericolo a cui andava incontro e sapere di poterlo affrontare senza il timore di perdere nulla di più che la vita, questo l’aveva fatta sentire giovane. Giovane e piena di vita.
Ben era rientrato quella mattina con un passo quasi marziale, il volto segnato dal dolore, dalla preoccupazione, un volto però più presente di come era stato negli ultimi anni. Era vivo, vivo come si sentiva lei.
L’aveva trovata mentre, i capelli legati a coda di cavallo, riempiva le valige. Indossava dei jeans e una camicetta azzurra un po’ vecchia, e scarpe da ginnastica. Non era ridicola vestita da ragazza, perché si sentiva una ragazza.
- Bev. – le aveva detto guardandola con una strana espressione.
- Sì, Ben? – e aveva continuato a fare le valige.
- Anche tu hai … -
- Sì. – interruppe il suo lavoro e andò verso di lui. Era bello, cavolo, un bell’uomo di una certa età, ma bello. Da quanti anni non pensava a Ben così?
- Per Derry? – le chiese indicando le valige.
- Sì. – erano vicini adesso, sentiva il suo odore, non era male, proprio per niente.
- E se partissimo dopo? – le chiese lui.
- Ma It? – e non ebbe così paura dicendo quella parola, tanto la pensavano tutti e due.
- Aspetterà. – disse lui. – Devo parlare col sindaco, col Presidente, con i responsabili del progetto. E poi siamo qua … laggiù dovremo essere di nuovo coraggiosi, forse moriremo. Diamoci un paio di giorni per … - e la abbracciò.
Avevano fatto l’amore in mezzo alle valige aperte, non due sessantenni patetici pieni di viagra, ma un uomo e una donna. Poi aveva parlato con tutti quei pezzi grossi, aveva litigato, si era fatto il sangue marcio, povero Ben, ma avevano fatto ancora e ancora l’amore, ed erano usciti tenendosi per mano, ricordando ciò che erano stati, parlando del passato e progettando un futuro che molto probabilmente non avrebbero avuto. E poi lo avevano fatto di nuovo, neanche negli ultimi sei mesi lo avevano fatto così tante volte, e lei si era svegliata sul letto in mezzo alla brezza di Roma.
Fece pipì, si sciacquò le mani e la faccia, si guardò ancora allo specchio trovandosi bella, più giovane se non agli occhi degli altri, ai suoi. Tornò nel salone della suite e vide lampeggiare il telefonino. Una chiamata persa, da Eddie.
Il suo cuore di madre fu colmo d’amore per quel figlio lontano, quando lui rispose alla sua chiamata. Forse non lo avrebbe più visto, forse sarebbero state le loro ultime parole, ma non era brutto, no.
- Ciao ma’, come va lì a Roma? –
Oceani e terre abitate da popoli in guerra tra loro sovrastavano quelle parole, un intero pianeta li divideva, era giorno là dove suo figlio le parlava. Amava il mondo, cavolo, amava il mondo e chi vi abitava. Per questo odiava It.
- Benissimo, Eddie. – e capì perché lo avevano chiamato Edward, lo aveva ignorato fin da allora, ma si rendeva conto che forse lo aveva sempre saputo. – Va molto bene. –
- Ma è notte, lì. Ti ho svegliata, ma’? –
- No Eddie, ero sveglia. Come va là nell’outback? –
- Bene mamma. Abbiamo scoperto una nuova razza di insetti, sono bellissimi. La chiameremo Murmex Hanscomii. –
- Wow! –
- Ma ma’, volevo sapere, conoscete te e papà un certo Bill Dembrough? –
- Sì. –
- E anche Richard Tozier? –
Beverly pensò che li conosceva benissimo tutti e due, uno degli scrittori più famosi del mondo, vincitore del premio Hugo nel 2005, e uno dei conduttori televisivi più noti. Li conosceva da anni, ma in realtà li conosceva molto meglio e da molto prima. – Sì, anche lui. Perché? –
- Accendi il computer e cerca su Youtube i loro nomi. Sono impazziti, cavolo, e vi hanno nominati. Quando ho visto la scena ho pensato subito che parlassero di voi. – disse ridendo. Rideva sempre Eddie, era sempre felice e ottimista.
- Lo guardo subito Eddie, stammi bene. –
- Sì mamma, e salutami papà. –
- Ciao. – gli disse, poi così di botto – TI voglio bene, Eddie, molto più di quanto tu pensi. –
Eddie rimase un attimo in silenzio, non aveva mai sopportato le smancerie e per qualche anno si erano un po’ allontanati. Passarono un paio di secondi, poi disse: - Anche io mamma, e anche a papà. –
Appena posato il telefono, un velo di lacrime agli occhi, accese il computer e digitò i nomi dei suoi amici. Mentre guardava il video Ben si alzò e, indossati un paio di boxer le si sedette accanto. Le posò un braccio sulla spalla e le baciò la guancia. – Ti amo. – le disse, così senza enfasi, senza alcun punto esclamativo. Era un dato di fatto.
Guardarono insieme il video e vissero di nuovo insieme ai due vecchi amici che parlavano dallo schermo la paura e la gioia del ricordo.
Videro Richie, vecchia Boccaccia, incespicare nelle parole mentre ricordava, videro Big Bill ricominciare a balbettare mentre ricordava, videro il terrore nei loro occhi e, soprattutto, videro i bambini che quei due erano stati sbocciare sotto ai lineamenti dei vecchi che erano diventati. E poi li videro capire tutto, comprendere il loro dovere e prendere una decisione.
- Ci vediamo a Derry, ragazzi. È tornato. – poi un sorriso e - Pubblicità. – furono le parole di Boccaccia e insieme risposero, mentre stavano abbracciati nella stanza di un albergo rinfrescata dalla brezza di Roma. – Certo ragazzi. – dissero.
Poi Bev si alzò e prese il telefono, fece lo 0 e chiese del centralino. – Vorrei un numero di Derry. Sì, Derry nello stato del Maine. Vorrei parlare con la biblioteca pubblica di Derry. –
- Sono circa le sei lì. – disse Ben.
- Speriamo che ci lavori ancora. – disse lei rimanendo in attesa. Poi, dopo un minuto circa sentì lo scatto e disse: - Biblioteca pubblica di Derry? Sì? Vorrei parlare con il signor Hanlon. –
La voce all’altro capo della telefonata rimase un attimo in silenzio, poi rispose: - Sì. È qui, glielo passo. –

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