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venerdì 24 agosto 2012

Capitolo 42, Richie.

XLII

Eh sì, stava succedendo di nuovo. Stavano diventando invisibili. Sull’aereo tutti avevano riconosciuto Richard Tozier e Bill Dembrough, e uno o due anche il famoso architetto Ben Hanscom, e quando in una civiltà la gente conosce meglio un saltimbanco che fa interviste in tv che uno che progetta le città, allora vuol dire che quella civiltà è alla frutta, pensava Richie, ma ora che erano arrivati a Bangor, non a Derry, a Bangor, non solo nessuno li fermava per avere un autografo, ma neanche si fermavano a guardarli. Era come se non ci fossero nemmeno stati, la gente muoveva gli occhi e sembrava passare loro attraverso come gli occhi di Superman.
Si erano fermati in un grande centro commerciale per comprare alcune cose utili in un negozio di articoli sportivi. Avevano deciso che gli servivano caschi da minatori con luci all’acetilene o quello che cavolo si usava ora, corde, bussole, chiodi e moschettoni, non si sa mai, borracce, barrette nutrienti, razioni k o come cavolo si chiamavano quelle per i civili, e, questa era stata un’idea di Beverly, una bella balestra. Ben, che era quello bravo a manipolare le cose, avrebbe fissato in cima a una freccia la tartarughina d’argento di Rachel, comprata tanti anni prima da Stan, e quando si fossero trovati davanti It,in qualunque forma si fosse presentato, gliela avrebbero sparata in testa, e ciao ciao mostro! O almeno così speravano.
Erano entrati a comprare nel negozio Ben, che negli ultimi anni aveva fatto un po’ di alpinismo, Bill, che era il capo, e Stan Hanlon che in quanto reduce dell’Afganistan non era proprio digiuno di quegli argomenti.
Rachel e Beverly erano andate in giro per i negozi, prendi due donne, pensava Richie, mettile in qualunque situazione e poi fai vedere loro dei negozi. Anche se avranno vicino a loro un licantropo, gli diranno: ehi Ciccio, aspetta un attimo, che andiamo a provarci una camicetta e delle gonne. E lo diranno con una tale convinzione che l’uomo lupo starà lì ad aspettarle sbavando e ululando. E non è neanche impossibile che lo convincano a portare lui i sacchetti.
Mentre se ne stava seduto a un tavolino a bere un bicchierone di caffè e pensava questi pensieri, Richie si gustava la sua nuova e strabiliante invisibilità. Al tavolo di fronte a lui una donna stava sfogliando una rivista di moda e, in copertina, splendeva in tutta la sua meraviglia Kasia. Ciao bella! Pensò Richie, spero che tu sia felice. Non sperava di rivederla, se avesse dovuto valutare da bookmaker le sue possibilità di essere ancora vivo di lì a un paio di giorni, si sarebbe dato cento a uno. O forse mille a uno.
Bevve l’ultimo sorso di caffè e rise. Aveva avuto una bella vita. Niente di trascendentale, momenti sì e momenti no, e tra i più no c’erano senza dubbio le due cacce a It. Ma si era divertito, aveva conosciuto della bella gente e aveva avuto un discreto successo in quello che aveva fatto. E aveva avuto, per poco, Kasia. Buona fortuna, bella, divertiti più che puoi, perché prima o poi i mostri arrivano a morderti le chiappe.
Vide passare una cameriera e la chiamò. – Un altro caffè, grazie. – e la cameriera lo guardò sorridendo. Gli parve di vedere un dubbio nei suoi occhi, come se si fosse chiesta se quell’uomo un po’ anziano era … sì, sembrava proprio … Ma niente. It li aveva coperti col suo mantello invisibile, molto probabilmente a Derry avrebbero dovuto stare attenti ad attraversare la strada, perché forse gli automobilisti non avrebbero potuto vederli.
La cameriera portò il caffè, lui vi versò poco zucchero, non gli piaceva il dolce, meglio l’amaro, e poi cominciò a berlo a lunghi sorsi guardando la gente che passeggiava con le sue belle borse piene di merce. Donne, uomini, ragazze e ragazzi, bambini con i videogiochi in mano e tutti coi cellulari all’orecchio. Se da bambino avesse visto una scena così in un film, sarebbe stato in un film di fantascienza coi mostri, uno di quelli con i pionieri dello spazio che scendono su un pianeta che una volta era abitato dai Krell o da qualcos’altro di simile. Solo che poi gli alieni in questione non si erano davvero estinti, non del tutto almeno.
- Vivo in un film di fantascienza! – disse ridacchiando tra sé e sé. – Da un momento all’altro mi si parerà davanti il robot Robbie chiedendomi se mi serve qualcosa. – e giù un’altra risatina. Sempre meglio prenderla in ridere, sempre meglio così.
E mentre beveva caffè e rideva, sentì una vocina alla sua destra. – Lei è il signor Tozier? –
- Sì piccola. – era una bimba di cinque o sei anni. Carina, bionda con le treccine. Strano, lo vedeva. – E dove sono i tuoi genitori? – le chiese.
- La. – indicò con una manina tutta sporca di inchiostro blu giallo e rosso. Un uomo e una donna di nemmeno trent’anni. Non la guardavano, una bimba di cinque anni che parla con un adulto sconosciuto. Evidentemente il mantello dell’invisibilità aveva ricoperto anche lei.
- Io l’ho sognata stanotte, sa? – disse allora la piccola.
- O poverina! Era meglio se sognavi cavalli e prati verdi, no? Meglio che sognare un vecchiaccio! –
La piccola rise , poi disse: - Non c’era solo lei nel sogno, c’era anche Eddie. –
- Eddie? – o cavolo! – E chi sarebbe Eddie? –
La piccola sorrise, era davvero graziosa. – È il ragazzino che mi ha salvato la vita quando ero nel Paese delle meraviglie. Io mi chiamo Alice, sai? –
- E dove sarebbe questo Paese delle meraviglie? –
- Non lo dica a nessuno! Ci si entra da una tana di coniglio nei Barrens. –
- Sei di Derry, piccola? - chiese Richie sentendo la pelle d’oca. Eddie?
- Sì. Abito vicino ai Barrens, sai, e l’altra notte è passato il Bianconiglio. Aveva fretta, lo sai, no? –
- Il Bianconiglio. Lo so, piccola. E aveva il panciotto d’argento con dei pompon? –
- Sì! Arancioni! – disse lei tutta fiera – Lo hai visto anche tu? –
Cazzo, sì che l’ho visto! – Sì piccola, tanti anni fa. –
- E allora io l’ho seguito e sono caduta giù, e poi ancora giù, fino al centro della Terra e ancora più giù. –
- Sì, e poi? –
E poi il gatto del Cheshire e la Regina di Cuori hanno tentato di uccidermi, ma Eddie mi ha salvato e mi ha indicato la via per uscire. I miei genitori non sanno nulla, sai? Non mi lasciano mica correre dietro ai conigli, hanno paura, loro. –
- Eh, lo so come sono i genitori! – cavolo, Eddie! – E Eddie, lui è uscito? –
- Ah no! Mi correva vicino e poi, non so, gli è mancato il respiro. Mi ha detto di correre via per quella galleria, e poi di svoltare due volte. Lui è rimasto lì e mi ha detto che lo avrebbe fermato. Ha detto che avrebbe fermato It. –
- Lo so, piccola. E come era questo Eddie, quanti anni aveva? –
- Non lo so, era grande. Forse dieci, o dodici, non so. Era grande. –
- E poi lo hai sognato? –
- Sì, stanotte. Mi è apparso in mezzo ai Barrens, c’era una bici grigia vicino a lui, e stava tramontando il sole. Lui stava accarezzando una grossa tartaruga e mi ha detto che oggi, qui a Bangor, avrei visto uno della tv, il signor Tozier. E che dovevo dirgli una cosa. –
- Cosa piccola? –
Strinse gli occhi e aggrottò le sopracciglia, voleva ricordare le parole precise. – Mi ha detto che tu hai una cosa di Kasia con te, e lui ne ha bisogno. –
Richie la abbracciò pensando che di lì a un minuto gli sarebbero saltati addosso i vigilanti urlando che era un pedofilo, ma era invisibile. – Grazie piccola! Grazie davvero! – e la vide allontanarsi verso i genitori. Quando fu a metà strada si girarono a guardarla e la chiamarono, era di nuovo visibile anche per loro.
Si alzò controllando se aveva quel foglietto nel portafoglio. Sì! Al piano di sopra c’era il negozio che gli serviva, secondo il pannello appeso al muro. C’avrebbe messo un attimo.

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