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giovedì 9 agosto 2012

Capitolo 27, It e altri.

XXVII

It era molto indaffarato in quei giorni, curava la sua tana, si nutriva delle sue vittime, assaporava la sua nuova vita, allargava di nuovo la sua influenza sulla città sopra di lui riconoscendo se non l’affetto, la riconoscenza degli abitanti di Derry nei suoi confronti. E andava a caccia, naturalmente.
Quella sera era incredibilmente caldo, non ha vie di mezzo il Maine, polare di inverno e tropicale d’estate. Da quando Paniska e Gray erano stati presi la gente si era calmata e così molti bambini erano tornati a dormire in veranda per gustarsi la brezza notturna e i vanti delle cicale.
Una di questi bambini era la piccola Alice. Aveva sei anni ed era bionda, una bellissima bambina bionda con le trecce. Da quando era nata tutti le avevano detto che assomigliava alla Alice di Carroll, intendendo in effetti che assomigliava alla alice del film Disney, e così nel suo modo di pensare tipico della follia infantile Alice si era convinta di essere davvero quella del film a cartoni.
Non si stupì quindi per nulla quando, svegliata da un rumore nel giardino sul retro su cui dava la veranda, vide un enorme coniglio bianco che fissava tutto attento e preoccupato un orologio da taschino. Il coniglio si girò a guardarla e le sorrise. Il suo panciotto non era come nel film, era di seta grigia e come bottoni aveva dei pompon arancioni. Il suo naso, o che strano!, era un naso da clown, rosso brillante.
- È tardi, Alice. – le disse, mosse il naso su e giù, poi saltò via verso i cespugli che dividevano il giardino da un parcheggio. Oltre il parcheggio c’erano i Barrens. Alice si alzò, aveva una camicina da notte azzurra che poteva assomigliare al vestito della Alice del film, aprì la porta della veranda stando attenta a non fare rumore, perché mamma e papà sicuramente le avrebbero impedito di seguire il coniglio, e cominciò a correre a piedi nudi verso i cespugli.
Quando si fermò un attimo per ricordarsi dove fosse entrato esattamente il coniglio, il muso bianco di questo spuntò alla sua destra. – È tardi, Alice, è molto tardi! – le disse sorridendo, mamma mia quanti denti!, e muovendo il so grosso naso rosso.
Alice si infilò tra i cespugli, sbucò nel parcheggio e vide il coniglio che saltava verso i Barrens. Faceva dei balzi molto molto lunghi, ma dopotutto era anche alto qualcosa come un metro e novanta o giù di lì, più alto di papà. Lo seguì correndo, l’asfalto era ancora tiepido, poi arrivò ai Barrens. Di nuovo il coniglio si era fermato ad aspettarla. – Vieni Alice, è tardi! – e guardava il suo grosso orologio da taschino, poi saltò lungo un sentiero facendo un rumore buffo. DOING DOING faceva, come nei programmi tv per bambini, quando qualcuno salta o una palla rimbalza. Alice lo seguì ridendo.
Arrivata a una svolta, proprio dove scorreva il Kenduskeag, il ramo est del Kenduskeag, si guardò intorno cercando il coniglio. Non c’era, cavolo, e ora dove doveva andare?
- Alice? – disse la voce del coniglio alle sue spalle, e lei si voltò vedendo la testa del coniglio che spuntava da uno di quei grossi tubi di cemento che facevano capolino qua e là come enormi funghi in tutti i Barrens. Aveva un palloncino in mano e sul palloncino c’era disegnato un sorriso. Il sorriso del gatto del Cheshire. – Vieni qua Alice! – disse il coniglio sorridendo con un enorme numero di denti – Ci sono dei palloncini anche per te. Volano! – e con un ultimo sorriso scomparve dentro al tubo.
Alice si avvicinò al tubo e vide che un tronco abbattuto lì vicino le avrebbe permesso di arrampicarsi fino in cima. Vi salì non senza difficoltà, aveva solo sei anni ed era a piedi nudi, ma affacciandosi sul tubo sentì un sacco di risate, ci si divertiva da matti laggiù!
Scavalcò il bordo e cadde, ma la caduta non finiva. Galleggiava nell’aria mentre al cemento si sostituiva la terra piena di radici e poi a quest’ultima la roccia. Stava cadendo da ore e ore, doveva essere quasi al centro della terra, e c’era luce laggiù. Atterrò delicatamente frenata dalla sua camiciola da notte che si aprì come un paracadute, poi vide in fondo a un corridoio il coniglio che svoltava l’angolo saltando sempre più veloce. – Che tardi, povero me! – diceva.
Gli corse dietro e quando svoltò l’angolo si trovò di fronte un gatto, il Gatto a dire il vero. Era anche più alto del coniglio, e anche lui aveva dei pompon arancioni sul petto, che strano. Le soffiava, come il gatto di sua zia Ellen che la voleva sempre graffiare.
- Ciao Gatto! – disse Alice avvicinandosi fiduciosa, e fu solo per un centimetro o due che la zampata del gatto non le aprì il petto. Le strappò solo la camicia da notte. Alice fuggì via e vide un cunicolo, vi si infilò e strisciò per alcuni metri sentendosi soffocare, poi sbucò in un’altra stanza, dove c’era la Regina di Cuori. – Tagliatele la testa! – urlò la regina e subito tentò di decapitarla con un’enorme ascia mancandola per un pelo. Evidentemente questa ben precisa Regina di Cuori non aveva servitori e doveva fare tutto da sola. Si riinfilò nel cunicolo sentendosi persa, quando una voce la chiamò dalla sua destra. – Ehi tu! Vieni! – disse la voce. Era la voce di un bambino.
Guardò in quella direzione, ma era buio. – Chi sei? – chiese al buio davanti a lei.
- Vieni qua! – le disse la voce e vide una mano che veniva tesa verso di lei. La afferrò e fu trascinata fuori dal cunicolo. Era un bambino, di dieci o undici anni, era molto magro e sottile. Aveva i capelli biondi e lisci che gli cadevano sulla fronte. Respirava molto a fatica, poverino.
- Ciao. – gli disse lei. – Il Gatto del Cheshire e la Regina di Cuori mi vogliono uccidere. -
Il bambino sorrise, ma era un sorriso simile a quello degli adulti, a dire il vero, le accarezzò la guancia e le disse: - Non sono il Gatto e la Regina. È It. –
- Chi? –
- It. Vuole mangiarti. Devi scappare da qui. – e cominciò a correre per il corridoio buio tenendola per mano. Lei faceva fatica a stargli dietro, ma lo seguiva ad ogni svolta, doveva conoscere quel labirinto a memoria, da come era sicuro nel scegliere la direzione.
- Ragazzi! – urlava una voce dietro di loro, ma l’eco faceva sembrare che venisse da ogni direzione. – Ragazzi, arrivo! –
Il bambino si fermò a una svolta, faceva fatica a respirare. – Cos’hai? – gli chiese Alice – Stai male? –
Il bambino annuì emettendo un rantolo, guardò alle loro spalle sentendo il rumore di passi in avvicinamento, inspirò per quel che la gola gli permetteva e le disse: - Io mi fermo qui e lo rallento. Tu vai a destra, poi alla prossima svolta vai a sinistra. Hai capito? –
- Sì. – disse Alice – E tu? –
Il bambino sorrise e le disse: - Tu vai. Io me la cavo. Vai! – e la guardò allontanarsi di corsa. Poi, prima di svoltare l’angolo e di scomparire, la bimba si voltò e gridò: - Io sono Alice, tu chi sei? –
- Eddie! – disse il bambino sforzandosi di far passare l’aria nella gola – Io sono Eddie Kaspbrak. – e la guardò scomparire nel buio mentre It si avvicinava a lui. – Questa me la paghi, Eddie, questa me la pagherai davvero cara! – e ora It era diventato una enorme donna obesa.

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