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venerdì 10 agosto 2012

Capitolo 28, Eddie.

XXVIII


- Lo sai che mi dà fastidio, Boccaccia! – aveva detto Eddie svegliandosi.
Strano. Era rimasto immobile con gli occhi chiusi, incapace di capire dove fosse, quando fosse, addirittura chi fosse. Aprì gli occhi e vide sopra di lui un’enorme soffitto curvo sotto cui stavano appese, tese da un lato all’altro per decine e decine di metri, enormi ragnatele, fili di ragnatela grandi come maccheroni, di quelli che mangiava al forno in quelle trattoria italiana. Si alzò a sedere e guardò le sue braccia. Due braccia. Strano. Non capiva perché, ma una delle due braccia gli sembrava di troppo.
Bill … Richie, si stavano perdendo, e lui era saltato addosso a … saltò in piedi ricordandosi del ragno, ricordandosi di It, e una risata era echeggiata nell’enorme salone buio rimbalzando tra le pareti. Guardò alle sue spalle e vide il ragno, poi questo parve come traballare nell’aria, come i miraggi nei deserti, e il clown Pennywise era al suo posto. Eddie sbatté gli occhi per abituarsi al cambiamento, mentre ricordava tutto.
- Io sono morto. – disse e sentì qualcosa di strano nella sua voce. La riconobbe e non la riconobbe. It gli sorrise e disse: - Tu sei morto, Eddie, ti ho ucciso io. –
- Bill e Richie ti hanno ucciso. – la sua voce gli dava davvero fastidio, era troppo acuta. Si guardò di nuovo, le mani, le gambe. Era di nuovo un bambino. Era di nuovo l’Eddie Kaspbrak del 1958. – Loro ti hanno ucciso, lo ricordo benissimo. –
- Io sono immortale, Eddie. – e rise mostrando almeno sessanta o settanta denti appuntiti, le zanne dello squalo di Spielberg. – Io lo so. Ma loro non lo sanno ancora. –
- E io? –
- Mi sentivo solo, Eddie. – e rise di nuovo, aveva ancora più denti adesso, e più che una risata sembrò un ruggito. – I tuoi amici arriveranno presto e li mangerò uno ad uno. Sono vecchi, sai, vecchi e inutili. Non hanno più alcun potere, non hanno più fantasia, non hanno più neanche il loro numero. Ma verranno qui e io li ucciderò. –
- E io? –
- Per passare il tempo Eddie. Per passare il tempo con un mio vecchio amico. – e quasi senza che Eddie se ne accorgesse It si trasformò nel vecchio lebbroso di Neibolt Street e cominciò ad avvicinarsi a lui.
E si era divertito It, si era divertito tanto e il tempo era volato con il suo vecchio amico Eddie vicino a lui.
Aveva pensato di distruggere quelle vecchie ossa rinsecchite che avevano giaciuto per ventisette anni davanti alla porta della sua tana il vecchio It, aveva pensato di distruggerle, ma quando le aveva portate dentro si era reso conto che non ci sarebbe stato gusto, erano ossa e le ossa non hanno paura. Era stato preso dalla rabbia, anche questa una cosa nuova per lui. Aveva lì uno dei Perdenti, quello che gli aveva spruzzato dell’acido in faccia e in bocca. Quello a cui lui aveva strappato via un braccio prima che gli altri maledetti umani uccidessero il suo corpo tanti anni prima.
Aveva girato intorno a quelle ossa, né ragno né umano in quel momento, solo It, pensando di impazzire dalla rabbia, quando si era ricordato di Bob Gray. Era morto quell’inutile nullità, e lui lo aveva riportato in vita. Il suo potere, il potere dell’It dei Pozzi Neri, era tanto grande che neanche lui lo conosceva. Dentro di sé poteva ancora sentire il braccio di quell’inutile scimmia che lo aveva sfidato quasi trent’anni prima. Lo aveva vomitato, per quanto possa vomitare un’entità non dotata realmente di una sua forma, lo aveva riattaccato al corpo scheletrito, aveva guardato quelle ossa e aveva ricordato Eddie quando lo aveva visto per la prima volta, un ragazzino asmatico e pauroso che si era infilato sotto una veranda di una casa abbandonata.
Era stato debole allora Eddie, era stato solo un bambino terrorizzato, lo aveva quasi preso quella volta. Presi uno per uno i Perdenti non erano forti, presi uno per uno quei bambini con la loro enorme fantasia erano solo vittime predestinate. Lo aveva ricordato vivo, vivo e bambino, e quelle ossa erano mutate come lui mutava, aveva ceduto loro una infinitesimale parte del suo potere, le aveva nutrite come un cane nutre una zecca sulla sua pelliccia. E Eddie, quello che di Eddie era rimasto in quelle ossa e dentro al suo corpo, era ripartito da dove era finito.
E si era divertito, il tempo laggiù non esisteva se lui voleva, e l’asma di Eddie arrivava quando lui voleva. Poteva ucciderlo quante volte voleva, terrorizzarlo diventando sua madre o sua moglie, la povera mente di Eddie non riusciva più a distinguerle tanto bene, poteva inseguirlo come lebbroso o come licantropo, poteva strappargli le braccia e le gambe come fa un bambino con un ragno, persino lui vedeva l’ironia in questo, poteva terrorizzarlo a morte e scagliarlo nell’ultraverso lasciandolo per un’eternità e mezza o anche di più a svolazzare disincarnato nel nulla, sopra allo scheletro della Tartaruga che li aveva aiutati tanti anni prima.
E Eddie era impazzito. Adulto in un corpo di bambino, morto ma di nuovo in vita, terrorizzato senza interruzione e condannato a vedere altri bambini morire intorno a sé, aspettando l’arrivo dei suoi amici ormai vecchi senza sapere quando sarebbero arrivati, sicuro, perché It glielo aveva detto, che sarebbero stati sconfitti.
E così, nelle lunghe ore in cui penzolava inerte appeso alla ragnatela di It, attendendo che a quest’ultimo tornasse la voglia di torturarlo, Eddie era impazzito, fino a che aveva sentito la voce di una bambina terrorizzata. Si era divincolato Eddie, era scappato Eddie, l’aveva salvata, il nostro Eddie, e poi l’aveva pagata cara, It era infuriato e si era voluto divertire più del solito con lui.
Ma Eddie aveva scoperto una cosa, salvando quella piccola bambina se ne era reso conto. It non era imbattibile, loro non erano sconfitti in partenza, no. Mentre se ne stava appeso alla ragnatela, intontito dalle indicibili torture a cui It lo aveva sottoposto per vendicarsi, mentre la sua mente adulta e quella di bambino lottavano per decidere chi lui fosse, Eddie si era reso conto che la Tartaruga non era affatto morta. E Eddie non era l’unico in quella tana maledetta a saperlo. It poteva essere sconfitto

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