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martedì 28 agosto 2012

Capitolo 46, il capo Gardener.

XLVI

Quando nel 1997 Harold Gardener aveva divorziato da sua moglie Meryl, aveva pensato che sarebbe potuto tornare alle gioie della vita da scapolo. Mah!
Poter allargare le gambe da un lato all’altro del letto e, quando faceva molto caldo, spostarsi prima a destra e poi a sinistra per cercare un po’ di fresco? Scorreggiare tranquillamente quando si è a letto senza disgustare un’altra persona? Fare la corte alle belle donne senza il pensiero fisso che qualcuno lo dica a tua moglie?
Be’, se era questo che cercava, lo aveva avuto. Ma altro gli mancava. Sentire il respiro di una persona amata accanto a sé di notte quando ci si svegliava da un brutto sogno e si aveva bisogno di convincersi che tutto andava bene, per esempio. Parlare di tutto e niente con qualcuno. Anche questo gli mancava. Avere qualcuno in casa che sapesse cucinare e con cui sedersi a mangiare la sera come persone civili. Ecco, anche questo gli mancava.
E così, quella torrida serata di luglio, quando il sole era appena calato, Harold Gardener, per tutti il Capo, se ne stava seduto davanti alla tivù, sulle gambe una tovaglietta e sulla tovaglietta un piatto di ravioli al ragù in scatola che aveva scaldato a bagnomaria poco prima. Era seduto su un divano troppo grande per il suo sedere single, e vicino a lui, sul tavolino pieno di polvere e ditate, c’era una bottiglia di vino troppo grande per il suo stomaco single, ma l’avrebbe finita comunque.
Gli ultimi dieci giorni erano stati orrendi, pensava seguendo senza alcun trasporto le vicende di quegli ultra tecnologici poliziotti del telefilm. Prima il caso di Gray e Paniska, e quello che ne era seguito. Poi quello che avevano fatto alla tomba di Hanlon, roba da paesi del Terzo Mondo, non degna di una città come Derry. E poi la Danner. Carole. Carole!
Se esisteva un’età in cui si smetteva di innamorarsi, un’età in cui una bella donna non ti avrebbe più fatto girare la testa, bene, i suoi 59 anni ne erano ben distanti. Gli era sempre piaciuta, quella donna, e a essere sincero, ma non era poi così difficile standosene da solo a guardare la tivù mangiando ravioli scaldati, un bel po’ di volte scopando con Meryl aveva chiuso gli occhi e si era immaginato di stare sopra a Carole. Che bella donna che era, cazzo.
L’avevano ammazzata come un cane, soffocata con un cuscino, ed era stato lui a doverla identificare all’obitorio, era bianca tendente al grigio, gli occhi infossati e il collo tirato. Avevano tolto il lenzuolo e aveva visto quel bel viso irrigidito, i capelli abbandonati sul tavolo di acciaio.
Stan non c’era, povero ragazzo, era partito per un viaggio con la sua fidanzata. E lui lo aveva dovuto chiamare per dargli la notizia. Avrebbe preferito baciare il culo di un cammello piuttosto che fare quella diavolo di telefonata. Quello Stan era proprio … e che cavolo era quel rumore? Chi c’era in bagno?
Si alzò poggiando il piatto sul tavolino senza fare rumore. Tanto con il baccano che faceva la tivù, sembrava che quei poliziotti della scientifica potessero esaminare le loro dannate provette solo dopo aver sparato. Andò in camera e prese la pistola nel cassetto. La caricò sentendo ancora altri rumori. Sì, c’era qualcuno in bagno. Strano. La porta di entrata era davanti alla sala dove stava mangiando e nessuno era entrato. E poi viveva al terzo piano. Ripensando a un racconto che aveva letto da ragazzo, i Delitti della Rue Morgue, pensò che poteva trattarsi di un orangutan assassino. Armò la pistola e andò verso il bagno. Qualcuno aveva aperto la doccia.
La porta era aperta. Si fermò un attimo per fare rallentare il cuore, prese un bel respiro e la aprì. Sì, qualcuno stava facendo la doccia. La donna si girò verso di lui e subito si sentì gelare dal terrore. I pochi capelli che aveva in testa gli si drizzarono e sentì anche i peli della schiena fare altrettanto.
- Ciao Harry! – gli disse la donna sporgendosi da sotto il getto d’acqua calda e sorridendogli. I capelli le scendevano sulle spalle appiattiti dall’acqua. Le piccole tette non erano forse fresche come quelle di una ventenne, ma si difendevano assai bene. Il ventre era forse un po’ troppo prominente, non era quello di una ragazzina. Le gambe erano belle, sottili, lisce. Come avrebbe detto il compianto Harlan Bowers il cui corpo era stato cremato il giorno prima, malgrado avesse cinquantadue anni Carole Danner era un notevole pezzo di figa. Ah, era ancora morta, lo si vedeva dalla pelle livida e dagli occhi come slavati. E anche il sorriso era un po’ tirato, come una smorfia non troppo gradevole. – Non ti dispiace se mi lavo qui? – gli chiese mentre l’acqua le portava via dal corpo la schiuma.
Harold Gardener guardava quella donna morta che si lavava sotto alla sua doccia, la guardava in uno stato contrastante, perché mentre sicuramente tremava di paura, il suo cazzo non era affatto d’accordo e stava spingendo con forza la stoffa leggera dei suoi pantaloni da casa.
- Devo parlarti Harry. – gli disse sorridendo di nuovo a quella maniera un po’ inquietante, poi uscì dalla doccia e cominciò ad asciugarsi. Sembrava che per quanto si asciugasse tutte le parti più interessanti del suo corpo rimanessero sempre scoperte. Gardener era ormai eccitato come un quattordicenne con una copia di Playboy in mano.
La donna smise di asciugarsi e si piegò in avanti. Con pochi gesti eleganti si avvolse i capelli nell’asciugamano e lo avvolse in un turbante, si rialzò e lo guardò negli occhi sorridendo. – Andiamo di là? – gli chiese e lo precedette in sala senza vestirsi.
Si andò a sedere sul divano e tolse il volume al televisore. Nella luce della sala, più debole di quella del bagno, il suo pallore e il colore slavato dei suoi occhi si notavano molto meno. Batté una mano sul cuscino vicino a lei e gli fece cenno di sedersi.
- Lo sai che ho sempre avuto un debole per te, Harry? – gli disse sorridendo mentre lui si sedeva accanto a lei. – E lo sai che dove sono adesso, so delle cose … Ho scoperto delle cose orrende, sai? – e il suo sorriso si trasformò in un’espressione triste.
- Cosa hai scoperto, Carole? – le chiese. Non si poteva farla soffrire, povera Carole, no. lui avrebbe rimediato a tutto. – Dimmi cosa hai scoperto. –
- È mostruoso, sai Harry? – stava piangendo. Le lacrime le scendevano su quelle guance fredde e pallide e andavano a cadere sui seni. Harold Gardener poteva sentirne il rumore quasi impercettibile. Lei gli prese la mano e stringendola tra le sue se la posò in grembo. Gardener respirava fatica e la fissava in quegli occhi che avevano riflessi d’argento e arancioni nella luce del televisore.
- Cosa, Carole? –
- Ho scoperto che il mio Stanley è molto cattivo. – pianse e singhiozzò rumorosamente – Stanley e Gray lavoravano insieme. È Stan che ha ucciso la piccola Louise. –
- Cosa? –
- Sì, Harry. E hanno degli amici, li sta portando qui. Avevano già ucciso dei bambini nell’85, sai? Stanno arrivando in macchina con lui, quattro vecchi debosciati. Sono stati loro a farmi ammazzare, sai? –
- No! – non lo Stanley Hanlon che lui conosceva. No!
- Sì invece! – disse lei piangendo, poi lo abbracciò e lo strinse a sé. Era fredda, ma i capezzoli gli bucavano la maglietta e spingevano contro il suo petto.
- Cosa posso fare, Carole? – le chiese sentendo che stava per annegare nei suoi ormoni.
- Devi fermarli. Sono venuti qui per fare del male a Derry. Vogliono uccidere altri bambini di Derry. – si staccò da lui e lo guardò con quei suoi grandi occhi slavati che riflettevano pagliuzze di luce d’argento e arancione – Devi fermarli prima che entrino qua a Derry. – e si accucciò sul suo ventre armeggiando con la sua cerniera lampo.
Harold Gardener pensò che la sua bocca era fredda, mentre prendeva la cornetta del telefono e dava l’ordine al suo vice di mettere dei posti di blocco per fermare l’auto con a bordo Stan Hanlon e i suoi amici provenienti da Bangor. E, prima che mettesse giù, lei si girò verso di lui e, guardandolo da sotto in su con un ciuffo di capelli bagnati sulla fronte, disse: - Sono armati e pericolosi. – frase che lui ripeté mentre lei tornava all’attacco.
Amava davvero gli abitanti di Derry il nostro caro It, non chiedevano altro che una piccola bugia per tradire tutti i loro cari.

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